Inutile nasconderlo, il tumore al seno fa ancora paura. E la sensazione di impotenza aumenta quando si legge della bellissima modella Tatjana Patitz che è morta a gennaio per una forma metastatica. Oppure dell’ex campionessa di tennis Martina Navratilova che ha una recidiva a distanza di 13 anni dalla prima diagnosi di cancro al seno. Sono notizie che sollevano dubbi e che portano a riflettere su tutto quello che può difendere dalla malattia.
Tumore al seno: quando è utile la mastectomia profilattica?
«Quando vale la pena di subire un’operazione così drastica come quella a cui si è sottoposta Bianca Balti e, prima di lei, Angelina Jolie?» si chiedono in tante. «A chi è consigliata e siamo certe che non si tratti di una scelta a disposizione solo di chi se lo può permettere?».
«È vero che per anni la mastectomia profilattica, così si chiama l’intervento che prevede l’asportazione di entrambi i seni, è stata oggetto di stigma e di pregiudizi» chiarisce subito Alberta Ferrari, chirurga senologa dell’ospedale San Matteo di Pavia e tra le maggiori esperte internazionali di tumori di origine genetica. «Per fortuna molto è cambiato e oggi, grazie anche ai numerosi studi clinici e alla disponibilità di linee guida ad hoc, ogni donna ha la possibilità di ricevere informazioni corrette e di avere al suo fianco specialisti che la accompagnano nel percorso».
Nei primi anni 2000, infatti, le pioniere della mastectomia profilattica si sentivano come aliene, “difettose”, a volte folli, perché era ancora diffusa l’idea che fosse sbagliato intervenire così drasticamente su un seno sano.
Tumore al seno, rischio alto con la mutazione nei geni Brca
Gli studi però hanno provato che una mutazione dei geni Brca1 e Brca2 espone a un elevatissimo rischio, che può essere superiore all’80%, di ammalarsi di un tumore al seno o alle ovaie. Ma anche, come sta emergendo negli ultimi anni, di altre forme oncologiche. E la chirurgia può diventare l’unica forma di prevenzione veramente efficace. Lo racconta con la sua esperienza Ornella Campanella, infermiera di Palermo e oggi presidente dell’associazione aBRCAdabra onlus, la prima presente in tutta Italia per aiutare coloro che hanno una mutazione dei geni BRCA e le loro famiglie.
«Era il 2012, avevo 38 anni quando mi è stato diagnosticato un tumore al seno, era piccolo ma cresceva velocemente, anche troppo. Mi sottopongono all’intervento di quadrantectomia, cioè mi asportano solo il nodulo. Ma la mia oncologa non è tranquilla, è bastato mettere insieme la mia giovane età, le caratteristiche biologiche del tumore e i numerosi casi familiari di tumore al seno e all’ovaio, per prescrivermi il test genetico. L’ho fatto ma non ci pensavo, dovevo concentrarmi sui cicli di chemio, sui miei bambini piccoli, sulle mie paure. Quando è arrivato l’esito però era positivo».
Test genetico per sapere se si è portatori della mutazione
In storie come quella di Ornella ci sono sempre altri casi di cancro in famiglia. Per questo, come definito dalle linee guida, il test genetico oggi è indicato se ci sono uno o più parenti di primo grado, cioè mamma, sorella, zia o cugina (sia da parte materna sia paterna) che hanno avuto un tumore all’ovaio o al seno prima dei 50-55 anni, oppure al pancreas, per uomini e donne, e alla prostata.
Il test è a carico del Servizio sanitario nazionale se si rientra in questi casi e si paga solo il ticket. Ma le cose non vanno nello stesso modo in tutta Italia. Ad oggi, ci sono ancora Regioni dove alle donne, dopo la diagnosi di tumore non viene eseguito il test nonostante i sospetti di una forma genetica. E ci sono difficoltà di accesso ai test genetici con il Servizio sanitario per i familiari sani. Una situazione pericolosa per la salute. E che espone al rischio di cadere in mani sbagliate: navigando su Internet si scoprono laboratori che propongono test a costi esorbitanti, che arrivano a 10.000 euro.
