Il campanello d’allarme è arrivato dagli esperti dermatologi, impegnati nelle campagne di prevenzione dei tumori della pelle. In vista della prima abbronzatura potrebbe essere necessaria una maggior cautela, a causa del Covid. Ma cosa c’entra il contagio da virus Sars-Covd2?
Abbronzatura e Covid: che nesso c’è
Come ricordano gli esperti dell’Istituto dermopatico dell’Immacolata (Idi) di Roma-Ircss, in generale l’esposizione ai raggi solari potrebbe avere effetti anche importanti sulla pelle, soprattutto in caso di mancato ricorso ad adeguate protezioni e specie se avviene in modo non graduale. Chi, però, è guarito dal Covid e chi si è vaccinato, potrebbe dover ricorrere a maggiori precauzioni. Per esempio dovrebbe attendere qualche settimana.
Le cause
Il motivo sta nel fatto che la malattia Covid, che può essere sistemica e dunque coinvolgere più organi, può interessare anche la pelle, colpendola prima e rendendola più “fragile” dopo, per un certo periodo dalla guarigione. Lo stesso vale per chi ha ricevuto da poco il vaccino e ha avuto reazioni dermatologiche
«Occorre distinguere tra due situazioni: chi ha avuto il Covid con reazioni cutanee e chi no. Il primo caso è quello di chi ha avuto un’infezione con espressioni dermatologiche, come disturbi vascolari, geloni, pitiriasi rosea o alopecia, cioè tutte possibili forme potenzialmente correlate al Covid. Lo stesso può accadere in caso di vaccinazione anti-Covid, che può dare reazioni come rush cutanei con eritemi o desquamazioni, o ancora orticaria. Queste due categorie di persone necessitano, come ricordato dai colleghi dell’Idi, di una maggiore attenzione. In particolare è bene posticipare l’esposizione al sole per dare tempo alla pelle per recuperare e guarire dall’infiammazione. Servono inoltre schermi fisici o chimici, e possono essere utili anche alcuni integratori» spiega Alessandro Annetta, specialista dermatologo presso la Asl di Latina e responsabile dell’ambulatorio di Dermatologia oncologia della Lilt, la Lega italiana per la lotta contro i tumori, di Latina.
I consigli: un’esposizione graduale e posticipata
Il primo consiglio, dunque, per i pazienti che hanno avuto una manifestazione cutanea di Covid, è di esporsi in modo graduale al sole e soprattutto di aspettare: «L’indicazione è di attendere circa 3 settimane da quando sono regrediti i sintomi della malattia, quindi una ventina di giorni da quando è passata l’infiammazione cutanea» spiega l’esperto.
È fondamentale, però, anche esporsi con gradualità e con le protezioni adeguate. Ma quali sono?
Quanta crema usare
Esiste un “minimo” di protezione per queste persone colpite da rush cutanei post Covid o post vaccino? «Il livello di protezione dipende dal fototipo, dunque per chi ha pelle e capelli chiari in genere è bene usare sempre il massimo, quindi almeno 50 ed evitare le ore centrali della giornata, oltre al fatto che occorrerebbe sempre applicare le creme protettive in modo adeguato perché siano efficaci: ci vorrebbero 20/25 grammi per ogni applicazione, il che significa che se si prende il sole due volte al giorno un normale flacone da 200 ml/mg non dovrebbe durare più di 5 giorni, cosa che non accade pressoché mai. È comunque importante applicare la crema o lo spray prima di indossare i costume e di uscire di casa» spiega Annetta.
Filtri fisici o chimici?
«Per la scelta delle sostanze e a maggior ragione per chi ha avuto un Covid in forma dermatologica o reazioni, va detto che i filtri “fisici” sono sicuramente più indicati per i pazienti pediatrici o con patologie particolari come dermatite atopica o predisposizione a sviluppare allergie. Hanno la massima tollerabilità, ma come rovescio sono meno gradevoli esteticamente, perché danno un effetto patina bianca – spiega il dermatologo – Se però non ci sono problematiche particolari, va bene anche un filtro chimico-fisico, ossia tutti quelli più moderni in commercio, che si assorbono meglio, purché applicati correttamente».
Gli integratori servono?
Possono essere utili, su indicazione medica, anche fotoprotettori orali, sotto forma di vitamine, minerali, polifenoli, carotenoidi, se reduci da Covid o immunizzazione con strascichi dermatologici? «Sono estremamente utili specie nei fototipi bassi (con pelle chiara) o in chi ha già sviluppato patologie cutanee tumorali o correlate a Covid, perché aiutano a superare in tempi più rapidi l’infiammazione e aumentano la protezione per la pelle» spiega l’esperto della Lilt.
Il sole uccide il virus o “fa male”?
Dopo la pubblicazione di una recente ricerca, condotta dall’Università degli Studi di Milano con un team dell’Istituto nazionale di astrofisica, è però emerso che il sole è in grado di “uccidere” il virus in pochi secondi. Come si coniugano, allora, i benefici dei raggi solari con eventuali controindicazioni? «In realtà le due cose sono distinte. Un conto sono le reazioni dermatologiche, un altro è l’effetto dei raggi UVA e UVB che è dimostrato siano in grado di uccidere il virus Sars-Cov2» spiega l’immunologo Mario Clerici, docente di Patologia generale all’Università Statale di Milano e direttore scientifico dell’Irccs di Milano Fondazione Don Gnocchi, autore dello studio. Ma è allora è utile esporsi al sole? «Sì, certo, nella misura in cui ha un’azione molto forte nell’impedire un eventuale contagio. Questo perché i raggi solari in questione uccidono il virus con cui potremmo entrare in contatto, per esempio, tramite le minuscole goccioline di saliva emesse dal nostro vicino di ombrellone con cui stiamo parlando. Il tutto, però, nella misura e secondo i consigli dei dermatologi» conclude l’esperto.