Dal 2015 la scrittrice ha una rubrica su Donna Moderna dove si confronta con le lettrici sui problemi di coppia, sesso, relazioni affettive. Ogni settimana pubblichiamo le sue risposte, online e sulla carta: se anche tu vuoi scriverle, manda una mail a [email protected]
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Cara Chiara, ho un problema di cui non riesco a capire la gravità. Al mio ragazzo succede spessissimo di fare un lapsus, sempre lo stesso: mi chiama col nome della sua ex. Se ne accorge, si corregge. A volte ne ride, a volte chiede scusa. All’inizio ci sono passata sopra, pensando che l’abitudine continuasse a pesare. Ma ora la cosa si fa preoccupante: con questa ragazza lui è stato meno di un anno, noi navighiamo felicemente verso il secondo. Possibile che in tutto questo tempo io non sia riuscita a scalzare il fantasma dell’altra? Possibile che ancora ci sia lei, piantata nei suoi gesti quotidiani, nel chiedermi: «Mi passi l’olio…?». Certo, d’accordo, era abituato così, gli viene naturale. Ma quand’è che il mio pensiero, il mio nome diventerà naturale più dell’altro? O devo credere che io non sia altro che una sostituzione, e che quando guarda me, lui veda lei?
(Carla)
Cara Carla, combattere contro i fantasmi non serve. Sono lì, onnipresenti. Il fatto che lui lo chiami per nome, il suo spettro, non significa che in altre relazioni questi fantasmi non esistano. Ci sono sempre, anche se passano sotto silenzio. Ognuno, da un certo momento in avanti, vive ogni storia in compagnia di una carovana di ex, di esperienze precedenti, di ricordi felici, di traumi… E ogni storia così si fa un po’ più affollata, e ogni amore vive in segreto di altri amori e di tante altre persone. Se inizi a volertici scontrare, se provi a farli sparire, otterrai solo di nasconderli. Che fare allora? Conviverci, accettarli. Ricordarsi che quella persona che amiamo è così, come ci piace, anche grazie a loro. E che, rispetto ai fantasmi, noi avremo sempre un vantaggio: siamo qui, ora; siamo veri. Loro non sono altro che un nome. Quella che gli passa l’olio non è lei. Sei tu, Carla.
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