La correlazione tra fumo e tumore al polmone è nota da tempo. Ma ora sono stati scoperti sottotipi specifici di questo tipo di cancro che interessano i non fumatori. Oltre all’esposizione al fumo passivo (da sigaretta, ma anche da inquinamento atmosferico) si è infatti scoperto il ruolo dei geni, dai quali dipende anche la minore o maggiore aggressività della malattia, e di conseguenza la prognosi. A cosa serve saperlo? Lo studio, coordinato da una ricercatrice italiana da tempo all’estero, apre la strada a cure sempre più personalizzate.
Quanto conta la predisposizione genetica
In Italia il tumore al polmone è il secondo più diffuso, sia tra le donne che tra gli uomini. Su oltre 2 milioni di diagnosi all’anno, la maggior parte riguarda fumatori, ma non mancano i casi nei soggetti che non hanno mai fumato, colpiti nel 20% dei casi. Perché loro si ammalano? Finora sono stati condotti studi che hanno mostrato, come concause, i fattori ambientali, come l’esposizione ad alcune sostanze cancerogene, l’inquinamento atmosferico o il fumo passivo. Ma una ricerca, appena pubblicata su Nature Genetics, indica l’importanza della predisposizione genetica. In particolare sono stati individuati tre sottotipi di tumore ai polmoni nei non fumatori.
Lo studio coinvolge soprattutto le donne over 60
La ricerca è stata coordinata dall’italiana Maria Teresa Landi, che da tempo lavora negli Stati Uniti presso il National Cancer Institute dei National Institutes of Health, a Bethesda. Nello studio, a cui hanno collaborato le fondazioni Irccs Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, Ca’ Granda Ospedale Maggiore di Milano e Regina Elena di Roma, e l’Università di Bari, è stato analizzato il Dna di tumori riscontrati in 232 pazienti che non avevano mai fumato, il 75% dei quali donne e dall’età media di circa 65 anni.
Sono 3 i sottotipi di tumori nei non fumatori
«Quello che stiamo vedendo è che ci sono sottotipi di cancro ai polmoni nei non fumatori che hanno caratteristiche molecolari e processi evolutivi distinti» ha spiegato Landi. A ciascun sottotipo è stato assegnano un nome ispirato al mondo musicale: “piano”, “mezzo-forte” e “forte”. Nel primo caso le mutazioni che causano il cancro sono numerose e tali da essere difficilmente riconoscibili, ma la malattia si sviluppa con un ritmo lento, nell’arco di circa 3 anni. Nel secondo caso, “mezzo-forte”, a mutare è il gene Egfr, in modo più rapido. Infine, nel caso del sottotipo “forte”, il meccanismo che porta al tumore è analogo a quello riscontrato nei fumatori, la malattia è più aggressiva e il decorso è veloce, spesso con prognosi meno favorevole.
A cosa serve l’analisi genetica del tumore
L’individuazione e classificazione dei diversi sottotipi di tumore al polmone permetterà in futuro di personalizzare le cure, con trattamenti diversi in base ai sottotipi. «È da diverso tempo, in particolare dal 2007, che si studiano le caratteristiche dei tumori nei fumatori e nei non fumatori. Individuare questi tre profili genetici in quest’ultima categoria, nelle persone non fumatrici, è importante per una prognosi più precisa. Oggi, infatti, noi richiediamo sempre la cosiddetta Next Generation Sequency, cioè l’analisi dei geni e delle eventuali mutazioni responsabili della crescita tumorale. Questo ci permette, ad esempio, di scegliere terapie differenti» spiega il professor Federico De Braud, Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica presso la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.
Cure diverse per tumori di origine diversa
L’origine della neoplasia, anche nel caso in cui si tratti di uno stesso tumore, come per quello al polmone, può infatti orientare verso trattamenti diversi e specifici. «Generalmente questo tipo di cancro, quando è dovuto a un certo tipo di mutazione genetica, non viene curato con la chemioterapia, ma con farmaci cosiddetti target, mirati. Per esempio, se c’è l’alterazione del genere Egfr (come nel caso del sottotipo “mezzo-forte” di tumore nei non fumatori) non si usa nemmeno l’immunoterapia, perché spesso non è più efficace della chemio, ma si usano terapie personalizzate, decise caso per caso, perché si tratta di tumori che appartengono a sottocategorie rare» spiega l’esperto oncologo.
La causa principale resta il fumo
Lo studio è importante anche perché riguarda potenzialmente una platea di pazienti non così ridotta, come si potrebbe pensare. «È indubbio che la causa principale di questa neoplasia sia il fumo, che dà luogo a un processo infiammatorio che, specie se associato all’esposizione ad agenti cancerogeni (come l’asbesto o altre polveri sottili specifiche), rappresenta il principale fattore di rischio».
Il fumo passivo è molto pericoloso
Ma c’è anche una categoria intermedia di rischio, rappresentata dai non fumatori esposti a fumo passivo, che possono sviluppare il cancro ai polmoni pur non avendo mutazioni genetiche diverse rispetto alla prima categoria. Rientra in questa fascia anche chi vive in ambienti molto inquinati, come molte grandi metropoli in Cina o in India, ma anche in Italia – chiarisce De Braud – Infine, ci sono i non fumatori che, per motivi genetici, possono sviluppare il tumore ai polmoni. Molte sono donne, perché si è visto che esistono differenze di genere».
Le donne sono più colpite dal tumore dei non fumatori
«Gli studi condotti finora ci dicono che sul tumore al polmone nei non fumatori, che riguarda il 20% dei casi totali, pesa un gender gap. Non significa che ci sono più donne che ne sono colpite, ma che lo sviluppano in percentuale maggiore. I numeri lo confermano, anche se non ne conosciamo ancora il motivo. Una delle ipotesi riconduce alle differenze ormonali, ma non ci sono ancora indicazioni scientifiche a riguardo» conclude il professor De Braud.