Quando non sono riuscita a inserire la mia carta sulla app IO per ottenere il cashback, pure essendo da tempo munita di Spid, ci sono rimasta male. Prima di arrivare al passaggio cruciale in cui tantissimi utenti, come me, l’8 dicembre (ma pure i giorni successivi) si sono arenati, era andato tutto liscio. Facile, comprensibile, pochi click. Il tipo di esperienza incoraggiante e leggermente euforizzante che ti fa credere che la tecnologia è stata pensata anche per te. I numeri ufficiali dicono che in due giorni 2,8 milioni di cittadini si sono registrati e 3,2 milioni di carte sono stati attivati. Non si può certo definire un grande successo. È questo, purtroppo, il lato negativo della digitalizzazione a tappe forzate, la logica del click day che trasforma l’occasione di fare un passo avanti in una lista di lamentele e sfottò sui social. Come puntualmente è accaduto sotto l’hashtag #CashBackDiStato. Confesso, non ci ho riprovato. Ma lo farò presto perché il lato positivo della digitalizzazione della pubblica amministrazione esiste.
«In Italia l’identità digitale pubblica si traduce soprattutto nello SPID, Sistema Pubblico di Identità Digitale» spiega Giorgia Dragoni, direttore dell’Osservatorio Digital Identity del Politecnico di Milano. «Si tratta di un set di credenziali legato a un singolo utente che ci identifica agli occhi dello Stato, garantisce cioè che la nostra identità sia autentica, e che permette di accedere a servizi sia pubblici, sia privati. Sono stata chiara? Non vorrei semplificare troppo». Si figuri, dottoressa, banalizzare mai, ma per vincere la resistenza all’innovazione – in Italia nonostante il boom di richieste del 2020, solo il 22% della popolazione ha lo SPID – aiuta persino l’immaginazione. E allora pensiamo all’identità digitale pubblica come a una chiave che apre tante porte, attraversa in un istante corridoi pieni di uffici e schedari, squaderna faldoni, trova ciò che stavamo cercando e ce lo consegna. È questo il lato positivo che deve resistere allo scoramento da click day. Come dice Dragoni «Onestamente, quello che l’identità digitale vuole offrire è la semplicità di utilizzo, accedere ai servizi pubblici senza incontrare gli ostacoli del mondo fisico».
Di identità digitali siamo più esperti di quello che crediamo. Ne abbiamo tante, le usiamo da tempo, giovani e meno giovani, passando da una all’altra senza farci caso o saperlo. Sono le informazioni che ci vengono richieste quando accediamo a una piattaforma online. «Il nostro Osservatorio ne distingue 5 tipi, in base al livello di sicurezza e riconoscibilità dei dati che dobbiamo fornire» spiega Giorgia Dragoni. C’è la Mobile ID per usare la SIM Card dello smartphone; la Financial ID cioè il profilo identificativo della banca; la e-Commerce ID per gli acquisti, ad esempio, su Amazon. La Social ID ci serve per “vivere” su Instagram o Google, è la meno autentica e sicura ma la più usata. Al contrario della eGov ID, l’identità pubblica o governativa (che in Italia è SPID e CIE), affidabile e garantita dal momento che introduce a servizi ad alto valore aggiunto come bonus, tasse, salute ma usata poco o niente. Ecco, il lato positivo si nutre di fiducia. Dei social, grazie alla semplicità di uso, ci fidiamo spensierati. Del digitale di Stato, complice un’atavico odio per la burocrazia e qualche click day di troppo, no. Come passare oltre?
Per dirla come il ministro dell’Innovazione Paola Pisano, con una spinta. Dal 28 febbraio 2021 lo SPID, o in alternativa CIE, diventerà la sola credenziale per accedere ai servizi digitali della pubblica amministrazione centrale e locale. Tutte le amministrazioni dovranno aderire al sistema PagoPA che permette ai cittadini il pagamento dei servizi in modalità digitale. Dal 30 settembre scadranno tutte le password che fino ad ora erano usate al posto di SPID o CIE, la carta d’identità digitale. La spinta viene data ad entrambe le parti, cittadini e pubblica amministrazione, per creare un circolo virtuoso. Se ci daranno tanti servizi utili (e funzionanti) faremo lo Spid, e viceversa.
È importante capire che l’opportunità e la responsabilità sta su due fronti: «prima di tutto deve cambiare la logica alla base dei servizi. Non ha senso trasferire nel mondo digitale un processo fisico. Digitalizzare la pubblica amministrazione non è eliminare la coda fisica in un ufficio per farla virtuale su un sito» spiega Dragone con chiaro riferimento alla disfatta del bonus bicicletta (che comunque, alla fine, è stato dato).
Da parte nostra non resta che riprovare. Del resto, molti servizi già funzionano a dovere. Ve lo dico: supererò la delusione del cashback perché da anni faccio il 730 precompilato e pagare le tasse in 5 minuti mi rende felice. Anche un po’ più libera. E in un mondo digitale che funziona, libertà è partecipazione. Tradotto: tra i buoni propositi del 2021, mettiamoci lo Spid.