Se ne parla da anni, ma adesso finalmente sembra essere stata fatta chiarezza sui possibili rischi legati all’uso di tinture per capelli. Uno studio condotto su 117.200 donne americane ha mostrato che l’uso di questi prodotti potrebbe non essere correlato a una maggiore incidenza di tumori. Una notizia positiva per le donne se si considera che, come riporta l’AIRC, l’Associazione per la Ricerca sul Cancro, circa una su tre sopra i 18 anni (e un uomo su dieci dopo il 40) si colorano i capelli.
Le tinte non sono pericolose
A condurre la ricerca, pubblicata sul prestigioso British Medical Journal, è stato un team del Dipartimento di epidemiologia presso l’Università di Medicina di Vienna. Gli esperti hanno seguito 117.200 donne statunitensi (un campione mai così alto finora) per 36 anni, arrivando alla conclusione che «una colorazione regolare dei capelli non ha avuto effetti significativi sulla maggior parte dei tipi di cancro». Non è la prima volta che si indagano le possibili conseguenze delle tinte per capelli, che siano temporanee o permanenti, queste ultime usate nell’80% dei casi, ma l’ultima ricerca fornisce dati importanti: «I valori di questo studio nel suo insieme sono molto importanti e ci possono far escludere che ci sia un’incidenza negativa delle colorazioni. I dati sono numerosi, si riferiscono a circa 30 tumori differenti ed è stato analizzato un campione molto corposo, valutando tante variabili: la frequenza nell’uso delle tinte, la tonalità scelta, ecc. I risultati sono rassicuranti» spiega Carlo La Vecchia, epidemiologo dell’Università degli Studi di Milano.
Cosa dice lo studio
«Se osserviamo i vari risultati della ricerca, condotta su infermiere statunitensi, vediamo che le percentuali di rischio hanno un’oscillazione che va dallo 0,62% per le leucemie croniche, allo 0,72% per i tumori al cervello, allo 0,95% per quelli al polmone» spiega La Vecchia. Solo per il linfoma di Hodgkin, Eva Schernhammer, a capo del Dipartimento di epidemiologia dell’ateneo viennese che ha condotto lo studio, precisa che esisterebbe una potenziale incidenza maggiore: soprattutto le donne con capelli naturalmente scuri avrebbero mostrato un rischio maggiore rispetto a quelle bionde o dai capelli chiari. «In realtà non si va mai oltre l’1%, dunque si rientra ampiamente in un range di non pericolosità» spiega l’esperto epidemiologo e ricercatore AIRC.
Cosa si sapeva finora
Non è la prima volta che si indaga un possibile nesso tra la colorazione dei capelli con prodotti specifici e l’incidenza di tumori. Nel 2018 il chirurgo della mammella Kefah Mokbel aveva condotto una revisione di tutti gli studi statistici condotti fino a quel momento (dal 1980 al 2017), arrivando a notare un aumento di rischio del 19% in caso di uso mensile delle tinture, come ricorda l’AIRC. Da qui la raccomandazione di Mokbel a non ricorrere alla colorazione più di 6 volte all’anno.
Nel 2019, invece, un gruppo di epidemiologi dei National Institutes of Health statunitensi, dopo aver osservato per 10 anni un campione di 50mila donne con una sorella con tumore, concluse il proprio studio (detto Sister Study), riducendo la percentuale di rischio al 7%, senza però poter dire se l’incidenza fosse legata alla familiarità, ai componenti chimici (nel frattempo cambiati in senso migliorativo) o per altri fattori. «Nel tempo ci sono stati diversi report in materia, più o meno validi, che hanno destato allarme. Lo studio viennese ci conferma che non ci sono rischi, perché nel frattempo non si usano neppure più le colorazioni degli anni ’70, sulle quali invece pesava il sospetto di cancerogenicità» dice La vecchia.
Non c’è rischio di cancerogenicità
«Fino ai primi anni ’70 si pensava che le tinte potessero essere pericolose perché contenevano coloranti a base di sostanze come le ammine, potenzialmente cancerogene. All’epoca non esistevano test di mutagenesi in vitro che potessero verificare se questi composti fossero in grado di causare una mutazione cellulare, come nel caso dei tumori. Ma dal 1975 sono definitivamente state tolte dal commercio» prosegue.
Ma possono stare tranquilli anche i professionisti che lavorano con le tinte, come parrucchieri e hair stylist? «La ricerca non prende in considerazione questo tipo di campione, perché analizza donne infermiere, ma possiamo ragionevolmente dire che non ci sono pericoli. L’unico vero rischio per la categoria professionale dei parrucchieri è legato alle allergie: le tinte possono causarne, ma mentre il cliente può sempre scegliere un prodotto diverso, il parrucchiere deve utilizzarli potenzialmente tutti» spiega l’esperto dell’Università degli Studi.
Un limite della ricerca
Un punto ancora da indagare riguarda invece il campione scelto per la ricerca del team di Schernhammer: solo donne bianche (statunitensi). Gli esperti avvertono che potrebbero esserci risultati differenti in soggetti di etnie differenti. «È vero, ma mi sento di rassicurare, perché ci sono numerosi altri studi condotti anche su donne nere che hanno dato risultati tranquillizzanti. Lo stesso vale per le asiatiche e gli asiatici: va tenuto presente, infatti, che in Oriente il ricorso alle tinte è molto forte nella popolazione maschile perché, a differenza degli occidentali, lì gli uomini non perdono i capelli e dunque, invecchiando, tendono a tingerli» osserva La Vecchia.
Dai timori (infondati) di Emma Marrone
L’esperto, dunque, sgombera il campo anche da un altro timore, questa volta diffuso dalla cantante Emma Marrone. Lo scorso gennaio era stata proprio lei a far discutere con la sua scelta di rinunciare alla tinta bionda per paura che il tumore (dal quale era appena uscita per la seconda volta, dopo una dura battaglia) potesse ripresentarsi, anche in altra sede. Cosa si sa del possibile legame tra l’aumento di rischio in alcune donne con familiarità di tumore al seno? «Il timore è dato dal fatto che un fattore di rischio (la recidiva) possa interagire con un altro (le tinte), sommandosi o moltiplicandosi. Ma non essendoci rischi reali dovuti alle tinture, non c’è motivo per non usarle anche da parte delle donne che hanno avuto un cancro o hanno familiarità» spiega La Vecchia, che chiarisce anche altri due aspetti: «La ricerca recente mostra come non ci sia limite alla colorazione: si può arrivare anche a 200 o 400 volte nella vita e l’indice di rischio rimane assolutamente irrilevante. E non ci sono timori neppure per quanto riguarda i colori scuri, ritenuti in passato più pericolosi».