La parola d’ordine resta distanziamento: anche in spiaggia bisognerà prevedere spazi adeguati e misure di prevenzione contro il coronavirus. A patto che si arrivi a una fase in cui ci sia il via libera per farle, le vacanze al mare. Ma visto che si tratta di un settore cruciale per la nostra economia, gli esperti sono al lavoro insieme ai gestori di stabilimenti balneari, ristoratori e titolari di locali per mettere a punto nel norme della fase 2 e della fase 3.
Le regole in spiaggia
L’ «effetto sardine» dovrebbe essere scongiurato. A prometterlo sono i titolari delle concessioni demaniali che premono per una riapertura, già decisa in quattro regioni (Liguria, Emilia Romagna, Veneto e Abruzzo) per consentire la manutenzione delle spiagge: «Occorrono in media un mese e mezzo/due per le operazioni di preparazione e sanificazione necessarie. In questi giorni siamo in contatto con il ministero del Turismo che, con il Comitato tecnico scientifico del Govern,o sta mettendo a punto le linee guida per riaprire quanto prima» spiega Marco Maurelli, presidente nazionale di Federbalneari Italia.
In arrivo ci sono misure come la prenotazione obbligatoria di ombrelloni, sdraio e lettini per scongiurare il sovraffollamento, insieme a sanificazioni frequenti degli spazi comuni come gli spogliatoi, come avviene già per gli esercizi commerciali (due volte al giorno). Ma dovremo portare le mascherine anche sul bagnasciuga? «Sicuramente sì, così come ci sarà il distanziamento. Ciò che invece non ci sarà in alcun modo sono barriere di plexiglas ipotizzate da qualcuno: è un’idea folle, che renderebbe le spiagge dei forni. Aspettiamo, piuttosto, che ci vengano indicate le esatte distanze per gli ombrelloni perché, a differenza dei ristoranti, non esistono al momento indicazioni specifiche da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità» spiega Maurelli. «I criteri di sicurezza seguiti finora non cambieranno. Il problema non è solo quello delle goccioline che possiamo disperdere tramite la bocca o il naso, ma anche un possibile contagio da contatto con superfici infette, frequentate da molte persone nell’arco di pochi minuti» spiega Paolo D’Ancona, epidemiologo e ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità, che aggiunge: «Paradossalmente è molto più semplice gestire la riapertura di una fabbrica, dove il titolare ha a cuore per prima cosa la salute dei propri dipendenti e l’organizzazione migliore delle misure di prevenzione, inclusa la formazione dei suoi dipendenti».
Chi vigila?
Un aspetto delicato riguarda il rispetto delle norme: chi controllerà la distanza minima tra ombrelloni (2,5/3 metri?) e che tutti indossino le mascherine non appena si allontanano dalle proprie sdraio? «All’interno degli stabilimenti c’è già personale addetto a controlli, così come resterà la possibilità da parte di Guardia costiera o polizia locale di effettuare ispezioni. La criticità è rappresentata dalle spiagge libere, dove ai compiti di salvataggio e pulizia in capo ai Comuni si dovrà aggiungere quello del rispetto delle regole anti-Covid» spiega Maurelli.
«Il rischio in un luogo affollato come uno stabilimento balneare è identico a quello che si corre andando a fare la spesa: sia individuale che di salute pubblica. Si potrebbe ingenerare un aumento della trasmissione, che vanificherebbe i risultati che abbiamo raggiunto finora faticosamente» dice D’Ancona, ricercatore del Reparto di Epidemiologia delle Malattie infettive dell’ISS.
Come cambieranno gli alberghi
È in arrivo un rivoluzione anche negli hotel, dove quasi certamente si rinuncerà alle colazioni a buffet: «Sicuramente si dovranno garantire le distanze previste dalle norme per i ristoranti. Piuttosto del buffet, sarà privilegiato il servizio in camera, debitamente sanificata, ma molto dipenderà dalle dimensioni dei locali. Per pranzi e cene attendiamo le indicazioni di un protocollo nazionale che abbiamo chiesto al ministero del Turismo. Però vogliamo rassicurare su due punti: per le prenotazioni abbiamo esortato le 27mila strutture del nostro Paese ad essere flessibili sulle norme di cancellazione, in modo da assicurare la possibilità di non perdere anticipi; a chi prenoterà per luglio e agosto, invece, vogliamo assicurare che sarà una vacanza, non un soggiorno in ospedale. Entrando in sala da pranzo, insomma, non si sentirà in una sala operatoria, pur avendo la garanzia della massima sicurezza sanitaria, perché dovrà godersi la vacanza» spiega Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi.
Locali, bar e ristoranti
Per locali pubblici, bar e ristoranti l’OMS ha già contemplato misure nel piano pandemico: ad esempio, nei locali non possono esserci più di 4 persone ogni 10 metri quadri, mentre nei ristoranti deve essere garantita la distanza di almeno 1 metro tra il dorso di due sedie vicine. «Per i bar in spiaggia dobbiamo attendere, perché è la prima volta che ci troviamo in questa situazione e al momento non ci sono norme specifiche né per quelli chiusi, né per i chioschi all’aperto» spiega Maurelli.
«Oggi non esiste una scelta vincente, ma solo una serie di opzioni che vanno valutate, dalle quali scegliere le combinazioni appropriate. Ogni Paese sta decidendo, anche in modo differente» spiega l’epidemiologo D’Ancona, anche di fronte al fatto che in alcune realtà come nel nord Europa si sta già riaprendo.
Autocertificazioni e App in vacanza?
Dagli hotel al mare agli agriturismi di collina e rifugi di montagna, dunque, occorrerà attendere. Ma è immaginabile che sia richiesta una certificazione, tipo “patentino”, che attesti la non positività al coronavirus per accedere alle strutture turistiche e ai locali pubblici? «Noi gestori di stabilimenti balneari non la escludiamo, insieme alla misurazione della febbre all’ingresso, ma bisognerà tenere conto anche di eventuali asintomatici e dunque delle necessarie misure di distanziamento» conclude Maurelli. Misure alle quali si dovrebbe aggiungere anche l’uso della App che la task force incaricata dal Governo sta mettendo a punto per il tracciamento dei contagiati.