Che prezzo siamo disposte a pagare per cancellare i segni del tempo? Che rischi accettiamo di correre? E fino a che punto ci spingeremo nel rifiuto delle imperfezioni dell’età? Usando un gioco di parole, iniziamo a vederci vecchie sempre più giovani, all’arrivo della prima ruga o di qualche capello bianco. Che fare? The Substance di Coralie Fargeat, film premiato per la miglior sceneggiatura all’ultimo festival di Cannes e ora nei cinema, parla di ageismo e immagina la risposta portandola alle conseguenze più estreme.
La storia è quella di una celebrità televisiva — Elisabeth, interpretata da Demi Moore — licenziata a 50 anni perché troppo agée per il programma che conduce. Per riscattarsi l’ex stella assume una sostanza capace di avviare una vera “muta” umana e dare vita a una versione ringiovanita e migliore di sé. Così dalle sue viscere nasce una bomba sexy di nome Sue (interpretata da Margaret Qualley). Da quel momento Elisabeth e Sue, che in realtà sono una sola persona, potranno vivere solo una settimana a testa, rimanendo l’una in uno stato di ibernazione mentre l’altra se ne va in giro.
The Substance riguarda la nostra ossessione per la bellezza
Perché The Substance parla di ageismo? La storia dà i brividi per l’idea distopico-fantascientifica e tocca un nervo scoperto che ci riguarda tutte. La crescente ossessione per gioventù e bellezza che porta anche donne emancipate a inseguire l’ideale estetico dominante. Il ricorso a trattamenti più o meno invasivi è molto cresciuto, circa del 40 per cento negli ultimi quattro anni. Lo dicono i dati dell’Isaps (International Society of Aesthetic Plastic Surgery) secondo cui nel solo 2023 abbiamo raggiunto il numero di 16 milioni di procedure chirurgiche nel mondo e addirittura 19 milioni di trattamenti non invasivi. «Sentiamo il bisogno di essere come il mondo di oggi ci richiede e questo, come succede in The Substance, ci porta a fare violenza a noi stesse» spiega Coralie Fargeat, 48enne regista francese.
«Il mio primo film, Revenge, era centrato sulla violenza che arriva dal mondo esterno. Questo vuole fare luce su quella che abbiamo dentro. Una voce interiore ripete che non siamo abbastanza belle, sexy, toniche, adeguate. Una specie di schizofrenia ci fa sentire un giorno superpotenti, perché magari ci vediamo bene allo specchio, e il successivo uno schifo, tanto da ritrovarci a collassare sul divano e chiuderci in casa. Le due protagoniste del film sono l’incarnazione di questa continua battaglia interiore».
Ageismo e ritocchi, il problema è capire quando fermarsi
È dello stesso avviso la stessa Demi Moore, 62 anni (li compie l’11 novembre) di cui oltre 40 trascorsi come attrice nella pressione di Hollywood e molti passati a risolvere disordini alimentari e problemi di autostima. «Questa storia non riguarda quello che ci viene fatto, ma quello che facciamo a noi stesse. La mancanza di amore e di accettazione di sé nasce da un ideale maschile di perfezione che noi donne fatto nostro» ha raccontato l’interprete Proposta indecente e Charlie’s Angels – Più che mai.
«The Substance parla di ageismo, ma il desiderio di restare sempre giovani è sempre esistito, basti pensare alla favola di Biancaneve. Ora però è un’imposizione sociale e una pratica che, costando sempre meno, è diventata di massa» sostiene la psicoterapeuta Maria Martinotti, studiosa di tematiche femminili. «C’è un accanimento a voler tornare com’eri una volta anche se magari neanche allora ti piacevi. Le donne, infatti, sono le prime a concentrarsi ossessivamente sui difetti fin dall’adolescenza. Perfino femministe e intellettuali insospettabili, che hanno sempre dato valore ad altro nella vita, oggi cedono al ritocco. Il crinale è tra abbellimento, desiderio naturale e legittimo di tutti, e il tentativo di fermare a tutti i costi il tempo. La domanda è a che punto arrivare, quando fermarsi: le energie che investiamo per riavere una visibilità o per stare a dieta sottraggono tempo a gratificazioni più profonde, a piaceri diversi da quello di guardarsi allo specchio».
La lezione di The Substance sull’ageismo? Impariamo a vivere il nostro tempo
L’altro lato della medaglia è una svalutazione dell’età avanzata proprio in un momento storico in cui la vita si allunga e proprio ora che, paradossalmente, certi slogan portano avanti l’asticella della vitalità (non si dice che i 60 sono i nuovi 40?). «Ci stanno levando tutto, anche la vecchiaia» ha recentemente dichiarato la scrittrice Barbara Alberti. «E io invece voglio restaurare questa parola fuori moda. È un’età interessante, molto anarchica e romantica». E se nell’opinione comune la desiderabilità di una donna finisce con la fertilità, la stessa Demi Moore sostiene il contrario: «Anche questa è un’idea che ci siamo costruite e non corrisponde alla realtà». Lo conferma Stefania, 54enne insegnante di Milano. Temeva i segni della menopausa, ma ha felicemente scoperto che non incidono più di tanto sulla sua autostima.
«Me l’ha fatto capire il mio attuale compagno. Ogni volta che mi lamentavo della cellulite o di altri cambiamenti fisici ha sdrammatizzato ripetendomi che per lui non contano. Se fossi stata single, probabilmente, avrei avuto più paura dell’invecchiamento e uno sguardo più duro verso me stessa. Lui invece ha sempre valorizzato il mio modo di essere, l’energia vitale e altri aspetti della mia femminilità».
Quando le prime ageiste siamo noi
Ci vediamo e sentiamo vecchie anche nei rapporti con gli uomini che, in realtà, in età matura cercano una compagna con la quale condividere interessi e piaceri. A prescindere dall’aspetto estetico. La giornalista e saggista americana Ann Garvin se n’è resa conto dopo aver scritto un saggio su sessismo e ageismo. A darle lo spunto era stata un’esperienza di dating: dopo il suo divorzio, intorno ai 50 anni, aveva usato le app di incontri e un coetaneo le aveva detto senza remore che stava cercando donne più giovani di lei. Da qui le osservazioni (e la rabbia) riportate nel suo libro, ma pochi anni dopo si è inaspettatamente innamorata e messa insieme a un amico di lunga data. E ci ha ripensato. «Ho capito che la prima ageista ero io» ha scritto sul New York Times. «Guardando le rughe pensavo: “Forse devo sorridere di meno, per non accentuarle. O valutare un lifting al collo”. E, peggio ancora, pensavo che una relazione romantica dovesse iniziare con un colpo di fulmine. Avevo interiorizzato non solo i cliché, ma tutti i pregiudizi contro i quali mi sono schierata e battuta pubblicamente. Senza pensare che qualcuno potesse trovarmi interessante e attraente a questa età».
The Substance è al cinema: la trama
L’hanno definito un “body horror” femminista. The Substance di Coralie Fargeat, ora nelle sale, è la storia di una star licenziata dalla tv perché 50enne e quindi vittima di ageismo. Ossessionata dal suo aspetto, compra un prodotto che farà nascere una versione più giovane di lei, a patto che le due “metà” vivano una settimana a testa (ma le cose si complicano, visceralmente). «Ho voluto liberare il mio mostro interiore, o quello che la società fa credere tale: la parte di me che invecchia e che insegnano a nascondere» ha detto la regista, premiata a Cannes per la sceneggiatura. Il risultato è un film potente e molto disturbante, ovviamente splatter, nel quale Demi Moore si mette con coraggio in gioco.