Non è ancora possibile la diagnosi di tumore attraverso un’analisi del sangue. Purtroppo, non ci riesce neppure CancerSEEK, il test che è stato utilizzato dai ricercatori della Johns Hopkins University di Baltimora negli Stati Uniti. Ma non lo diciamo noi, è’ scritto a lettere chiare nel testo della ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Science. Gli studiosi infatti sono riusciti a individuare in sette casi su dieci la presenza della neoplasia in chi aveva già ricevuto la diagnosi di tumore (ovaio, fegato, pancreas, esofago, colon retto, polmone oppure rene) non ancora metastatico. Ma nelle persone senza sintomi il test è riuscito a scovare la presenza di un tumore solo in quattro caso su dieci.
L’ennesima bufala in fatto di diagnosi precoce?
La notizia apparsa su molti giornali che dal 2019 si possono scoprire 8 forme di tumore è una bufala solo in parte. Perché il test, provato su 1.005 pazienti, è un ulteriore passo avanti nella ricerca di soluzioni per la diagnosi precoce. «Come le tradizionali biopsie liquide, individua nel sangue la presenza di alterazioni patologiche del Dna (segni della presenza del cancro)», interviene Salvatore Siena, ricercatore Airc e professore ordinario di oncologia medica dell’Università degli studi di Milano. «In più, rileva le eventuali proteine tumorali, cioè quelle sostanze che alcune cellule tumorali producono in quantità molto superiori alla norma e che per questo potrebbero indirizzare o confermare una diagnosi».
Un bel passo avanti, dunque. «Di certo, l’aggiunta della componente proteica potrebbe aumentare la specificità del test», aggiunge il professor Siena, che è anche direttore del Dipartimento di oncologia dell’ospedale Niguarda di Milano. «Ma questo implica ulteriori ricerche per approfondire le valenze del test ed eventualmente apportare le modifiche necessarie».
Cos’è e a cosa serve la biopsia liquida
Questo è accaduto anche per la biopsia liquida, che tutt’ora è oggetto di lavori scientifici che coinvolgono gruppi di ricerca di tutto il mondo, Italia compresa. «Questo test ricerca nel sangue il Dna del tumore» dice Gabriella Sozzi, direttore della struttura complessa di genomica tumorale dell’Istituto dei tumori di Milano. «E per questo, quando la malattia non risponde più alla terapia impostata coi farmaci biologici, aiuta a capire qual è il meccanismo di resistenza ideato dalle cellule tumorali e a impostare di conseguenza una nuova cura». La biopsia liquida al momento è una realtà clinica in ambulatorio per il tumore del polmone. «Grazie a questo test oggi è possibile guidare in modo reale la prescrizione dei farmaci molecolari anti-Egfr», dice il professor Siena.
Rimane ancora un punto interrogativo per quanto riguarda l’efficacia della biopsia liquida sula ricerca del cancro al colon metastatico, come ha evidenziato lo studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Annals of oncology. «Abbiamo sottoposto un gruppo di pazienti alla biopsia liquida e un altro a quella tradizionale», sottolinea il professor Siena, prima firma dello studio. «Dal confronto dei risultati ottenuti non abbiamo evidenziato un grande vantaggio per quanto riguarda l’utilizzo della biopsia liquida. Non significa escludere questa metodica, ma sicuramente saranno necessari ulteriori ricerche».
La ricerca di altri test prosegue
C’è molta attesa invece per un altro filone di ricerca, tutt’ora in corso. Unico nel suo genere, coinvolge oltre 6500 volontari suddivisi in diversi gruppi, ciascuno focalizzato su una forma tumorale differente: seno, prostata, colon retto, polmone, melanoma. I risultati sono attesi per il 2019. «Il sistema immunitario ha come delle “scosse telluriche” quando si accorge della presenza delle cellule tumorali», aggiunge la professoressa Sozzi, che coordina questo progetto, finanziato da Airc, l’Associazione per la ricerca sul cancro. «E questo fa sì che le cellule dell’organo colpito e quelle immunitarie rilascino localmente e nel sangue i microRNA, delle piccolissime molecole molto specifiche. Il nostro obiettivo è di riuscire a identificare questi segnali, perché in questo modo potrebbe essere possibile una diagnosi estremamente precoce del tumore. I dati preliminari ottenuti ad esempio nel caso del cancro polmonare sono promettenti e ci hanno dimostrato che questo test è sensibile e specifico».
Gli esami efficaci per la diagnosi precoce
Nell’attesa di supertest, cerchiamo però di non perdere di vista ciò che abbiamo già a disposizione per la diagnosi precoce. Come la mammografia da eseguire ogni due anni tra i 40 e i 45 anni e annualmente dopo questa età, il pap test da effettuare ogni due-tre anni, il test sulle feci per la ricerca del sangue occulto da fare almeno due volte tra i 50 e i 60 anni. «Teniamo anche sempre presente il valore immenso della capacità di ciascuno di noi nel cogliere qualsiasi cambiamento nel corpo», sottolinea Stefania Gori, presidente di Aiom, l’associazione che riunisce gli oncologi italiani. «Bisogna però imparare a non farsi bloccare dalla paura, ma parlarne subito col medico. Intendiamoci, non è detto che sia un tumore, ma se così fosse, ricordiamoci sempre che se la diagnosi è precoce, oggi la guarigione è possibile, addirittura in oltre nove casi su dieci per alcune forme».