Leila ha 18 anni e origini marocchine, ma ora si trova in Italia dove sta cercando di uscire dal tunnel dell’anoressia in cui è entrata quando era una 12enne e viveva a Rabat.
Leila, la tiktoker in pericolo di vita per anoressia
I primi tentativi di aiuto per affrontare e risolvere il suo disturbo dell’alimentazione sono falliti, tanto che un giorno i genitori l’hanno trovata in strada «in gravi condizioni psichiche e fisiche» e hanno deciso di farla curare all’estero.
Ma tra ricoveri (compresa la rianimazione), un trattamento sanitario obbligatorio, cure e ricadute, quel percorso non è ancora finito.
I balli di Leila su Tik Tok
Fin qui si tratterebbe di una storia comune a quella di molte altre ragazze (e ragazzi) che soffrono di anoressia, se non fosse per il fatto che sui social ha attirato l’attenzione. In particolare TikTok dove Leila ha circa 500mila follower ai quali ogni giorno racconta le sue emozioni, cosa mangia o non mangia. A volte balla, muovendosi su gambe così esili da farla sembrare quasi una bambina, mentre si muove con un sondino nel naso per alimentarla e un cappello in testa a nascondere la caduta dei capelli legata alla sua condizione, che le aveva anche fatto scomparire le mestruazioni.
L’anoressia su TikTok: come nasce la dipendenza
Ma a chi si rivolge Leila? Ai “cuoricini”, alla sua “seconda famiglia”, come la definisce lei stessa, e dalla quale non riesce a separarsi neppure quando i suoi follower la criticano. Qualche volta è “scomparsa” dalla piattaforma cinese spiegando in lacrime: «È troppo pesante ricevere così tante critiche. Posso assicurarvi che mi avete distrutta». Eppure è sempre tornata, persino scusandosi: «Mi dicono di allontanarmi dai social, ma è la mia vita e sono libera di esprimermi come voglio. Non sto facendo niente di male, anzi mi sto impegnando molto», «Magari mi avete scritto quei commenti per aprirmi gli occhi». Secondo molti medici e psicologi questa “dipendenza” è dannosa, ma a motivarla c’è anche il funzionamento dell’algoritmo del social.
Come funziona la fame di follower su TikTok
C’è un’espressione che meglio di altre indica il rapporto di tanti giovanissimi con TikTok (e non solo): la “fame di follower”. Una condizione che poi si può associare alla fame di attenzione che accomuna molti disturbi dell’alimentazione, frequenti proprio nella fascia di età degli utenti di TikTok, spesso under 15 e in genere al di sotto dei 30 anni. Quando i creator postano contenuti sui #Dca, cioè la sigla e l’hashtag dei disturbi comportamentali dell’alimentazione, riescono a catturare l’attenzione di moltissimi giovani e questo porta loro guadagni. Si passa, quindi, dallo slogan “sharing is caring” (ossia “condividere per curare”, insomma parlare dei propri problemi per aiutare anche gli altri che vivono una situazione analoga) al business vero e proprio, che è anche l’accusa che era stata rivolta a Fedez quando aveva parlato del suo tumore al pancreas. «Occorre essere un po’ cinici e ricordare che l’algoritmo ha un’unica finalità che è quella di aumentare l’audience ai fini pubblicitari. I social in genere non hanno scopi morali: consentono, è vero, di mettersi in contatto e condividere anche emozioni con amici, parenti e conoscenti, ma devono finanziarsi e lo fanno attraverso le visualizzazioni. Se un contenuto permette di aumentarle, è chiaro che lo proporranno in maniera massiccia e questo spiega perché alcuni temi sia più seguiti di altri», spiega Andrea Barchiesi, fondatore di Reputation Manager, tra i massimi esperti di analisi e gestione della reputazione digitale.
Chi ci guadagna su TikTok, davvero?
La madre di Leila assicura che sua figlia, però, non guadagna nulla dai racconti su TikTok. Lei stessa ha un account che conta 30mila follower e spesso compare nei video della figlia. In realtà anche i follower possono avere interesse a seguire un account o a interagire con l’utente perché l’attività può far aumentare anche il traffico e l’interesse sul proprio profilo. Il risultato è che, invece di aiutare chi soffre (come nel caso di persone anoressiche) si finisce con l’acquisire visibilità per sé. «Non esiste solo un guadagno economico, ma anche uno psicologico. Per il primo occorrono numeri importanti, mentre il secondo è quello più diffuso tra gli utenti comuni: spesso si tratta di persone che conducono una vita frustrante, mentre sui social hanno l’occasione per aumentare la loro visibilità, a volte proprio tramite lo scontro. È quanto accade anche con le campagne d’odio, ad esempio, nei confronti di personaggi istituzionali, come il capo dello Stato», chiarisce ancora Barchiesi.
