Il vaccino antinfluenzale potrebbe aiutare nel caso di una temuta seconda ondata di coronavirus. Ne è convinta la maggior parte della comunità scientifica, e una circolare del ministero della Salute del 5 giugno ha raccomandato l’estensione della copertura anche ai più giovani, a partire dai bambini. A muoversi in questa direzione ci sono anche alcuni governatori: la Regione Lazio ha reso obbligatoria con un’ordinanza la vaccinazione antinfluenzale e antipneumococcica per tutti gli over 65 e gli operatori sanitari. Il vaccino sarà poi raccomandato (ma non obbligatorio) dai pediatri laziali ai bambini tra i 6 mesi e i 6 anni e la campagna sarà anticipata al 15 settembre.
Ogni Regione si sta organizzando
Altre Regioni hanno deciso di partire la prima settimana di ottobre (solitamente era a novembre), come nel caso del Friuli-Venezia Giulia, che ha aumentato del 40% le dosi ordinate: saranno disponibili 350.000 vaccini in più. Lo stesso vale per Lazio (2,4 milioni) Puglia (2,1), Veneto (1,4), Piemonte (1,1). L’obiettivo è tutelare la salute pubblica e quella individuale dei soggetti più fragili. «La stagione influenzale, specie per gli anziani, porta ingorghi nei pronto soccorso perché aumenta il numero di ammalati. Gestire una seconda ondata di Covid-19 diventerebbe complesso» spiega l’epidemiologo Paolo D’Ancona, ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità. «La vaccinazione, poi, riduce la circolazione del virus influenzale tra la popolazione. Estendere inoltre la copertura ai bambini significa abbassare la probabilità che possano veicolarlo ai nonni».
La diagnosi è più chiara e veloce
Finora il vaccino antinfluenzale è stato offerto gratuitamente agli over 65, ma solo il 60% dei destinatari ha aderito alle ultime campagne. Quest’anno alcune Regioni come il Piemonte hanno già annunciato la somministrazione dai 60 anni in su a carico del Servizio sanitario nazionale, venendo incontro all’appello della Federazione degli Ordini dei Medici, che aveva esortato a estendere la copertura persino agli over 55 per poter individuare prima e meglio nuovi eventuali focolai di coronavirus.«La vaccinazione antinfluenzale riduce la confusione tra influenza e Covid, che possono avere sintomi simili» spiega Paolo Bonanni, ordinario di Igiene all’università di Firenze. Una maggiore copertura vaccinale ridurrebbe anche il rischio di sovraesposizione, specie nelle persone più fragili: «In inverno circolano molti più agenti infettivi. E oggi sappiamo che i virus aprono la strada a molte infezioni batteriche» spiega Bonanni. «Da una ricerca condotta in Cina a giugno è emerso che oltre il 90% dei pazienti in terapia intensiva per Sars-CoV-2 aveva sovrainfezioni batteriche, alcune delle quali sono prevenibili con vaccini, come la polmonite batterica evitabile con l’antipneumococco. E da un altro studio in laboratorio condotto a Hong Kong sembra che l’influenza aumenti il numero di recettori dell’apparato respiratorio utilizzati dal coronavirus per attaccare l’organismo: di fatto, dunque, agevolerebbe l’infezione. Insomma, potremmo dire che è come avere a che fare con un’associazione a delinquere nella quale ciascun componente indebolisce le difese immunitarie e facilita l’azione dannosa dell’altro».
Quale scegliere?
Una caratteristica dei virus influenzali è la rapidità con cui mutano, che dà luogo a più ceppi. «A influire sull’efficacia di un vaccino contribuiscono sia fattori individuali, come età, condizioni generali di salute, risposta individuale, sia le caratteristiche del vaccino stesso. Fino a qualche tempo fa era disponibile solo il trivalente, che protegge da 3 ceppi principali: 2 di tipo A (H1N1 e H2N2), più pericoloso, e uno di tipo B, meno aggressivo e che colpisce principalmente i giovani. Ogni anno, a febbraio, l’Organizzazione mondiale della sanità indica quale ceppo B si stima sia predominante nella stagione influenzale. Ma, proprio come per il meteo, la certezza assoluta non esiste e la probabilità di “mismatch”, cioè di mancata corrispondenza, è pari al 50%. Perciò dal 2012 l’Oms ha suggerito l’uso di un vaccino antinfluenzale quadrivalente che contiene entrambi i ceppi B» spiega Bonanni. Nel frattempo è stato sviluppato anche un vaccino trivalente adiuvato, cioè con aggiunta di un potenziatore della risposta immunitaria: «Nonostante sia trivalente, quindi possa sembrare meno protettivo, è particolarmente indicato negli anziani perché li aiuta a formare anticorpi» spiega Bonanni. Pensando sempre agli over 65, è disponibile da quest’anno in Italia anche il primo vaccino quadrivalente HD ad alto dosaggio, che contiene una dose di antigene 4 volte maggiore: dopo il via libero europeo, l’autorizzazione è stata pubblicata anche in Gazzetta ufficiale il 16 maggio scorso e dall’autunno dovrebbe partire la distribuzione. Già in uso nella formulazione trivalente da 10 anni negli Usa e in Canada, permette di ridurre i rischi di complicanze gravi da influenza, come polmoniti, malattie cardiovascolari e ictus. Il dipartimento di Scienze della salute dell’università di Genova ha contribuito ai trial clinici autorizzativi a livello europeo, che ne hanno dimostrato l’efficacia.
Spetta alle Regioni decidere la tipologia
Ma se chiunque può acquistare un vaccino in farmacia (costa dai 6 ai 20 euro) rivolgendosi al proprio medico per la somministrazione, chi lo otterrà gratuitamente dalle Asl o dai medici convenzionati non può sceglierne il tipo: «Sono le Regioni a organizzare le campagne vaccinali, ordinando quantità e prodotti che ritengono necessari» spiega D’Ancona. Per questo si verificano situazioni a macchia di leopardo: «Il Veneto, per esempio, ha messo a gara un maggior quantitativo di quadrivalente, Emilia e Campania in pari quantità, mentre Lombardia, Piemonte e Sardegna hanno optato per il trivalente e la Toscana, pur ordinando anche il vaccino adiuvato, ne avrà in numero inferiore rispetto alle necessità stimate dal Gruppo tecnico regionale per le vaccinazioni per gli over 70» spiega Bonanni, che comunque non ha dubbi sull’utilità della copertura vaccinale: «Va chiarito che l’antinfluenzale non è comparabile ad altri vaccini come quello contro l’Hpv (il papilloma virus, efficace quasi al 100%) o per il morbillo (oltre il 90%). Sarebbe come paragonare una Ferrari, una Maserati e una buona utilitaria. Io credo, però, che l’utilitaria sia sempre meglio che andare a piedi!».
L’esempio dell’Australia
Gli esperti sono unanimi nel ritenere che l’estensione vaccinale, insieme alle misure di protezione (mascherine, lavaggio delle mani e distanziamento), ridurranno la circolazione dell’influenza. «È quanto accaduto in Australia, dove la campagna vaccinale è avvenuta nella nostra primavera e i casi di influenza sono drasticamente calati» spiega Paolo D’Ancona. Tra marzo e aprile 2020 sono state erogate 8,8 milioni di dosi vaccinali, 2 milioni in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. In compenso le diagnosi di influenza sono scese dalle 132.000 del 2019 alle 21.000 del 2020, con le vittime passate da 430 dello scorso anno alle 36 di quest’anno.