Solo passeggiando per Roma, Stendhal riuscì a compilare quel tomo intitolato Passeggiate Romane. Più che un diario di viaggio è una vera e propria guida della città. Lì annotava le sue impressioni estetiche, arricchite da aneddoti storici e le sue osservazioni sugli abitanti della Città Eterna. Prima del turismo di massa, quando l’overtourism, il sovraffollamento di alcune località in alcuni periodi dell’anno, non si sapeva nemmeno cosa fosse.
Oggi però, non solo troveremmo noioso leggere settecento pagine sulle passeggiate romane di un signore dell’Ottocento, ma di ritorno dalle nostre vacanze saremmo forse in grado di compilare un foglio o per meglio dire una nota del telefono, che con buona probabilità non conterrà le nostre impressioni di viaggio, ma la lista dei luoghi imperdibili. Un elenco di posti fancy, attraenti, che per nessun motivo dovresti perderti, a meno che tu non voglia correre il rischio di non avere niente di succoso da raccontare alle tue amiche una volta tornata. E allora viene da chiedersi: perché ci sbattiamo a organizzare questi viaggi, se l’unica a goderne è la nostra galleria del telefono? Chiaro, finché non arriva il momento di liberare lo spazio.
Overtourism: i cattivi tempi che corrono
Da almeno sette anni, non passa estate in cui non si realizzi un servizio al telegiornale per raccogliere le lamentele di abitanti e addetti al turismo di vario tipo. Il motivo? Sono saturi di vedere i luoghi della loro quotidianità invasi da forestieri, spesso maleducati o irrispettosi. L’overtourism li priva del loro spazio vitale e li carica di disagi. Ora, chiunque non viva fuori dal mondo, sa che la situazione non è certo migliorata. Quest’anno il bel servizio sull’incuria e l’inciviltà di alcuni turisti che arrivano nelle città italiane era già pronto a maggio, come a dire: le barricate sono pronte.
Allora, ecco che dallo scorso 25 aprile, per entrare a Venezia devi pagarti un ticket, a Barcellona le pistole ad acqua servono per cacciare i turisti dai locali, mentre in Grecia i droni liberano le spiagge occupate abusivamente. Non è un film distopico: lo stesso turista che una volta si accoglieva come portatore di ricchezza, oggi è guardato quasi come un parassita. Ma come è successo?
Potremmo dire che i tempi cambiano e di certo quelli che corrono per i più non sono rosei. Ci sono il carovita e c’è l’emergenza abitativa, aggravata dalla diffusione degli affitti brevi. In poche parole per un abitante autoctono è sempre più difficile comprarsi una casa nella città in cui vive e mettere delle radici. Per giunta, i malcapitati si ritrovano a vivere in quartieri in cui i servizi non sono modulati su di loro, ma sui turisti e, nemmeno a dirlo, i prezzi lievitano. Così la ricchezza che il turismo dovrebbe portare diventa intangibile.
Sovraffollamento turistico: il risiko dell’algoritmo
Senza dubbio le mete irrinunciabili, i luoghi che almeno una volta nella vita dovresti visitare, sono sempre esistiti. Ma oggi sembra che a decidere la desiderabilità di un viaggio sia lo stesso algoritmo che prova a spiegarci come vivere. Una volta c’era Stendhal, oggi la guida si trova comodamente sui social media. La differenza è che la lista delle dieci cose che devi fare, vedere, mangiare oggi è imprescindibile: chi è che partirebbe allo sbaraglio o addirittura oserebbe stilare un suo elenco personale? Troppa fatica, non c’è tempo, non c’è voglia, nemmeno per il piacere.
Allora eccoci pronti con la nostra valigia e l’elenco delle attrazioni da depennare, insieme a una bella foto ricordo per raccontare a noi stessi e al mondo che noi quella cosa lì l’abbiamo fatta. Insieme a una miriade di altre persone. Con questo dobbiamo smettere di desiderare di visitare le Cinque Terre, il Salento, la Costiera Amalfitana o le Baleari? Chiaro che no, ma nell’attesa di nuove politiche che regolino il turismo di massa, forse vale la pena chiedersi che turisti siamo diventati se siamo schiavi della coolness dettata dall’algoritmo anche quando l’unico criterio di scelta dovrebbe essere il nostro desiderio, il nostro piacere.
Dal Grand Tour al turismo di massa mordi e fuggi
C’è stato un tempo in cui viaggiare era un lusso di cui potevano godere veramente in pochi. A partire dal Settecento, il Grand Tour, il grande viaggio attraverso l’Europa Continentale era lo spartiacque della vita dei giovani rampolli dell’aristocrazia. Mesi e mesi spesi andando alla scoperta della bellezza e della cultura europee, in particolare dell’Italia. Si trattava del completamento supremo dei propri studi, la possibilità di toccare con mano ciò che si era solo letto: i residui della Magnagrecia in Sicilia, le statue e i mosaici di Pompei, i giardini di Roma e i dipinti dei vedutisti a Venezia. Il massimo che un giovane potesse desiderare.
Poi per fortuna, viaggiare per il semplice gusto di conoscere il mondo e altre culture è stato un piacere sempre più diffuso. Finché non è arrivata la FOMO, letteralmente fear of missing out: la paura di non essere sul pezzo, di non conoscere ciò di cui tutti parlano, di essere fuori dal mondo. La sentiamo per le ultime uscite al cinema, su Netflix, per i libri e la musica da non perdere e per finire anche quando dobbiamo prenotare le vacanze: abbiamo già la testa piena delle mete calde per l’estate. Peccato che al di là della FOMO c’è un mondo sommerso da scoprire, che se solo avessimo la voglia e anche il tempo, potrebbe rivelarsi ancora più in sintonia con i nostri gusti e le nostre inclinazioni.
Turismo di massa, il primo passo da compiere
La FOMO che fa desiderare di prendere possesso delle esperienze senza davvero gustarle non va in vacanza. Sta vicino a noi anche in città. Per questo una prima soluzione all’overtourism potrebbe essere prendere atto del fatto che in vacanza non siamo poi tanto diversi che a casa. La prova? Esci a fare colazione fuori durante il fine settimana, o prenota una cena al ristorante il venerdì sera. Nella maggior parte dei capoluoghi la scelta è guidata dalla lista dei posti cute, carini, e instagrammabili da non perdere.
Come se ne esce? Riappropriandosi del proprio gusto, domandandosi cosa ci piace davvero. Ogni tanto si potrebbe avere il coraggio di non avere un piano prestabilito, uscire con gambe in spalla e occhi aperti. Del resto, quelle settecento pagine di Passeggiate Romane sono nate proprio così. E se quest’anno non andrai alle Baleari: pazienza.