Il rischio di restare vittime dell’aloritmo su TikTok
Se parlare del proprio problema potrebbe aiutare, a volte c’è il rischio di un effetto boomerang, cioè di rimanere vittime dell’algoritmo e quindi anche del problema dal quale si cerca di uscire o si è usciti salvo ricaderci. Il Wall Street Journal, ad esempio, ha raccontato la storia di una 15enne americana che, dopo aver sofferto di disturbi del comportamento alimentare, aveva configurato TikTok per evitare di guardare video che contenessero questo argomento: ha bloccato gli account di certi creator, modificato le impostazioni scegliendo l’opzione “non interessata” ai video sui Dca, segnalandoli anche alla piattaforma, eppure ha continuato a vederli. Perché? «Purtroppo manca un arbitro, un vero garante che, come accaduto nel campo della pubblicità ad esempio in tv o sui giornali, intervenga in base a una normativa che, invece, al momento è assolutamente carente. Per questo è importante aumentare la consapevolezza in chi usa questi strumenti», spiega l’esperto.
Cos’è la For You Page
Un esempio arriva dalla funzione For You Page, in italiano “Per te”, che può ed è influenzata dal modo in cui si usa la piattaforma. Si tratta di una sorta di “filtro” che permette di ricevere contenuti che l’algoritmo ritiene adatti all’utente. La scelta avviene quando si crea il proprio profilo e di conseguenza si “targettizzano” gli interessi a seconda della fascia d’età, degli interessi, degli altri profili che si seguono, ecc. Tutte queste informazioni sono poi incrociate tra loro e unite ai Like che si mettono a post e video.
Come funziona l’algoritmo di TikTok
Non solo: alcune “valgono” più di altre. Per esempio, l’algoritmo è in grado assegnare una percentuale in base al tempo di visualizzazione, quindi se si sta poco, il dato rimane basso, ma se si supera il 25% il contenuto assume più importanza e di conseguenza all’utente ne saranno riproposti di analoghi. Lo stesso vale con i Like, i commenti e, naturalmente, nel caso si salvino dei post ritenuti interessanti.
La bolla creata da TikTok per bombardare in modo ossessivo
In molti ritengono che l’algoritmo di TikTok sia ancora “giovane”, come i suoi utenti. Ad esempio, Facebook e Instagram riescono ad analizzare in modo più approfondito gli interessi degli utenti. L’algoritmo della piattaforma cinese, invece, raccoglie meno dati e in modo più grossolano, quindi suggerisce agli utenti una gamma di argomenti molti limitati. Sempre secondo l’inchiesta del Wall Street Journal, infatti, diversi giovani con anoressia o Dca, pur modificando le impostazioni e quindi non vedendo video di persone molto magre o che hanno avuto importanti perdite di peso, riceverebbero su TikTok altri contenuti su diete ed esercizi per acquisire una forma fisica ideale. È il meccanismo che viene definito “Filter bubble”: una sorta di “bolla” in cui un utente si ritrova bombardato da video e post che riguardano temi limitati e ripetitivi.
Come uscire dalla bolla
«Gli utenti, però, non sono solo “vittime” di questo meccanismo, ma hanno un ruolo attivo, per esempio nella scelta dei contenuti che cercano o sui quali si soffermano», chiarisce Barchiesi. Un consiglio per uscirne è andare a cercarne di nuovi, come si farebbe su altre piattaforme, facendo ricorso agli hashtag. Non solo: è anche possibile visualizzare video all’interno delle categorie interne, dove si trovano quelli di tendenza del giorno. «D’altra parte l’algoritmo non ha la sensibilità della conoscenza e della capacità di ragionamento umano: per esempio, non riesce a distinguere un video sull’anoressia vera e propria da uno sulla dieta dimagrante o sugli esercizi per tornare in forma: discrimina solo per area di interesse. Alla base c’è lo stesso meccanismo che permette a Netflix di suggerire quali siano i film che possono piacere di più all’utente. Il punto, quindi, non è limitarsi a considerare i giovani delle vittime dell’algoritmo che propone contenuti non adatti o poveri, ma insegnare loro ad allargare i propri interessi e a usare con maggiore consapevolezza i social» conclude l’esperto di Reputation Manager.