Le mutazioni genetiche BRCA1 e BRCA2
Da tempo si conosce il ruolo di specifiche mutazioni genetiche, in particolare dei geni BRCA1 e BRCA2, nello sviluppo di tumori come quello all’ovaio e al seno. Ora uno studio internazionale, coordinato dall’Università La Sapienza di Roma, ha mostrato come la presenza di queste caratteristiche genetiche sia associata a un maggior rischio di andare incontro ad altri tipi di cancro, come quello al pancreas e allo stomaco sia per le donne che per gli uomini, e per questi ultimi anche alla prostata e alla mammella. «Sicuramente finora le mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2 erano associate soprattutto a tumori tipicamente femminili, ma le evidenze cliniche nelle famiglie di pazienti in cura ci hanno portato ad approfondire gli studi arrivando ad ampliare lo spettro dei tumori associati» conferma Laura Ottini, coordinatrice della ricerca, Professore ordinario di Patologia generale presso il Dipartimento di Medicina molecolare dell’Università La Sapienza di Roma e coordinatrice della ricerca.
I geni difettosi aumentano il rischio di tumori
Lo studio, condotto in collaborazione con l’Università di Cambridge e il consorzio internazionale CIMBA (Consortium of Investigators of Modifiers of BRCA1/2), ha valutato e quantificato il rischio di andare incontro a tumori associati alle mutazioni genetiche in entrambi i sessi. In particolare, sono state analizzate 3.184 famiglie con mutazioni in BRCA1 e di 2.157 famiglie con mutazioni in BRCA2 ed è stata valutato il rischio relativo all’insorgenza di 22 diversi tipi di tumore.
Dalla ricerca, sostenuta anche da Fondazione Airc e pubblicata sulla rivista Journal of Clinical Oncology, sono emerse alcune smentite – come per l’associazione tra mutazioni genetiche e melanoma – ma soprattutto diverse conferme: «Abbiamo potuto raffinare i dati, dando un valore più preciso al rischio di sviluppare uno specifico tumore. Per quanto riguarda gli uomini, si è visto che un portatore di mutazione in BRCA1 nell’arco della vita ha un rischio di sviluppare un tumore della mammella 4 volte superiore rispetto alla popolazione generale; con BRCA2 si arriva a 40 in più. Un uomo con mutazione in BRCA2, inoltre, ha una probabilità più che doppia di sviluppare un tumore alla prostata, mentre per entrambi i sessi si è osservato che chi ha mutazioni di BRCA raddoppia il rischio di tumore al pancreas, neoplasia piuttosto difficile da diagnosticare» spiega l’oncologa.
Quanto al cancro allo stomaco, lo studio mostra un rischio triplicato per i portatori di mutazioni nei geni BRCA1 e 2: «In questo caso, però, occorre cautela, perché nonostante le evidenze, servono ulteriori approfondimenti su un numero maggiore di pazienti, data la rarità di questa forma di cancro» spiega l’esperta.
Tumore al pancreas: lo screening è fondamentale
Proprio la conferma del nesso tra la presenza di determinate caratteristiche genetiche e un maggiore fattore di rischio, sottolinea l’importanza della prevenzione: poter disporre di test genetici può fare la differenza nell’evoluzione di una malattia subdola, in particolare nel caso del tumore al pancreas: spesso è asintomatico e, quando lo si scopre, spesso è in uno stato avanzato e le terapie diventano più difficili. «La diagnostica per questo tipo di tumore sta compiendo passi avanti» conferma Ottini. «Poter disporre di sistemi di screening diventa quindi fondamentale per aprire la strada ad approcci sempre più mirati nei confronti delle persone ad alto rischio di sviluppare questo tipo di tumore, in particolare se portatrici di mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2».
A chi e quando serve fare i test genetici
L’obiettivo, dunque, è arrivare a rafforzare l’attività di prevenzione. Ma chi dovrebbe sottoporsi a test genetici, e quando? Spesso si sente parlare di “familiarità”, ma cosa significa esattamente? «I criteri che indicano quando un soggetto dovrebbe sottoporsi a test genetici sono consolidati: nei tumori per i quali è nota l’associazione con mutazioni genetiche BRCA 1 e 2, per esempio, prima di tutto si ricostruisce la storia familiare per capire quanti casi di tumore ci sono in ciascuna generazione, possibilmente risalendo fino alla terza, cioè non solo la madre, ma anche la nonna (senza escludere il ramo paterno) e di che tipo. Un altro elemento da prendere in considerazione è l’età di insorgenza della neoplasia: per esempio, nella donna se è prima dei 40 anni potrebbe far sospettare una mutazione genetica» chiarisce Ottini, che è anche Responsabile dell’Unità di Epidemiologia molecolare dei tumori alla Sapienza.
«Se si individua una mutazione genetica può essere avviata, a cascata, un’analisi su tutti i componenti della famiglia che vorranno sottoporsi al test, in via preventiva» aggiunge Ottini. «La finalità è poter individuare le persone che sono portatrici di geni mutati, in modo da avviare un percorso dedicato. Ne esistono già nel caso dei tumori della mammella e dell’ovaio nelle donne, che prevedono controlli mirati per tipologia e tempistica, ma dovranno esserne messi a punto anche per altre forme tumorali».
Come e dove fare i test genetici
«Esistono programmi di screening di popolazione per tumori più diffusi, come per esempio quello al seno, con mammografie per le donne a partire dai 50 anni; anche per il tumore al colon sono previsti controlli, ad esempio tramite la ricerca di sangue occulto nelle feci. Per questi tumori esistono già anche percorsi di screening dedicati alle persone con mutazione. Non ci sono, invece, programmi con test preventivi per le neoplasie del pancreas e dello stomaco, chiaramente perché sono meno diffusi. Di fronte alla scoperta di una associazione con le mutazioni genetiche, però, è importante che siano individuati screening per questi tumori che sono comunque in aumento» spiega Ottini, aggiungendo: «Certamente non su tutta la popolazione generale, ma sulle persone ad elevato rischio, come i portatori di mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2, identificando percorsi mirati».
Ma a chi bisogna rivolgersi, per avviare le indagini? «Il primo passo è sicuramente quello di rivolgersi a uno specialista o al medico di medicina generale, che potrà indirizzare a una consulenza genetico-oncologica. Pur tenendo conto di possibili differenze su base regionale e dietro prescrizione medica, questo tipo di prestazione è coperto da Servizio Sanitario Nazionale tramite ticket« conclude l’esperta oncologa.