L’immunoterapia è tra le cure più note contro il cancro. Oggi fa parte delle cure per il melanoma e il tumore al polmone ed è oggetto di studio per molte altre forme di tumore.
L’immunoterapia contro il tumore del seno
Mancava all’appello il tumore del seno, ma ora le cose stanno cambiando. «È incoraggiante vedere risultati positivi anche nel tumore della mammella, che fino ad oggi si credeva non fosse sensibile a questo tipo di cure», interviene Solange Peters, Responsabile di oncologia medica del Centre Hospitalier Universitaire Vaudois di Losanna, Svizzera e prossimo Presidente ESMO, l’associazione che riunisce gli oncologi europei e promotore del congresso annuale che si è appena concluso. «E l’ampliamento degli strumenti per combattere questa malattia aumenta ancora di più le speranze. Ma dobbiamo continuare a insistere anche sulla diagnosi precoce per incrementare le chance di cura».
La terapia contro il tumore del seno triplo negativo
L’immunoterapia è stata utilizzata per il tumore del seno triplo negativo. Colpisce circa il 15-20% delle donne specialmente nella fascia d’età under 50 ed è la forma oggi più difficile da curare perché è particolarmente aggressiva e con una probabilità alta di recidiva, cioè di ritorno della malattia in altri organi del corpo. Le ricerche hanno visto che in alcuni casi le cellule di chi ha il tumore triplo negativo hanno la capacità di rendersi invisibili al sistema immunitario e impermeabili alla chemioterapia grazie alla presenza sulla superficie di una proteina, chiamata PDL-1, che un farmaco immunoterapico riesce ad “annullare”, come ha dimostrato per la prima volta lo studio IMpassion130. Così, la chemioterapia riesce ad agire, cosa che prima non poteva fare, e il sistema immunitario riprende a fare il suo dovere. «Lo studio ha coinvolto donne con tumore triplo negativo metastatico», interviene Michelino De Laurentiis, direttore dell’Oncologia Senologica dell’Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli. «Sono circa 12mila le donne con un tumore metastatico: di queste, il 20-25% sono triplo negativi e di questi il 40% è PDL-1 positivo. L’obiettivo dello studio era quello di valutare se l’aggiunta alla chemioterapia di un farmaco immunoterapico aumentava la sopravvivenza e diminuiva la progressione della malattia e i risultati ci hanno dato ragione. Certo, ora sono necessari altri studi, ma ricordiamoci sempre che sono i primi dati positivi con l’immunoterapia per questa forma tumorale».
Il nuovo studio sull’asportazione dei linfonodi
Ma i cambiamenti non finiscono qui. È in corso un vasto studio europeo per verificare se è sempre necessaria l’asportazione dei linfonodi sentinella durante l’intervento per tumore al seno. Fino ad oggi la regola, la stessa da vent’anni, è di asportare il primo linfonodo della “catena”, il cosiddetto sentinella e se è positivo, si procede all’asportazione degli altri. Questo perché si allontana il rischio di recidiva. Ma per la donna è un tormento, con una probabilità alta di effetti collaterali pesanti. «Lo studio è randomizzato, cioè le donne vengono divise in due gruppi, in modo da confrontare i risultati nel tempo tra chi è stata sottoposta alla procedura tradizionale e chi invece ha mantenuto i linfonodi», sottolinea Corrado Tinterri, direttore della Breast Unit di Humanitas di Rozzano, Milano. «È uno studio cosiddetto di conferma, perché in alcuni Centri si opta già per questa scelta. Se i risultati ci danno ragione, potremmo evitare l’asportazione dei linfonodi anche nel caso di mastectomia, senza che la donna sia esposta a maggiori rischi di recidive».