Di male in peggio. Man mano che passano le ore, il caso di Detto Fatto scivola sempre più nel trash.
Ricapitoliamo le tappe. Avete visto il tutorial sulla spesa sexy? Se ve lo siete perso, su youtube non si trova più: si sta cercando di fare pulizia, ma basta andare sui social per trovare versioni di ogni tipo. Questa è l’originale, repostata da un account che è tutto un programma e talmente brutta da risultare ancora più greve delle imitazioni.
E mentre tutte rimaniamo un po’ così a immaginarci al supermercato con gli shorts – oggi che, semmai, ci andiamo in mascherina – scopriamo (solo adesso?) che già nel 2019 nel pomeriggio di Rai2 si faceva la spesa in modo sexy, e subito dopo, giovedì 26 – alle 6 del mattino – ci vediamo propinato un siparietto discutibile sulla scelta del reggiseno con la musica di Nove settimane e mezzo. Trattasi delle repliche della trasmissione sospesa, sfuggite alla rimozione. E Rai2 deve scusarsi ancora una volta.
Figuraccia dopo l’altra, la trasmissione viene sospesa. Fuoco e fulmini sulla conduttrice, Bianca Guaccero, che nello sketch della spesa sexy fa da spalla alla pole dancer Emily Angelillo (che brava!). Sfogo con Fanpage della ballerina, professionista stimata con una grande scuola fucina di talenti a Biella, che racconta come l’idea del supermercato sia venuta strada facendo, in una puntata dedicata al camminare sui tacchi (e quindi?). Scuse del direttore di Rai2 Ludovico Di Meo che, mettendo la pezza, allarga ancora di più il buco: difendendo la “leggerezza” della trasmissione, sostiene che l’unico obiettivo di Detto Fatto sarebbe quello di far divertire. Ancora peggio. L’amministratore delegato Fabrizio Salini dichiara la sua indignazione al vertice: «È un episodio gravissimo, che nulla ha a che vedere con lo spirito del Servizio Pubblico e con la linea editoriale di questa Rai». Perfetto. Nel frattempo monta anche la rivolta anti canone: perché – ci si chiede – dovremmo pagare per contenuti simili?
Noi donne siamo ancora così?
La domanda è vecchia, come la nostra televisione e come l’immagine della donna che ci viene restituita. «Siamo così annegati nel mare degli stereotipi da non rendercene neanche conto: la donna che passeggia per le corsie come su un set, coi calzoncini di pelle e i tacchi a spillo, è una figura irreale, costruita sull’immaginario maschile, una specie di Betty Boop con i tronchetti trasparenti, che scambia il supermercato in “posto per cuccare”, una figura che non ha una sua identità ma vive di luce riflessa negli occhi dell’uomo. Agli autori (e a tutti gli altri) è sembrato normale proporre una donna così: vuol dire che lo stereotipo è così innato che non ci accorgiamo di come ci abbia rinchiuso la mente. Chiediamoci piuttosto se noi donne siamo ancora così».
Difficile spogliarci degli stereotipi
È una domanda retorica di cui conosciamo già la risposta. Luciana Marzilli, psicoterapeuta che tutti i giorni ascolta le donne nel suo studio ma anche allo sportello di una delle principali associazioni per il sostegno delle donne (Assolei Donna Onlus), racconta con amarezza di anni di lotte e urla e proteste in piazza per ribaltare gli stereotipi della donna seduttiva e compiacente e per affermare che l’identità delle donne si costruisce non su un corpo ma sulle nostre conquiste nello studio e nel lavoro. «Poi le donne hanno lasciato le piazze per trovare ciascuna la propria strada, ma ora siamo perse in un oceano in cui stiamo annegando. Noi stesse – soprattutto le più giovani – siamo intimamente colluse con gli stereotipi più antichi e finiamo per pensare che avremo dei vantaggi solo se punteremo sulla bellezza e sulla seduzione. L’unico vantaggio è che in questo modo si manterrà inalterato sempre lo stesso schema, con le gerarchie di potere che vogliono gli uomini nelle posizioni di comando».
Dov’è il “riequilibrio di genere”?
Eppure nel mondo timidamente le cose stanno cambiando. Negli Usa alla vicepresidenza c’è Kamala Harris e al Ministero del Tesoro Janet Yellen. L’Italia arranca: siamo ancora al dibattito sulle quote rosa. Solo pochi giorni fa, se ne sono accorti proprio alla Rai dove l’AD Salini ha annunciato per la prima volta nella storia della tv pubblica un “riequilibrio di genere”, sollecitato – sembra – da una lettera scritta da due consiglieri sul fatto che a Rai2 non ci sarebbero donne nei ruoli apicali.
Dallo stereotipo nasce la violenza
Sarà anche per questo motivo che a Detto Fatto vanno spesso in onda questi concentrati di volgarità sessista? In realtà la responsabilità è di tutti, di chi pensa e scrive le sceneggiature, come di chi le controlla, maschi o femmine che siano. Difficile pensare che possa sfuggire l’equazione “i tacchi come slancio all’autostima”. Se a nessuno suona strana, se gli autori la scrivono, qualcuno la dice e gli spettatori ridono e applaudono, vuol dire che siamo ancora immersi, oggi più di ieri, in una cultura che “fa a pezzi” il corpo della donna. Da qui a colpirla in modo violento il passo è davvero breve.