Nessun senso di colpa, nessuna empatia, nessuna capacità di capire la gravità di quello che avrebbe commesso. Tant’è vero che, pochi giorni dopo aver violentato una ragazza fuori dalla discoteca, è stato arrestato mentre passeggiava in centro. Tranquillo, una giornata come tante.

Il telefonino riprende la violenza sessuale

È accaduto ai primi di giugno a Pontedera, in provincia di Pisa. Una violenza sessuale feroce e sadica ai danni di una ragazza durante una serata in discoteca, resa ancora più raccapricciante dal fatto che il giovane individuato come responsabile, avrebbe filmato tutto. La ragazza ha 19 anni, come lui. I due si erano appartati e dopo qualche effusione, la ragazza rifiuta di spingersi oltre mentre lui pretende un rapporto sessuale. Così la violenta in modo brutale, causandole lesioni gravissime, e riprendendo tutto con il cellulare. L’immancabile occhio onnipresente, come se ci rendesse ancora più protagonisti di quello che facciamo.

Nessun senso di colpa

Lei riesce ad andare in ospedale, dove le viene riconosciuta una prognosi da 20 a 40 giorni e resta ricoverata per due settimane. Intanto viene interrogata dalla polizia e attivato il codice rosso. Grazie al nickname di lui su Instagram, lui viene individuato e qualche giorno dopo arrestato. È incensurato, un ragazzo come tanti. «Fino a un certo punto» dice la dottoressa Agnese Scappini, psicoterapeuta psicanalitica. «La lucidità con cui avrebbe compiuto questo gesto è il segno di una personalità sadica e narcisista. Riprendere con il telefono vuol dire posarlo, sistemarlo, inquadrarsi, cioè organizzare lucidamente e in modo preventivo il set della violenza. La violenza sessuale in questo caso è stata agita in modo razionale: in questa vicenda ciò che ci colpisce è che ha predominato la parte cosciente, razionale, programmatrice, quella che ha sede nella zona del cervello meno arcaica, meno pulsionale». Un cervello evoluto? «Semplicemente un cervello razionalmente ben funzionante, ma sganciato dalla realtà» prosegue la dottoressa Scappini.

Una violenza programmata e organizzata

La violenza sessuale contro la donna è arcaica: esiste dalle origini dell’umanità, basti pensare ai miti. Cos’ha di diverso questa violenza programmata, ripresa e custodita come prova dentro al cellulare? «In questo caso, la prepotenza e il sopruso vengono potenziate: non ti basta quello che stai facendo ma devi anche documentarlo. La donna è un trofeo, il video il suo scalpo. Siamo in una dimensione di narcisismo grave, dove non esiste senso di realtà, empatia con l’altra persona e capacità di dare il giusto peso a quello che stai facendo» spiega l’esperta. «Attenzione, non si tratta di infermità mentale: i narcisisti godono nell’acquisire il potere sull’altro, meglio se donna, percepita come oggetto fragile. Non provano senso di colpa né emozioni: sono sganciati dalla realtà, incapaci di riconoscere le emozioni degli altri ma anche le proprie perché avviluppati dentro se stessi e al legame simbiotico originario, quello con la madre. Sono personalità che non si sono sviluppate in modo maturo, sono rimasti “appendici” di un altro essere, senza la possibilità di sviluppare le emozioni, la capacità di sentire l’altro. Ma non sono infermi mentalmente, tutt’altro».

Tanti palcoscenici oggi per i narcisisti

I narcisisti sono sempre esistiti, oggi però i palcoscenici a loro disposizione sono vastissimi. «Poter lasciare traccia di sé, documentare le proprie gesta, rendersi ancora più protagonisti, alimenta il senso di potere sugli altri. Oggi queste gesta sono quasi escrescenze della realtà, manifestazioni estreme e deviate del nostro modo di vivere, dove qualsiasi esperienza vale di più se possiamo documentarla e restituirla agli altri».