Nei frigoriferi sono già pronte fiale per 1,5 milioni di dosi pediatriche, da 10 microgrammi. E le Regioni si stanno organizzando per accogliere piccoli e genitori: c’è chi lo fa negli hub (ma con un percorso riservato ai bambini, hanno promesso dal Comitato tecnico scientifico), chi ha allertato i pediatri e chi, come la Puglia, punta perfino sulle somministrazioni nelle scuole. La campagna di immunizzazione anticovid per i bambini tra i 5 e gli 11 anni, in partenza in questi giorni, per il momento userà solo le fiale Pfizer e i bimbi riceveranno 2 dosi. Niente Green Pass per loro, men che meno obblighi di vaccinazione ma l’iniezione è “fortemente raccomandata” e, a sentire ministri e virologi, addirittura urgente.

«Non si tratta solo di alzare l’asticella della protezione e far circolare meno il virus» chiarisce subito la pediatra infettivologa Elena Bozzola, coordinatrice della Commissione scientifica della Società italiana di pediatria (Sip). «Con la variante Delta sono aumentati i casi. Gli under 19 sono il 25% dei contagiati, i bambini tra i 6 e gli 11 anni già infettati sono 263.000. Abbiamo contato 1.500 ricoveri, anche tra bimbi sani, senza particolari condizioni di rischio».

Al contrario di quanto si è sentito ripetere all’inizio della pandemia, la comunità scientifica oggi considera il virus rischioso anche in età pediatrica e, secondo uno studio inglese, ogni 100 piccoli malati 2 si ritrovano a fare i conti con il long Covid. Tra i genitori però serpeggiano i dubbi: per i nostri figli, ci si chiede, il vaccino è così sicuro come dicono? E a un bambino sano e forte serve veramente? Dati alla mano, abbiamo provato a capire perché la comunità scientifica è così certa della innocuità della vaccinazione. E per farlo ci siamo affidati a due pediatri esperti.

Vaccino Pfizer e sperimentazione sui bambini

Si dice che il vaccino Pfizer sia stato sperimentato su un numero troppo piccolo di bambini. È vero?

«Alla sperimentazione hanno partecipato circa 2.300 bimbi tra i 5 e gli 11 anni. Non è un numero basso ma le certezze si basano anche su altri dati: da novembre a oggi, il vaccino è stato già somministrato, tra Usa e Canada, a più di 4,5 milioni di bambini e gli studi di sorveglianza non hanno rilevato alcun problema grave, neanche raro» rassicura la dottoressa Bozzola che lavora all’ospedale Bambino Gesù di Roma.

Perché ai bimbi si è deciso di dare un terzo della dose?

«Quando si sperimenta un farmaco nuovo sui bambini si riadatta la dose per adeguarla al peso e alla superficie di un organismo più piccolo» spiega Gian Luigi Marseglia, direttore della Clinica pediatrica del Policlinico San Matteo di Pavia e presidente della Società italiana di allergologia e immunologia pediatrica. «In questo caso è stato visto che un terzo è sufficiente per determinare la risposta immunitaria adeguata».

I bambini corrono più rischi?

Il bambino ha comunque un organismo diverso dall’adulto, corre dei rischi in più?

«I bambini non sono adulti in miniatura, il loro è un organismo in continua evoluzione» continua il dottor Marseglia. «A crescere è anche il sistema immunitario, che ogni giorno viene stimolato da migliaia di virus e batteri e che impara a proteggere l’organismo. Proprio questo continuo stimolo lo rende più agile, anche nei confronti dei vaccini. In pratica, reagisce in maniera più efficace generando meno effetti collaterali».


Il vaccino è raccomandato anche ai bimbi allergici e asmatici, tranne quelli con forme gravi. la Società italiana di allergologia e immunologia pediatrica ha pubblicato un decalogo per le famiglie su siaip.it


Effetti collaterali: cosa dobbiamo aspettarci?

«Nei bambini compaiono febbre, dolori muscolari o al braccio, ma sono molto ridotti rispetto agli adulti» risponde la dottoressa Bozzola. «In questi giorni molte famiglie sono spaventate dalle miocarditi, le infiammazioni al cuore di cui si è tanto parlato per gli adolescenti. Ma il rischio che i bambini vadano incontro a questo effetto collaterale è ancora più basso rispetto agli episodi già rarissimi dei ragazzi, tutti risolti con il riposo e le cure farmacologiche. In Europa i casi legati al vaccino hanno riguardato solo una persona ogni 175.000. Chi si ammala di Covid, invece, rischia una miocardite in 2 casi su 100.000, e in una forma ben più impegnativa, che spesso richiede il ricovero».

Cosa sappiamo sugli effetti a lungo termine?

