È polemica sui presunti trasferimenti di migranti in Italia tramite voli charter dalla Germania. Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha smentito la notizia parlando di chiusura degli aeroporti e operazioni non autorizzate. Anche la Germania frena, ma resta il nodo dei cosiddetti “dublinanti” o “immigrati secondari”. Di chi si tratta? Perché sono chiamati così e cosa prevede il Trattato di Dublino? Perché si vuole modificare?
Chi sono i “dublinanti”
A dare la notizia del primo rimpatrio aereo da Monaco di Baviera in Italia è stata Repubblica. Il governo tedesco ha smentito, tramite un portavoce delle autorità bavaresi responsabili per le politiche migratorie, ma fonti dell’aeroporto di Monaco, citate dall’agenzia stampa Dpa, hanno invece riferito che un primo volo sarebbe stato effettivamente pianificato per il 9 ottobre (con a bordo migranti nigeriani scortati da polizia bavarese), seguito da un secondo collegamento charter il 17 ottobre. Anche in questo caso si sarebbe trattato di riportare nel nostro Paese cosiddetti “dublinanti” (o “immigrati secondari”).
Con questo termine sono indicati i migranti rintracciati sul suolo europeo in paesi diversi da quello di primo ingresso dove, secondo il trattato di Dublino, devono essere presentate le richieste di asilo.
Il trattato di Dublino
Il regolamento o trattato di Dublino stabilisce i criteri per determinare quale Stato dell’Unione Europea sia competente nell’esaminare una richiesta di asilo o protezione internazionale. È frutto di una serie di modifiche alla prima Convezione di Dublino, firmata nel 1990 ed entrata in vigore sette anni dopo.
Nel 2003 è stata sostituita dal regolamento cosiddetto Dublino II (343/2003 CE), poi rimpiazzato dal Dublino III nel 2013, entrato in vigore il 1° gennaio 2014 (2013/604/CE).
Cosa prevede
Al centro dell’accordo internazionale c’è l’individuazione delle competenze nella gestione di qualsiasi domanda di asilo o protezione, che deve essere esaminata da un solo Stato membro dell’UE, da individuare in base a un criterio chiave, contenuto nell’articolo 13: “Quando è accertato (…) che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un Paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale”. In altre parole, deve trattarsi dello Stato di primo ingresso.
Come si stabilisce il paese competente
Per determinare quale sia lo Stato competente si usa Eurodac, la banca dati centrale europea, che contiene le impronte digitali di chi fa il proprio ingresso in modo regolare o di chi presenta richiesta d’asilo.
I casi dubbi
Se sorgono casi di dubbia attribuzione, si apre una fase di accertamento. Le autorità competenti del Paese nel quale il richiedente asilo presenta domanda verificano che il soggetto non abbia fatto il suo primo ingresso altrove. In questo caso possono chiederne il trasferimento o rimpatrio. È per questo, ad esempio, che un migrante rintracciato in Germania, ma sbarcato precedentemente in Italia, deve farvi ritorno fino a che la sua richiesta non abbia ottenuto parere favorevole.
In questo caso può spostarsi all’interno dell’Unione europea ma solo per tre mesi, senza potersi trasferire stabilmente in uno Stato diverso da quello in cui ha ottenuto il riconoscimento per 12/18 mesi.
Solo allo scadere di questo periodo il migrante potrà ripresentare la richiesta in un altro Stato, facendo ripartire la procedura ex novo.
Perché si vuole modificare il Trattato di Dublino
Da tempo diversi Paesi europei chiedono ulteriori modifiche al trattato, per aumentare la solidarietà tra Stati membri, con una conseguente maggiore distribuzione dei carichi delle domande e una ripartizione più equa delle richieste e dei migranti stessi tra tutti i componenti dell’UE.
Nell’estate del 2013 l’Italia, che insieme alla Spagna e alla Grecia rappresenta il primo approdo per la maggior parte dei migranti, fece pressioni in tal senso, senza ottenere risultati concreti. Il tema è tornato all’ordine del giorno nei mesi scorsi, ad esempio nella riunione dei ministri dell’Interno a giugno e in quella di poche settimane fa.
Un altro aspetto contestato riguarda la possibilità di introdurre un meccanismo di emergenza che permetta di distribuire in modo obbligatorio parte dei rifugiati qualora si verifichino situazioni di crisi. Un’ipotesi che al momento non è possibile attuare.
Cosa sono i secondary movements
Nel caso dei cosiddetti secondary movements o “migrazioni secondarie” che tiene banco in queste ore, i migranti da riportare in Italia avrebbero lasciato la Penisola prima (o senza) ottenere l’asilo politico o la protezione umanitaria. Un loro eventuale rimpatrio si inquadrerebbe in una politica di secondary movement, sulla quale però l’Italia sostiene non ci sia alcun accordo a livello europeo.
Il ministro dell’Interno tedesco, Seehofer, il 13 settembre scorso ha annunciato di aver concluso un accordo con l’Italia per trasferire i migranti fermati all’interno del territorio tedesco, salvo essere smentito dal vicepremier e ministro dell’Interno Salvini 15 giorni dopo. Il responsabile del Viminale, infatti, aveva chiarito il suo “no” a un’intesa in tal senso: “Io non firmerò nessun accordo, finché la Germania si fingerà sorda e non entrerà in merito alle nostre richieste. Non firmo accordi a pezzetti. L’accordo da settimane è sul mio tavolo, ma non ho ancora firmato nulla” aveva dichiarato in un’intervista al quotidiano viennese Die Presse, spiegando: “Abbiamo sempre detto alla Germania che l’accordo può solo essere parte di un’intesa più ampia, che vogliamo riformare Dublino e le regole per le navi che soccorrono migranti (…). La questione è passata nelle mani della cancelliera Merkel che si occuperà delle trattative”.
Il precedente
Il ministero dell’Interno tedesco sostiene che già a luglio sarebbe atterrato in uno scalo milanese un volo con a bordo “migranti secondari” dalla Germania. Il governo di Berlino avrebbe programmato di riportare in Italia 10.748 migranti che vorrebbero ottenere l’asilo (e avrebbero presentato relativa domanda in Italia, in quanto primo approdo). Di questi ne sarebbero stati trasferiti 1.692.