I primi campanelli d’allarme sono arrivati oltre un mese fa, ai primi di marzo, di fronte al rallentamento nelle vaccinazioni tradizionali e in concomitanza con l’esplosione della pandemia da coronavirus. Dopo l’Unicef anche l’Onu ha avvertito: «Oltre 117 milioni di bambini potrebbero essere colpiti dalla sospensione delle attività di immunizzazione programmate» ha chiarito il Measles and Rubella Iniziative. Le attenzioni sono puntate su morbillo e rosolia, di cui potrebbero esserci nuovi focolai. Anche nel nostro Paese la Società Italiana di Pediatria (SIP) conferma: «Ci sono state interruzioni nelle attività vaccinali o per il timore dei genitori di esporre i figli a rischio di contagio da coronavirus, o perché gli stessi centri vaccinali hanno modificato il calendario previsto, posticipando gli appuntamenti» spiega Rocco Russo, Responsabile del tavolo vaccinazioni della SIP.
Perché sono state sospese le vaccinazioni
Sono 24 i Paesi che hanno volontariamente sospeso i programmi vaccinali, ufficialmente per assicurare una tutela sanitaria agli operatori o per evitare possibili occasioni di contagio. È il caso anche di molti ambulatori italiani, dove per evitare assembramenti nelle sale d’attesa, è stato deciso di spostare le date degli appuntamenti, rinviandoli o persino cancellandoli: «Ci sono giunte numerose segnalazioni di interruzioni o modifiche dei calendari, non giustificate però da alcuna circolare del ministero della Salute e questo rende la situazione ancora più grave per le conseguenze che si possono avere» spiega Russo.
Che rischi si corrono a spostare troppo
«La somministrazione delle dosi deve rispettare una tempistica ben precisa. Per quanto riguarda le vaccinazioni del primo ciclo, quelle pediatriche eseguite nel primo anno di vita dei bambini, se non si rispettano gli intervalli previsti si rischia di non avere una risposta immunitaria adeguata da parte dell’organismo». In pratica, non è garantito che il vaccino stesso sia efficace come dovrebbe o che l’organismo, in presenza della malattia, risponda in modo adeguato «Il calendario vaccinale non può essere anticipato. Qualche positicipo è ammesso, ma solo nel caso di richiami ed entro un tempo ragionevole, di uno o due mesi per non rischiare di vanificare l’efficacia delle vaccinazioni e la copertura immunologica» spiega Russo, che aggiunge: «Il rischio è di passare da una pandemia da coronavirus a diverse epidemie di malattie prevedibili e gestibili con un vaccino tradizionale».
Non si deve temere il Covid-19
«Quello che percepiamo è un’ansia diffusa tra le mamme e i papà, che hanno il timore di esporre i figli a contagio da coronavirus negli ambulatori vaccinali, in un periodo di pandemia. Ma si tratta di una paura infondata: la maggior parte dei centri vaccinali funziona regolarmente, come dovrebbe essere, nel rispetto delle norme di distanziamento e dopo un adeguamento alle disposizioni di legge» spiega Russo, in riferimento all’uso di mascherine e altri dispositivi di protezione individuale.
Perché, allora, alcuni ambulatori hanno deciso di sospendere le attività o modificare i calendari? «Gli ambulatori non sono stati chiusi né il personale è stato dirottato a centri COVID-19. Si tratta di iniziative autonome, non motivate da circolari o indicazioni del ministero della Salute, né accettabili perché si tratta LEA, Livelli Essenziali di Assistenza. Anchel’OMS ha esortato a proseguire le campagne di vaccinazione» spiega il pediatra della SIP.
Cosa fare in caso di rinvio del vaccino?
«Se un centro vaccinale decide in maniera arbitraria di spostare la data dell’appuntamento, il genitore deve pretendere invece che la vaccinazione sia eseguita. Oppure, visto che le convocazioni avvengono tutte tramite lettere della Asl, può chiedere un’attestazione ufficiale con i motivi del rinvio e contenstualmente un nuovo appuntamento, che non dvrà essere fissato oltre i tempi previsti dalle singole vaccinazioni. Naturalmente va tenuto conto della situazione di emergenza: se il rinvio è di una settimana, per problemi di organico, non ci sono contrindicazioni, così come se lo spostamento avviene entro uno o due mesi» consiglia l’esperto.
Il vaccino e possibili controindicazioni
Non esistono controindicazioni alla somministrazione dei vaccini tradizionali in tempo di pandemia da COVId-19. Le vaccinazioni non indeboliscono l’organismo: «Gli studi non lasciano dubbi: la risposta post vaccino può essere asintomatica o avere manifestazioni lievi (febbricola o dolore nella sede dell’iniezione) che si risolvono generalmente in 48 ore, ma non inficia la capacità di reazione degli anticorpi e non espone a maggiore rischio di contrarre il COVID-19» spiega Rocco Russo.
L’Oms ha emanato un documento con le raccomandazioni per gestire in sicurezza il percorso vaccinale, che non va interrotto, ma proseguito con le adeguate misure di prevenzione: igiene e aerazione dei locali, lavaggio frequente delle mani, rispetto del distanziamento e delle norme da parte degli operatori sanitari, ecc. «Il problema non è strettamente sanitario, quanto emotivo, come dimostra anche il drastico calo degli accessi agli ospedali. Per timore di contagio i genitori procastinano nel tempo le cure ospedaliere fino ad arrivare a gravi complicanze dovute al ritardo prorpio nella diagnosi e cura della specifica patologia» spiega il pediatra. Un esempio è la diminuzione dei casi di appendicite, mentre sono aumentate le peritoniti.
Il vaccino anti-influenzale è utile per i bambini?
Proprio mentre calano le vaccinazioni tradizionali, la Regione Lazio ha annunciato l’estensione del vaccino anti-influenzale per la prossima stagione invernale a tutti bambini: «Le attuali raccomandazioni del nostro Sistema Sanitario Nazionale prevedono un’offerta vaccinale solo ai bambini con patologia cronica, oltre agli adulti a rischio (anziani e soggetti con problemi cardiovascolari, respiratori, ecc. NdR). Estenderla a tutta la popolazione pediatrica, come accade negli Usa dove è gratuita dal 6° mese di vita, comporta un’organizzazione anche territoriale, dal momento che va ripetuta ogni anno. Il vantaggio, però, sarebbe di evitare un’eventuale doppia infezione, sia da influenza stagionale che da coronavirus, che potrebbe aggravare il quadro clinico» spiega Russo.
Il vaccino anti-influenzale non protegge dal coronavirus ma evita la doppia infezione
«Va tenuto presente comunque che un eventuale vaccino anti-influenzale, pur aumentando la protezione, non garantisce una copertura nei confronti del coronavirus, né esclude che si possano avere altre forme virali o parainfluenzali dovute a virus differenti da quello stagionale. Insomma, se si presentassero febbre e tosse non si avrebbe la sicurezza che sia COVID19, accertabile solo tramite tampone nasofaringeo» spiega l’esperto.