«L’idea di fondare un’associazione per chi è portatore di una mutazione genetica Brca si è fatta strada in me nella sala d’aspetto del Centro che mi ha seguito» continua Ornella Campanella. «Io sono infermiera, sapevo come muovermi, ma purtroppo non è per tutte così. Negli ultimi dieci anni la situazione in Italia è cambiata tantissimo e in meglio. Ma c’è ancora molto da fare, compreso il riconoscimento di un percorso uguale in tutte le Regioni».
Informazioni utili su chi ha casi di tumore in famiglia
Attualmente, secondo un’indagine appena conclusa dall’associazione aBRCAdabra (www.abrcadabra.it), Emilia Romagna, Liguria, Veneto, Toscana, Sicilia, Campania e Lazio hanno sia un Pdta (Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali) sia l’esenzione. Senza quest’ultima, per intenderci, chi ha il sospetto di essere Brca-portatrice, deve pagarsi il test che ha un costo nei laboratori di genetica che varia tra 1500 e 3000 euro.
Lo stesso accade per il supporto psicologico, che è fondamentale, ma che va pagato di tasca propria quando non è inserito tra le prestazioni regionali a carico del Servizio sanitario.
Se medico e ginecologo non sanno dare informazioni o si sa per certo che nella propria Regione non c’è un Pdta ci si può rivolgere all’associazione scrivendo una mail a [email protected] o un whatsapp al 3517717451. «Riusciamo a indirizzare le donne, ma anche gli uomini, alle Regioni che hanno definito i Centri oncologici di riferimento con un percorso di diagnosi e trattamenti a carico del servizio sanitario. È previsto anche il supporto di un team che comprenda anche il genetista e lo psicologo».
La mastectomia può anticipare il tumore al seno
Che la mastectomia profilattica salvi la vita lo dicono i dati: è in grado di ridurre di oltre il 90%, nelle donne sane portatrici della mutazione Brca, il rischio di sviluppare in futuro un tumore al seno. Certo, è una decisione importante, che comporta un intervento impegnativo tra asportazione dei seni e inserimento della protesi.
«Non c’è un approccio uguale per tutte» sottolinea la dottoressa Ferrari. «Dipende da diversi fattori: dall’anatomia del seno e dall’età, ad esempio. In alcuni casi si posiziona un espansore e solo in un secondo tempo la protesi vera e propria. In altri si esce dalla sala operatoria con una ricostruzione già definitiva».
Il percorso non si conclude con l’intervento. Segue un periodo di supporto psicologico per elaborare la nuova immagine corporea e per facilitare la ripresa di una qualità di vita ottimale. «Lo so che la cosa può spaventare ma a differenza delle altre, le donne con questa mutazione hanno la possibilità di scegliere e di anticipare il cancro. E a oggi la chirurgia rappresenta l’unica strada» conclude Ornella Campanella.
«Intanto la ricerca va avanti e un domani potremmo essere in grado di riparare il danno al Dna».
Attenzione alle ovaie se si è portatori del gene mutato
Se il test Brca risulta positivo, viene consigliata anche l’asportazione chirurgica di tube e ovaie: la prevenzione del tumore ovarico è pari all’85-90%. È un intervento che di solito avviene in un secondo tempo rispetto alla mastectomia. Va programmato anche in base alla familiarità, al tipo di Brca, all’età e al desiderio di avere figli. Le soluzioni sono diverse e da valutare a seconda del rischio.
Si può posticipare l’intervento in attesa del concepimento. È importante tenere sotto stretto controllo la situazione con l’ecografia ginecologica transvaginale. Utile anche un prelievo di sangue semestrale per verificare l’eventuale presenza di un marcatore tumorale (CA-125) . Oppure congelare gli ovociti, in modo da rendere possibile una gravidanza nonostante l’intervento preventivo. O, ancora, asportare solo le tube, per guadagnare qualche anno prima di arrivare a una menopausa precoce.