Il ritiro del vaccino AstraZeneca ha sollevato dei dubbi sul maggior rischio di trombo-embolie correlato all’assunzione della pillola anticoncezionale o della terapia ormonale sostitutiva, farmaci che già presentano un minimo rischio di trombosi tra gli effetti collaterali. Interrogativi e richieste di approfondimento sono arrivate anche Giorgio Palù, Presidente dell’Aifa, l’Agenzia Italiana del Farmaco, dopo la sospensione del vaccino AstraZeneca da parte della stessa Aifa (l’Associazione italiana del farmaco) e dell’Ema (Agenzia europea per i medicinali).

Giorgio Palù, intervistato a Porta a Porta prima del verdetto dell’Agenzia europea di vigilanza sui farmaci, ha spiegato che «se ci sono soggetti femminili che hanno avuto trombosi, bisognerà studiarli» riferendosi «soprattutto alle donne che prendono la pillola, che è un farmaco pro-trombotico, o che hanno difetti della coagulazione del sangue». Queste parole hanno però diviso gli esperti.

I casi tedeschi di trombo-embolie

L’ipotesi di un nesso tra l’assunzione della pillola anticoncezionale e un eventuale maggior rischio di trombo-embolie in caso di vaccinazione con AstraZeneca è stata avanzata dopo i casi sospetti in Germania, come confermato anche dal ministro della Salute, Roberto Speranza: «Il Paul Ehrlich Institut ha segnalato in Germania sette casi di trombosi che si sono verificati tra i 4 e i 16 giorni successivi alla somministrazione del vaccino in pazienti giovani, tra i 20 e i 50 anni, tra i quali forme molto rare di trombosi cerebrale dei seni venosi in concomitanza con piastrinopenia e sanguinamento».

Si tratta di 6 donne e un uomo, sui cui casi sono scattati accertamenti per verificare se soffrissero già di problemi di coagulazione del sangue o se la reazione sia stata favorita anche dall’assunzione della pillola anticoncezionale.

Trombo-embolie, cure ormonali e vaccino: ad oggi non c’è un nesso

Tra i primi ad escludere una possibile correlazione tra l’assunzione della pillola e le reazioni avverse al vaccino registrate in particolare in Germania è stato Marco Gambacciani, della Società italiana Menopausa: «La pillola non aumenta il rischio di trombosi in maniera clinicamente rilevante in donne giovani che non hanno problemi di salute, così come non aumentano i fattori di rischio per le donne in menopausa che non hanno controindicazioni e assumono la terapia ormonale sostitutiva» ha spiegato a Il Fatto Quotidiano.

«Le evidenze scientifiche finora non hanno mostrato controindicazioni alla vaccinazione anti-Covid, con nessun siero, per chi segue terapie ormonali come le anticoncezionali – spiega l’epidemiologo dell’Istituto Superiore di sanità, Paolo D’Ancona a Donna Moderna – Va detto che gli studi condotti finora sono state effettuati su una popolazione sana, analizzata in una situazione ideale».

Ulteriori verifiche sul rischio di trombosi da fare su tutti i vaccini

Un invito alla cautela giunge dal virologo dell’Università degli Studi di Milano, Fabrizio Pregliasco, che a Donna Moderna spiega: «Un eventuale maggior rischio in caso di assunzione della pillola è un’ipotesi che si sta vagliando perché è nota la maggiore probabilità di eventi trombotici in chi segue una terapia ormonale. Ma il dubbio non riguarderebbe soltanto AstraZeneca, ma anche gli altri vaccini a disposizione come Pfizer e Moderna».

Ricorda i numeri, invece, Antonio Ragusa, direttore di Ostetricia e ginecologia all’Ospedale Fatebenefratelli di Roma che a Il Fatto quotidiano chiarisce: «Nel Regno Unito su 17 milioni di persone vaccinate con AstraZeneca c’è stata una cinquantina di eventi tromboembolici, il che vuol dire la metà del numero che ci si aspetta normalmente».

Vaccini anti-Covid: gli studi sono ancora in corso

La documentazione fornita dai produttori dei vaccini, compreso AstraZeneca, non ha evidenziato finora maggiori rischi per chi assume la pillola, ma «man mano che procedono le somministrazioni aumenta la quantità di dati a disposizione, anche sulle cosiddette sottopopolazioni, comprese quindi categorie di soggetti con specifiche patologie o che seguono particolari terapie» spiega ancora D’Ancona.

Nel frattempo il punto di riferimento sono le Linee guida alle controindicazioni a tutti i vaccini (dunque anche non anti-Covid): «Sono prodotte dal ministero della Salute in collaborazione con i maggiori esperti nazionali e sono aggiornate a un paio di anni fa. Contengono tutte le patologie e le indicazioni terapeutiche per le quali le vaccinazioni possono essere controindicate e in genere riguardano solo possibili rischi di reazioni allergiche severe oppure situazioni di immunodepressione – prosegue l’epidemiologo – Va chiarito, però, che i vaccini anti-Covid non sono sconsigliati agli immunodepressi per possibili conseguenze negative, ma per una ridotta efficacia: infatti si tratta di sieri che, a differenza di quelli per esempio contro morbillo o varicella, non contengono il virus replicante, dunque non sono fonte di rischio di contrarre la malattia. Funzionano, invece, con adenovirus (che non è il virus Sars-Cov2, Ndr)».

«In particolare, si tratta di un adenovirus di scimpanzé, cioè di un virus responsabile del raffreddore nelle scimmie, ma reso incapace di riprodursi e, dunque, del tutto innocuo per il soggetto ricevente» ha chiarito l’immunologo Mauro Minelli ad AdnKronos.