Non è possibile conoscerli adesso, ma secondo gli esperti non ci sono meccanismi biologici che giustifichino i timori.

«Anche con il vaccino contro morbillo e rosolia vediamo le reazioni nelle prime 24, 48 ore, mai a lunga distanza» continua la dottoressa Bozzola. «Tra le voci più insistenti c’è quella che il vaccino provochi infertilità, ma questa notizia è nata da un falso rapporto circolato su internet: secondo la fake news la risposta immunitaria prodotta dal vaccino sarebbe in grado di danneggiare una proteina spike coinvolta nella crescita della placenta. E quindi, un domani, creare problemi a chi decide di avere un bambino. Peccato che questa spike non abbia nulla a che vedere con quella del coronavirus!».

Questo vaccino è diverso da quelli che abbiamo somministrato finora ai nostri figli?

«Cambia la metodologia con cui è costruito, ma se guardiamo agli effetti sul nostro organismo, è come gli altri» sottolinea il dottor Marseglia. «La differenza sta solo nel fatto che anziché servirsi del virus o di “pezzi” di virus, utilizza la sua informazione genetica per stimolare la nostra risposta immunitaria».

Il vaccino non può provocare malattie autoimmuni

Quindi non è vero che il vaccino può provocare malattie autoimmuni.

«È una paura ingiustificata e le spiego il perché» risponde il dottor Marseglia. «Il vaccino stimola l’organismo a produrre anticorpi solo contro la proteina spike del Covid. E non interferisce con altri sistemi di difesa dell’organismo».

E i bambini che compiranno a breve 12 anni?

Meglio vaccinarli subito con la dose pediatrica o aspettare quella intera?

«La scelta è indifferente» risponde la dottoressa Bozzola. «Se il compleanno è a dicembre si può fare tranquillamente il ciclo da adulti. Se invece i 12 anni cadono più in là consiglio di iniziare subito a proteggersi con la prima dose pediatrica. Non è una vaccinazione poco efficace, anzi! Già con questo quantitativo si raggiunge un’efficacia del 90,7%».


Per prenotare i vaccini pediatrici si segue lo stesso iter previsto per gli adulti. Le info regione per regione si trovano tutte all’indirizzo https://bit.ly/3pFFuGW


Il parere della psicologa

Una responsabilità che si deve condividere

«Mamma scordatelo, io non mi vaccino!». Quando mia figlia di 11 anni, un po’ per gioco, un po’ per provocarmi, mi ha fatto sapere con la consueta grazia da preadolescente come la pensa sull’iniezione anticovid, tutte le mie certezze pro vax hanno cominciato a sgretolarsi. Il mio cuore di mamma ha iniziato a insinuarmi mille dubbi: «E se per colpa mia dovesse venirle qualcosa, magari un effetto collaterale ancora sconosciuto? E se si scatenasse un’allergia?».

Visto che non sono certo l’unica mamma a sentirsi così, chiedo aiuto a Anna Oliverio Ferraris, conosciutissima psicologa dell’età evolutiva. Oltre a essere autrice di decine di libri su genitori e figli, la professoressa Ferraris ha scritto in passato un saggio sulla paura che paralizza le nostre scelte (Psicologia della paura, Bollati Boringhieri). Chi può aiutarmi meglio di lei? Quando la chiamo, la prima cosa che mi spiega è che i miei timori e quelli degli altri genitori sono spiegabili anche se irrazionali.

«Portare un bimbo sano a vaccinarsi non è come curare un figlio già malato: è un po’ come se emotivamente si sentisse una doppia responsabilità» spiega. «Fino a oggi lo abbiamo sempre fatto senza remore, considerandola una routine. La differenza adesso è il modo in cui siamo stati informati». Durante la pandemia infatti è successo qualcosa di diverso. La scienza ha fatto il suo percorso e in questi due anni, un passo dopo l’altro, ha costruito certezze sempre più tranquillizzanti, anche per quanto riguarda i vaccini. Ma i continui dibattiti, le posizioni contraddittorie urlate dai media hanno creato l’effetto contrario. «Una parte delle famiglie oggi si sente confusa e sola nel prendere una decisione. E nel farlo su una questione di cui, per forza di cose, non capiamo tutto».

Noi genitori, mi spiega sempre la psicologa, siamo in una posizione scomoda. Un modo per scrollarsi l’ansia di dosso però c’è. «Dobbiamo
spostare la responsabilità su chi ne sa. Un pediatra, un medico competente che prenda su di sé il carico della scelta: a loro va affidata la valutazione. Ricordando che il compito dei genitori non è quello di fare il medico, ma di mettere i figli nelle migliori mani possibili. L’alternativa è documentarsi per bene, ma da fonti certe, senza lasciarsi coinvolgere dalle chiacchiere. Perché la paura è più contagiosa del Covid».