Oggi tutti parlano di noi, perché la mia chiesa, quella valdese, ha deciso di accogliere, senza nessun sostegno economico da parte dello Stato italiano, 10 migranti salvati poco prima di Natale dalla Sea Watch. Sono orgogliosa di farne parte. Nella nave c’erano 49 persone che verranno ospitate, oltre che da noi, da altri Paesi dell’Unione Europea.
Per noi, che siamo una chiesa evangelica, cioè protestante, che appartiene alla grande famiglia dei cristiani, l’accoglienza ha radici antiche. È al centro del messaggio biblico, ma conosciamo bene il suo immenso valore anche perché siamo stati perseguitati per tanti secoli, essendo una minoranza religiosa a lungo discriminata. I nostri progetti sociali sono finanziati anche grazie all’otto per mille. La nostra idea è sempre stata quella di creare un sistema di accoglienza personalizzata che non si fermi all’offerta di un tetto ai rifugiati: molti sforzi vengono concentrati anche sull’integrazione, la formazione e l’inserimento lavorativo di ogni rifugiato. In pratica cerchiamo di offrire un percorso ad hoc per ogni straniero, tenendo conto della sua storia.
Siamo stati anche i promotori, con la Federazione delle chiese evangeliche in Italia e la Comunità di Sant’Egidio, del progetto dei Corridoi Umanitari, un modello di accoglienza adottato anche dalla Francia e dal Belgio, frutto quindi di una collaborazione tra cattolici e protestanti. In pratica, per evitare le tragedie in mare e contrastare il business dei trafficanti di esseri umani, si concede un ingresso legale ai migranti più vulnerabili (vittime di violenza, famiglie con i bambini, malati…). In questo modo sono entrati in Italia già 1800 persone in modo sicuro.
La chiesa valdese da tempo si distingue per la sua apertura su molti temi etici, dall’eutanasia all’aborto. Ci siamo da sempre impegnati contro l’omofobia e, in generale, a favore dell’accoglienza del diverso. Oggi la nostra chiesa conta in Italia 21 mila fedeli. La maggior parte vive in Piemonte, il luogo storico dove siamo cresciuti, ma ci sono chiese in tutto il Paese. Ce ne sono anche in Sud America, dove alcuni valdesi sono emigrati a metà dell’800. Ci autofinanziamo (nel senso che ogni membro della chiesa dà un contributo economico per farla sopravvivere, pagare gli stipendi ai pastori e mantenere i locali di culto) e, a differenza di quella cattolica, non abbiamo una struttura gerarchica, ma assembleare: ogni decisione viene presa dai delegati di ogni chiesa locale e dai pastori che si riuniscono nell’assemblea generale, il Sinodo.
(Marina Speich)