Le università italiane crescono, sia in Europa che nel mondo, entrando nella Top Ten delle classifiche in diverse facoltà. E lo fanno soprattutto nei settori STEM, l’area tecnico-scientifica nella quale anche le donne, seppure ancora poche, sono molto richieste. Segno che la formazione accademica nel nostro Paese gode di sempre maggiore considerazione, come prova il fatto che un numero crescente di recruiters, coloro che cercano talenti da inserire nelle proprie aziende, osserva con attenzione i profili dei giovani laureati italiani. A confermarlo è Ben Sowter, responsabile ricerca e analisi di Qs University Rankings, che ha preso in esame i principali atenei del mondo, stilando l’annuale classifica. L’Italia scala diverse posizioni, piazzando 18 università nella Top 100, in 36 discipline, per un totale di 44 presenze per gli atenei italiani su 48 presi in considerazione a livello mondiale.

La classifica mondiale

Ai primi tre posti si trovano due tra le più famose e prestigiose università americane: Harvard a Boston e il Massachussets Institute of Technology (MIT) di Cambridge. A seguire Oxford e l’University College of London, entrambi nel Regno Unito. Ma se negli anni proprio gli atenei degli Stati Uniti hanno visto perdere qualche posizione, quelli italiani crescono.

Tra le italiane, ad eccellere sono La Sapienza di Roma, prima al mondo nell’area classica e della storia antica. Ma anche il Politecnico di Milano non sifgura e si trova nella Top 10 in ben tre discipline: 6° in Arte & Design (una posizione in meno rispetto al 2018), 7° in Ingegneria meccanica e in Ingegneria civile, guadagnando rispettivamente 10 e 2 posizioni. In Architettura è 11°. Bene anche la Bocconi, 8° ottava al mondo per Business & Management (+2), 16° in Economia e 18° in Finanza. Il Politecnico di Torino entra per la prima volta nella classifica di Ingegneria Mineraria, al 24° posto. Tra le new entry italiane di quest’anno ci sono anche l’Università di Bologna con Odontoiatria (44° posto) e l’ateneo di Pisa per Scienze Bibliotecarie (50° posto).

Nella Top 50 si trova anche Padova, 36° in Anatomia (anche se in calo di 11 posizioni).

Le italiane in Europa

Se l’Italia è al 7° posto per numero di università in classifica, a livello europeo sale al 4° posto, alle spalle di Regno Unito, Germania, Francia. È Milano la città italiana che ospita più università presenti nella classifica Qs con 7 atenei, seguita da Roma con 4 e Pisa con 3, mentre Bologna e Padova ne contano uno solo.

L’area in cui ci sono più università italiane è quella delle Scienze della vita-Medicina, con 41 atenei censiti. Ben rappresentate anche le discipline di Fisica e Astronomia, Medicina ed Economia & Econometria. Se La Sapienza di Roma vanta il primato nella categoria Studi classici e Storia antica, infatti, va detto che i migliori risultati si ottengono soprattutto nelle aree scientifiche, mediche ed economiche, che sono anche quelle che, secondo gli esperti, offrono maggiori e migliori opportunità di lavoro.

Le lauree che danno più lavoro

È ancora la classifica QS a indicare gli atenei italiani i migliori quanto a capacità di creare lavoro, la cosiddetta Employabiliy, dunque di offrire una preparazione con la quale entrare più facilmente e velocemente nel mondo del lavoro. Considerando tutto il mondo e tutte le discipline, i nostri fiori all’occhiello sono il Politecnico di Milano (36° al mondo), seguito dalla Sapienza (98°) e dall’Università Cattolica di Milano (101° a pari merito con una decina di atenei stranieri). Al quarto posto c’è poi l’Alma Mater di Bologna (111°), mentre a chiudere la Top 5 si trova il Politecnico di Torino (121°). Tra le università, poi, i recruiters italiani indicano un’attenzione particolare anche a Luiss, Liuc di Castellanza, Bocconi e Università statale di Milano.

Va detto che se si vuole trovare lavoro gli esperti non hanno dubbi: occorre puntare sulle materie tecnico-scientifiche, in particolare le discipline come Ingegneria, Informatica e la Statistica, che secondo i dati di Confidustria, è in fortissima ascesa. I riscontri arrivano direttamente dalle aziende, che cercano personale specializzato da inserire nei propri organici come Data Scientist, esperti di dati e informatica, ma con una formazione di base di tipo statistico.

Altri settori molti gettonati sono quelli della chimica e della biologia, che le imprese richiedono a prescindere dall’ateneo dal quale escono i laureati. È sempre l’osservatorio privilegiato di Confindustria a indicare anche altre nuove figure professionali che sono molto ricercate: sono coloro che seguono il Sistema ITS che raggruppa i percorsi di Specializzazione Tecnica Post Diploma. Si tratta di super periti che nel 90 per cento dei casi trovano lavoro entro un anno dalla maturità. Spesso sono le stesse aziende che offrono loro un percorso formativo altamente specializzato e professionalizzante, tramite tirocinio.

Quale formazione e quali i lavori più richiesti

Il report The X Factory di Confidustria, presentato in occasione della 25esima Giornata nazionale Orientagiovani, indica quali sono i fabbisogni lavorativi per il periodo 2019-2021. Su poco meno di 200mila (193mila) posti di lavoro a disposizione nel prossimo triennio, la maggior parte riguarda la meccanica (68mila). I profili più richiesti sono sia laureati che diplomati: “Circa un terzo dei posti saranno disponibili per professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione (come ingegneri, progettisti e specialisti in scienze informatiche) e per professioni tecniche come tecnici della gestione dei processi produttivi e conduttori di impianti produttivi” spiega Confindustria. A seguire si trova il settore ICT, con 45 professionisti dell’industria elettrica, elettronica, ottica, medicale, oltre ad analisti programmatori e sviluppato di software e App nel campo delle telecomunicazioni e informatica).

Sono richieste anche figure nell’area alimentare (30mila), tessile (21mila), chimica (18mila), legno-arredo, che rappresentano anche i sei settori più rilevanti del Made in Italy. “Gli imprenditori cercano con urgenza figure professionali che in 1 caso su 3 sono di difficile reperimento, vista la scarsità complessiva dell’offerta formativa, che è carente soprattutto per le competenze tecnico-scientifiche medio-alte” spiega l’organizzazione degli industriali italiani.