Dopo la pandemia di Covid e il lockdown, non avevamo certo bisogno di nuove scuse per temere di andare nei ristoranti. Invece, dal Giappone rischia di arrivare una nuova moda tremenda, il “terrorismo del sushi”. Se dovesse diffondersi anche in Europa, potrebbe creare non pochi problemi ai gestori degli “all you can eat”, quei locali dove il cibo è esposto a buffet e i clienti possono mangiare quanto vogliono. Ma in che cosa consiste? E perché sta facendo preoccupare il mondo intero?
Terrorismo del sushi: colpa di un video virale
Tutto inizia alla fine dello scorso gennaio. In un ristorante della catena di sushi Sushiro, a Gifu, in Giappone, un giovane cliente si filma davanti al nastro trasportatore dove sono esposti i piatti di sashimi, nigiri e così via appena preparati in cucina e che scorrono davanti ai clienti seduti al bancone perché possano scegliere quali mangiare. Il giovane lecca la parte superiore di una bottiglia di salsa di soia e il bordo di una tazza da tè. Poi li ripone sul nastro trasportatore. Quindi infierisce su due pezzi di sushi che stanno passando davanti a lui, leccandosi il dito e poggiandovelo sopra. Così, l’ignaro cliente che li sceglierà, mangerà del cibo contaminato. In poco tempo il video pubblicato su Twitter supera 40 milioni di visualizzazioni. Risultato: le azioni della casa madre del ristorante crollano di quasi il 5 per cento.
Una challenge disgustosa
Come se non bastasse, sui social network si diffonde una challenge, una sfida, dove gli utenti sono chiamati a filmarsi mentre “inquinano” i piatti delle catene di Kaiten-zushi, cioè i fast food che servono il sushi su un nastro trasportatore. Spuntano così altri video che mostrano persone all’interno di altri ristoranti mentre mettono il wasabi sui pezzi di sushi che passano e leccano il cucchiaio presente in un contenitore di tè verde che viene utilizzato da più commensali. I video hanno suscitato un’ondata di indignazione in Giappone, dove l’industria vale circa 740 miliardi di yen, cioè oltre 5 milioni di euro. Il fenomeno è stato subito soprannominato “terrorismo del sushi” e colpisce il fatto che si sia diffuso in un Paese come il Giappone, famoso nel mondo per i suoi elevati standard di igiene.
Terrorismo del sushi: l’autore del video ha chiesto scusa
La reazione della gente non si è fatta attendere. «Questo è disgustoso», ha scritto un utente di Twitter. Un altro ha aggiunto: «Non posso più andare nei ristoranti di sushi con nastro trasportatore». L’azienda Sushiro, che è leader della ristorazione fast food nel mercato giapponese, ha fatto sapere che il giovane che ha realizzato il video virale si è scusato, insieme ai suoi genitori. Tuttavia, l’azienda ha fatto causa penale e civile contro di lui.
Per correre ai ripari Sushiro ha sostituito nei suoi ristoranti tutte le bottiglie di salsa di soia e ha risciacquato tutte le tazze da tè. Ha anche smesso di mettere condimenti e utensili su ogni tavolo del ristorante in questione e in altri situati nelle vicinanze, e sta chiedendo ai commensali di ritirarli da un punto di servizio. Anche altre due catene, Hama Sushi e Kura Sushi, hanno affermato di voler intraprendere un’azione legale, con quest’ultima che prevede di installare telecamere sopra i nastri trasportatori per monitorare i clienti.
I giapponesi difendono i loro ristoranti
Intanto, la paura si diffonde in Europa, dove negli ultimi anni sono diventati sempre più frequentati gli “all you can eat”, dove i clienti si servono da soli ai tavoli pieni di ogni prelibatezza preparata nelle cucine del ristorante. Al momento, per fortuna, non risultano video di ragazzini che sporcano i piatti in Europa e in Italia. In Giappone, invece, milioni di persone hanno espresso solidarietà agli operatori di kaiten-zushi. «Ho sempre voluto andare al Sushiro, ma non ci sono riuscita perché è sempre affollato”, ha twittato la cantante Yuya Tegoshi. Ha aggiunto: «Ma la situazione ora è terribile per loro, quindi andrò sicuramente a trovarli». Il presidente dell’azienda, Kohei Nii, ha dichiarato di essere stato sopraffatto dall’ondata di sostegno ricevuta. Ha twittato: «Sono così grato che potrei piangere».