Negli ultimi giorni una notizia, e il modo in cui è stata raccontata, mi ha turbato particolarmente. Si tratta del calo delle nascite in Italia: 9.000 bambini in meno nel 2017. Che ha portato a titoli di giornale come “Addio, mamme!”, con tanto di approfondimento sull’età media in cui le donne arrivano a fare il primo figlio, che spesso rimane l’unico. E commenti sul nostro record (negativo): l’Italia è tra i Paesi con il più alto numero di donne senza figli. Ciò che mi stupisce è non aver mai letto un’analisi così accurata sui papà. Di cui, almeno biologicamente, c’è bisogno tanto quanto delle mamme. Anzi, se ci spingiamo oltre la biologia, oggi i papà hanno una responsabilità ancora più importante: se molte di noi scelgono di non procreare, non è tanto a causa del nostro stile di vita o della nostra ambizione ad avere una carriera, quanto del fatto che a occuparsi dei figli siamo sempre e solo noi, le donne.
La notizia del calo delle nascite mi ha turbato anche per tutto il carico di preoccupazioni con cui è stata posta. Preoccupazioni miopi. Perché basta allontanarsi un attimo, allargare il campo e accorgersi che questo minuscolo stivale si trova su un Pianeta che negli ultimi 60 anni ha visto triplicare la propria popolazione. E che, come sempre è stato nella storia dell’umanità, i cali demografici si risolvono con le migrazioni.
Sarebbe stata una buona occasione per spiegare che dei migranti abbiamo un disperato bisogno come base contributiva per mantenere gli attuali standard del nostro welfare. Che sbagliamo ad avere paura perché, come ricorda Emma Bonino, «nel 2016 in Italia c’è stato il massimo degli sbarchi e il minimo degli omicidi dal 1992». E che le iniziative che guardano lontano sono quelle del Museo Egizio, che offrendo l’ingresso omaggio ai visitatori arabi, promuove l’integrazione culturale, la più importante.
Detto ciò, il tasso di natalità si abbasserà anche tra i nuovi italiani, quando saranno davvero integrati. Tra 50 anni potremmo trovarci ad affrontare “seriamente” il problema dell’invecchiamento. Ecco perché, nel frattempo, dobbiamo far sì che questo divenga, sempre di più, un Paese per mamme e papà.