Tinder è stato inventato da 2 studenti universitari californiani nel 2012 e l’anno successivo è stata proclamato “migliore start up innovativa” ai Crunchies awards di San Francisco. Tinder è usato in 196 Paesi. Il sito ufficiale (www.gotinder.com) stima che la app faccia incontrare ogni giorno 26 milioni di utenti, compatibili fra loro per interessi e stili di vita.

Quando ho iniziato a informarmi sul mondo di Tinder, lo ammetto, non ho capito nulla. Sembrava che tutti i miei amici single (ma non solo) avessero sul telefonino questa app per incontrare gente.

Tinder va forte tra gli expat, i cervelli in fuga. Come Andrea e Danilo, che lavorano tra Londra e la Thailandia in una società di informatica e non hanno molte occasioni di familiarizzare con le colleghe fuori dall’orario di ufficio. Soddisfatti? «Bah» è la risposta corale. «Tinder è un supermarket della sessualità. C’è di tutto. Inclusi gigolò e prostitute». Pare che lo usino pure le celeb, da DiCaprio a Rihanna. E i 2 ragazzi che l’hanno inventato, Sean Rad e Justion Rateen, ex studenti californiani, ora sono milionari.

Di certo, la loro è una buona idea imprenditoriale. Forse aiuta persino a conoscere l’anima gemella. Tinder, che in inglese vuol dire fiammifero, è perfetto da “accendere” a San Valentino, mi sono detta io, sposata e in attesa di festeggiare la crisi del settimo anno. Ci troverò mio marito, traditore in incognito? Devo saperlo. Quindi mi registro in 30 secondi usando i dati e le foto di Facebook (è necessario) e compilo il mio profilo.


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GIUSY, 41 anni, giornalista 

Così inizio a fare swipe anch’io. Cioè, scorro con il dito verso sinistra scartando gli uomini meno interessanti come fossero prodotti su un catalogo.  Escludo quelli che nel riassunto della loro vita scrivono “Mè stesso”,  con tanto di accento sul me. O “Sono c… miei”, con tanto di educazione a  Oxford. Se li boccio, la app appiccica sulla loro faccia la parola NOPE (non c’è speranza).

Inizio a innervosirmi quando, finalmente, trovo un paio di soggetti a cui dare un LIKE (mi piace). Sono Alby, 37 anni, director (di che?) ed Edo, 31, Cfo (Chief Financial Officer).


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ALBY fa il designer, a 3 chilometri da me

Sì, perché la app funziona con un sistema di geolocalizzazione,  che seleziona le persone più vicine. Un po’ mi fa piacere, un po’ mi fa  paura. «Ciao», «Ciao». «Ti va di vedermi?». «Ok». Certo, qui non ci si  perde in chiacchiere.

Mentre gli dico che voglio intervistarlo, mi dà il suo numero. Ci incontriamo in pubblico, a mezzogiorno: la sicurezza prima di tutto. E mi confida che «molti  stanno su Tinder per  scoprire se è vero che le donne ti rimorchiano». Alby è papà, ha una compagna. Mi mostra fiero i suoi progetti di architettura di interni. Belli. Decido che è lui l’Uomo Giusto. Per ri-arredarmi il soggiorno.


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EDO merita il primo “superlike” della lista

Ovvero, gli dò una stellina celeste di apprezzamento perché nel profilo ha un refuso geniale: si dichiara “democritico”. «Tinder è una tecnologia abilitante. La usi per sedurre, per promuoverti o solo per passare il tempo. E ha un design vincente nella sua semplicità. Creato dall’agenzia Awesome di New York, è basato sui gesti che facciamo quando giochiamo a carte» spiega da vero esperto, lui che ha studiato la piattaforma per lanciare una start up sua, la Solo Virtual Pos.

«Ieri sera ho cenato con una ragazza bulgara che vive a Zurigo e fa la manager in una multinazionale di soft drink». Non hanno fatto sesso, specifica. Per la serie: pensavo fosse amore, invece era un curriculum.


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ANNA è una collega. In chat incontra amministratori delegati, pompieri e tennisti

«Tinder è trasversale» nota. E, disillusa, aggiunge: «L’80% dei miei contatti compatibili (i famosi match: persone con interessi simili) ha usato la parola sesso nei primi 3 scambi di conversazione. Sono avvocati, bancari, fotografi. E sportivi: su Tinder vanno tutti in barca a vela, chissà perché. Quasi nessuno è interessato a chiacchierare o ad approfondire, anzi, meno si sa l’uno dell’altro, meglio è».


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EMANUELA a 34 anni sogna una storia seria

Si è trasferita a Milano dal Sud, lavora in pubblicità e non ha mai avuto una relazione più lunga di 6 mesi. «All’inizio ero scettica» ricorda. «Soffrivo il pregiudizio. Da noi, diversamente che a Parigi o a Berlino, fare dating online è considerata l’ultima spiaggia. Poi, usandolo, ho capito che Tinder può essere un “facilitatore” di situazioni. Anche se i preliminari in chat sono ridotti all’osso e si perde romanticismo, si può incontrare chi ti fa battere il cuore. Io, nel giro di 10 appuntamenti, pensavo di averlo trovato. Peccato sia sparito nel nulla dopo la prima notte insieme».


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SILVIA si lamenta dei tirchi che non le pagano la cena

«Abito a Barcellona, sono una regista» dice. «Ma torno a Roma spesso. Allora sì, che mi diverto a rimorchiare. Una volta ho beccato un produttore. Prometteva mari e monti: “Giriamo un film!”. Io mi sarei accontentata di un risotto». Invece, neanche un caffè.

«Lo vedi che faccio bene a usare la app come Tripadvisor? Dagli sconosciuti accetto solo consigli turistici su posti che mi capita di visitare» commenta la scrittrice Emanuela Ersilia Abbadessa, che con la fiamma del logo di Tinder ha in comune la Fiammetta, nel titolo del suo nuovo romanzo (Rizzoli). «Ho un ingegnere, a Torino, con cui condivido una volta il ristorante, un’altra una mostra d’arte. Dopo, ognuno per la sua strada. Niente complicazioni sentimentali».


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MARCO, da bravo sessuologo, va dritto al sodo

«Anche tu qui?». Cercavo un addetto ai lavori che mi aiutasse a tirare le fila del discorso e trovo Marco Rossi su Tinder, con un profilo che potrebbe stare tale e quale su LinkedIn. «La app ha 2 punti di forza: la velocità e le affinità» sostiene. Il fatto che la chat sia costruita in modo rudimentale è voluto. L’algoritmo che accoppia i belli con i belli e i ricchi con i ricchi? Premeditato anche quello. Può piacere o meno, dipende dal carattere e dalle inclinazioni individuali. Eppure funziona sempre, perché è istintivo».

Ne prendo atto. Confesso, però, che il meccanismo del “si piglia chi si somiglia” mi sta annoiando a morte. Quasi quasi disinstallo tutto, mi cancello e torno a letto da mio marito. Giuro: sbircio ancora 2 o 3 profili, al massimo 7, e poi smetto.