Chi si salva da un’ustione importante ha davanti a sé un lungo percorso di cure difficili e dolorose. E per mesi convive con l’angoscia di non sapere come sarà il suo aspetto una volta guarito. Ma i laboratori di ricerca di tutto il mondo stanno lavorando per migliorare la vita di questi pazienti e i risultati sono eccezionali.
«Le ustioni più gravi sono quelle chiamate di terzo grado ed è per queste in particolare che si stanno cercando nuove soluzioni» racconta Franz W. Baruffaldi Preis, direttore del Centro ustioni e chirurgia plastica ricostruttiva dell’ospedale Niguarda di Milano. «Si tratta in pratica di lesioni profonde, che coinvolgono epidermide e derma e che si possono risolvere solo con innesti di pelle da effettuare con interventi chirurgici».
Oggi se le zone ustionate sono molto estese, oppure in parti del corpo particolarmente delicate, la terapia prevede diverse fasi: innanzitutto gli innesti di pelle da donatore, una prima cura che dura circa due settimane e stimola la zona ustionata a ricostruire gli strati di derma e di epidermide. A quel punto si interviene con l’autotrapianto di epidermide del malato. Ogni procedura è accompagnata da sedute spesso sotto anestesia, per sostituire le medicazioni e disinfettare le zone. Sono dunque tempi lunghi da trascorrere in ospedale, durante i quali il malato deve essere tenuto costantemente sotto controllo per evitare il rischio di infezioni. Ma qualcosa sta cambiando.
La tecnica che evita i rigetti
L’ultimo studio è appena partito all’Azienda ospedaliera-universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino e promette una terapia che potrebbe essere rivoluzionaria. Per guarire le ustioni vengono prelevati lembi di pelle da altre zone del corpo del paziente, ma se le bruciature sono molto estese questo non è sempre possibile.
Con la nuova tecnica basta una piccola biopsia cutanea del paziente per creare in laboratorio fogli di derma ed epidermide. Il metodo è unico nel suo genere perché da un prelievo di pelle grande circa quanto un francobollo, si ottiene una superficie che è decine di volte più grande e che si può impiantare nelle zone ustionate, senza i rischi di rigetto che possono esserci quando si ricorre a un donatore. In più, la prima fase dello studio condotta su bambini ha dimostrato che l’aspetto estetico dell’intervento è buono e le cicatrici meno evidenti.
L’enzima che “mangia” i tessuti
Ma se di questa innovativa terapia al momento beneficia solo chi è all’interno dello studio clinico, altre sono già a disposizione di tutti nei centri superspecializzati. Come il farmaco che riesce a sostituire il bisturi nella primissima fase di cura. Dopo un’ustione infatti nella zona si forma un tessuto morto e spesso (si chiama escara) che deve essere eliminato perché altrimenti ostacolerebbe la guarigione. L’intervento viene eseguito sotto anestesia e rappresenta un fattore in più di dolore. Ma ora si può ricorrere a un gel che semplifica enormemente le cose.
«È un mix di enzimi chiamati proteolitici» spiega il professor Baruffaldi Preis. «Viene applicato nella zona da trattare e lasciato per circa quattro ore, in modo da dare il tempo agli enzimi di inglobare l’escara. Il vantaggio con questa procedura è che le cellule nella zona ustionata rimangono più attive rispetto a quando si utilizza il bisturi. E non è poco. Una volta asportato il gel, si procede subito con innesti di pelle da donatore, con probabilità maggiori di guarigione già nell’arco di due settimane».
Il collagene che arriva dagli squali
All’apparenza sembrano fogli sottili di tessuto, ma tra le maglie sono contenute le stesse proteine presenti nell’organismo dello squalo. È una vera e propria pelle artificiale che favorisce la formazione della cute nei casi di ustione molto gravi. «Tutto è iniziato dall’osservazione degli squali che guariscono rapidamente in caso di lesioni anche profonde come il distacco parziale di una pinna» racconta il professor Baruffaldi Preis. «Da qui sono partiti gli studi che hanno dimostrato un’efficacia proprio nel caso di ustioni gravi. La proteina che usiamo in laboratorio viene estratta dal collagene dello squalo e ha la capacità di stimolare l’organismo del paziente nella ricostruzione delle strutture che compongono gli strati dell’epidermide».
Questi “fogli” sono composti da due strati e quello esterno è formato da un particolare tessuto biotecnologico che isola la pelle dalla contaminazione batterica e tiene lontano il rischio di infezioni. «La terapia ha una durata di tre settimane. Si crea così una superficie sulla quale innestare cute prelevata dal paziente stesso» sottolinea il professor Baruffaldi Preis. Il vantaggio di questa cura così innovativa è ancora più interessante se si pensa ad alcuni pazienti più fragili e a rischio. «Oggi sappiamo per esempio che se un paziente con una grave ustione soffre anche di diabete ha un rischio più elevato di altri di andare incontro a infezioni durante il lungo percorso delle terapie» spiega il professor Baruffaldi Preis. Per queste persone la terapia che arriva dal mare è sicuramente un aiuto in più.
Un check up per le bruciature
Le ustioni leggere e poco estese non richiedono cure particolari e guariscono da sole. Soprattutto se non riguardano zone delicate del corpo, come il viso. Ma c’è un segnale che non va trascurato. Quando la bolla piena di siero “scoppia” o si sgonfia va controllata la superficie della pelle. Se è bianca o presenta dei puntini bianchi bisogna rivolgersi a un medico o a un centro specializzato. Perché è in corso un’infezione.
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