Non è un farmaco, hanno ribadito gli autori della ricerca presentata nel corso del congresso. Ma l’attività fisica funziona. Alcuni studi in fase iniziale stanno dimostrando che l’esercizio fisico può migliorare la risposta del tumore alle terapie anticancro. Non solo. Da altri studi, per ora su cavie animali, sta emergendo un’azione del tutto inaspettata. Sembra infatti che possa alterare il metabolismo del tumore e quindi controllarne la crescita. Certo, ci vorranno ancora altre ricerche per approfondire questi meccanismi, ma una cosa è già certa: per la salute sono solo benefici.
“L’attività fisica è propedeutica a una migliore efficacia della terapia”, commenta Saverio Cinieri direttore dell’unità operativa complessa di oncologia medica-Breast unit di Brindisi. “Addirittura, gli studi hanno dimostrato che se viene effettuata durante la chemioterapia adiuvante, cioè quella che viene prescritta dopo l’intervento per prevenire una recidiva, migliora la risposta dell’organismo al trattamento, a tutto vantaggio di una prevenzione della malattia metastatica”.
Quale attività fisica è meglio praticare?
L’attività fisica va praticata in base alle proprie forze. “Racconto spesso di una mia paziente settantenne che non sapeva nuotare, e che si è iscritta a un corso di nuoto perché era l’unica attività adeguata in quel momento al suo stato”, continua il dottor Cinieri. “Non solo ne ha avuto benefici fisici, ma si è appassionata così tanto da decidere di iniziare a gareggiare. E nella sua categoria ai campionati europei si è classificata prima. Segno, questo, che non esistono limitazioni. Certo, non bisogna fare di testa propria: l’oncologo va sempre interpellato per scegliere al meglio”.
In linea generale, comunque, sì innanzitutto alle nuotate: è l’attività fisica ideale perché il corpo, in assenza di peso, non si affatica. E sì alle passeggiate se si è convalescenti dopo un intervento chirurgico, per aiutare i muscoli a ritrovare la tonicità. Infine, via libera a un’attività soft come lo yoga se si soffre di fatigue, un effetto collaterale della chemioterapia, oppure se si è subito un intervento per un tumore all’apparato respiratorio. “Migliora anche l’umore perché si verifica un abbassamento nella produzione di cortisolo, l’ormone chiamato non a caso dello stress”, dice il dottor Cinieri. “E per contro, si alza il livello delle endorfine, gli ormoni del benessere. Sono cambiamenti importanti, perché danno una sferzata alla voglia di guarire”.
Più attenzione a cosa si mette nel piatto
Bilancia per il peso corporeo e calcolo della proporzione tra massa magra e massa grassa. Queste sono le raccomandazioni da seguire per la valutazione del paziente oncologico prima di iniziare le terapie e man mano nel corso delle cure. Ma durante il congresso di oncologia è emerso per la prima volta un altro valore importante. Si chiama CHI, acronimo di Creatinine high index, e serve per valutare la concentrazione di proteine nei muscoli, come ha dimostrato uno studio condotto da specialisti italiani e tedeschi. Sarà un’arma in più per aiutare il malato: il cancro, si sa, si combatte meglio se il corpo è “in forza”.
Cosa deve mangiare un malato oncologico
“Al momento non ci sono ancora lavori scientifici su larga scala che diano delle indicazioni per quanto riguarda il menu ideale per un paziente”, sottolinea Lucilla Titta, nutrizionista dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. «È certo però che bisogna garantire un adeguato apporto nutrizionale. Sappiamo anche che l’alimentazione va personalizzata, cioè “ritagliata” sul paziente considerando la forma tumorale e la terapia che sta affrontando”. Sì allora a frutta e verdura di stagione, pesce, e legumi, insomma, la dieta mediterranea.
E la carne? “Gli studi sono pochi in tal senso, sempre nell’ambito del paziente oncologico”, sottolinea la dottoressa Titta. “Per questo, ci atteniamo alle indicazioni in prevenzione primaria, cioè per chi è sano. Ma con un occhio di riguardo alla forma tumorale”. Nessun divieto quindi a mangiare la carne rossa, se piace, ma con un massimo di una volta alla settimana. Il permesso però decade in caso di tumore del colon, dal momento che la carne rossa ne rappresenta uno dei fattori di rischio.
Prudenza con la chemio
Massima cura durante la chemioterapia. “È una delle fasi più delicate”, continua la dottoressa Titta. “Il paziente va monitorato in modo stretto per evitare che, a causa degli effetti collaterali, non mangi, mettendo a rischio la sua salute e il buon esito della terapia. Oppure che al contrario mangi troppo: essere fortemente sovrappeso o obeso infatti è ugualmente una condizione molto sfavorevole per la salute. Questo vale in particolare per il tumore del seno. Gli studi hanno dimostrato che l’eccesso di chili in chi ha avuto un tumore al seno aumenta il rischio di recidive, cioè di ritorno della malattia”.