Se una persona presenta alterazioni psichiche tali da richiedere interventi terapeutici urgenti, ma rifiuta le cure proposte, può essere effettuato il Tso (Trattamento sanitario obbligatorio).
Quando fu introdotto il Tso?
Il Trattamento sanitario obbligatorio è stato introdotto dalla legge 833 del 1978, ovvero la riforma sanitaria che inglobò la legge 180, quella che stravolse l’ordinamento degli ospedali psichiatrici ed è nota come legge Basaglia.
La legge 180 “chiude”, come è noto, con l’esperienza manicomiale e “apre” all’esperienza territoriale. Vengono istituite le sezioni di psichiatria solo all’interno degli ospedali generali e viene introdotto il principio della volontarietà dei trattamenti. Viene inoltre introdotto il trattamento sanitario obbligatorio (TSO) a particolari condizioni, con una procedura garantista e “nel pieno rispetto” della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione.
Cosa prevede?
Il Tso prevede che una persona sia sottoposta a una serie di trattamenti sanitari urgenti, ricorrendo al ricovero coatto. Le tre condizioni indispensabili perché scatti la richiesta di Tso sono la necessità e urgenza, il rifiuto da parte del soggetto delle cure mediche e l’impossibilità di adottare misure extraospedaliere alternative.
Il TSO deve essere considerato come un’eventualità del tutto eccezionale, attivabile solo dopo che tutti i tentativi di ottenere un consenso del paziente siano falliti e di durata limitata nel tempo. Il TSO, come sancito dall’articolo 32 della Costituzione, deve svolgersi nel rispetto della dignità della persona e può essere trasformato, in qualunque momento, in ricovero volontario su richiesta del paziente.
Dove si svolge il Tso?
Si può svolgere senza ricorrere al ricovero: presso il Centro di salute mentale, l’ambulatorio, il domicilio del paziente, il pronto soccorso. Se è necessario il ricovero ospedaliero, il Tso può essere effettuato esclusivamente presso il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura dell’Azienda sanitaria.
Punto di riferimento per la persona e i suoi familiari è il Centro di salute mentale dell’Azienda Usl. Il Centro di salute mentale è presente in ogni Distretto. Collabora con il medico di famiglia della persona interessata e rappresenta il punto di riferimento per la persona assistita e la sua famiglia.
Chi decide il Tso?
«La procedura prevede che il Tso sia proposto da un primo medico, a volte il medico di famiglia, e che un secondo lo convalidi. Non è necessario che siano psichiatri, ma che lavorino all’interno del Servizio Sanitario Nazionale» spiega Franco Montebovi, psichiatra presso la Asl di Latina e in passato presso la casa di reclusione di Rebibbia e il carcere di Regina Coeli a Roma. «Il primo medico è di solito quello che si trova di fronte al paziente, quindi potrebbe anche essere quello del 118 che interviene in caso di scompenso psicopatologico grave e che ritenga siano necessarie cure in ambito ospedaliero. In questo caso il secondo medico è spesso quello che accoglie il soggetto in Pronto Soccorso»
Spetta invece al Sindaco la convalida del provvedimento, in quanto massima autorità istituzionale nel territorio di residenza o di quello in cui si trovi momentaneamente la persona da sottoporre a trattamento. «Il Sindaco è il soggetto istituzionale e il responsabile giuridico del provvedimento, che prevede una limitazione temporanea della libertà personale in casi di urgenza e necessità» conferma Montebovi.
Proprio per questo motivo l’iter prevede una ulteriore convalida da parte del giudice tutelare di competenza che, attraverso un messo comunale, riceve gli atti entro 48 ore dalla firma del Sindaco.
Esiste anche la possibilità che il secondo medico o
il primo cittadino non convalidi il provvedimento, se ad esempio ci fosse l’opportunità
di somministrare il trattamento (sotto forma di farmaci) presso il domicilio
del paziente.
Quanto dura il Tso?
La durata del Tso è di 7 giorni, prorogabili di altri 7. «Solitamente non è necessario prevedere più di una proroga, che scatta nel caso di pazienti particolarmente gravi che non rispondono alle cure. In molti casi, invece, quando queste funzionano in tempi rapidi è possibile sospendere il Tso già dopo 2, 3 o 4 giorni, pur proseguendo con un ricovero che a questo punto diventa volontario» spiega lo psichiatra.
Per chi è necessario?
«La caratteristica del Tso è proprio il fatto che il soggetto rifiuti il ricovero, pur essendo questo ritenuto necessario dai sanitari. Può succedere che il paziente tergiversi e non si mostri in possesso della capacità di riconoscere la propria patologia. Il Tso si rende necessario, per esempio, per chi dovesse diventare pericoloso per sé o per gli altri, come i familiari o i vicini di casa. Oppure nel caso in cui, pur non essendoci alcun rischio in termini di sicurezza, il paziente si chiuda in casa e non esca più. In questa eventualità è frequente che le condizioni psicofisiche o igieniche diventino tali da richiede un intervento. Può accadere che ci siano sporcizia o immondizia, oppure che la persona presenti scompensi metabolici o diabetologici tali da mettere a rischio la propria salute» spiega Montebovi.
Dove resta traccia del Tso?
«Il Tso è la prima informazione che compare nella cartella clinica di una persona che vi è stata sottoposta. Esiste un apposito riquadro che va contrassegnato nel documento, sia in entrata in ospedale sia all’atto delle dimissioni. Ma si tratta di un dato sanitario coperto da privacy, dunque rimane nelle mani del paziente, non comparirà mai né sulla patente né in altri documenti» spiega lo psichiatra Montebovi. «Neppure il datore di lavoro, in caso di assenza per malattia, potrà sapere che è stato eseguito un Tso né questa informazione comparirà mai altrove se non nella storia clinica della persona».
Dispositivo medico o amministrativo?
Negli anni la complessità del procedimento da attivare per ottenere un Trattamento sanitario obbligatorio non ha mancato di sollevare perplessità e reazioni contrastanti, sia dagli addetti ai lavori sia nei dibattiti politici. In particolare è stata sottolineata l’eccessiva macchinosità, nonché la concentrazione di troppo potere decisionale nelle mani delle autorità amministrative piuttosto che in quelle dei sanitari, definendolo spesso un dispositivo amministrativo e non medico. Tuttavia i numerosi oneri burocratici imposti attraverso la legge, riflettono in realtà la preoccupazione del legislatore di evitare un ricorso al TSO in modo sproporzionato, che ne snaturerebbe la sua natura di extrema ratio, rischiando inoltre, in contrasto con i principi costituzionali, di ledere la dignità del paziente.