A Ganzirri, in provincia di Messina, ventuno vie hanno preso il nome di Teresa Mattei, Nilde Iotti, Laura Bianchini, Angelina Livia Merlin, Teresa Noce e delle altre sedici donne che parteciparono ai lavori dell’Assemblea costituente, le madri della nostra Carta.
Toponomastica femminile: una nuova parità
A Milano da pochi giorni una piazzetta di periferia è dedicata all’agente di polizia Emanuela Loi e a Francesca Morvillo, moglie e collega di Giovanni Falcone, entrambe vittime delle stragi mafiose del 1992. In diversi comuni c’è via Alda Merini, la poetessa cui a Milano è stato dedicato il ponte di pietra sul Naviglio Grande.
Toponomastica femminile: le strade intitolate alle donne restano in minoranza
Ma sono casi atipici, rari. Le strade, gli slarghi, i corsi e i viali intitolati a persone di genere femminile restano in netta minoranza. La percentuale oscilla in media dal 3 al 5 per cento, a seconda delle zone del Paese, con punte minime prossime allo zero, se non nulle. Prevalgono le figure religiose (intorno al 60 per cento delle “quote rosa”), cioè madonne, sante e beate. Scarseggiano le figure storiche, le artiste, le letterate, le politiche, le atlete, le scienziate, le partigiane… Agli uomini più o meno illustri sono invece riservate in genere il 40–50 per cento delle targhe stradali, con le rimanenti intestate a luoghi geografici, fatti storici, fiori, fiumi, montagne… Perché? E come superare questa disparità?
Per una toponomastica al femminile
Maria Pia Ercolini è la fondatrice e la presidente dell’associazione Toponomastica femminile, presente in rete con un sito (toponomasticafemminile.com), con la rivista Vitaminevaganti.com e con un gruppo pubblico su Facebook, 10.793 iscritte e richieste di adesione che arrivano di continuo, anche dall’estero, Europa, Giappone, Stati Uniti, Australia. Sogna che in ogni comune ci sia una strada intitolata a Franca Rame, Rita Levi Montalcini, Margherita Hack, Mariangela Melato, Marisa Belisario, Maria Callas, Camilla Cederna… Da otto anni, inventandosi mille iniziative e campagne di informazione e di sensibilizzazione, si batte per avvicinarsi sempre più all’obbiettivo.
Più strade per le donne
«Sono da poco in pensione – racconta – dopo avere insegnato geografia per una vita, nelle superiori di Roma. Una mattina una ragazza di un istituto professionale per il turismo, un studentessa di seconda, mi ha chiesto: “Ma perché le vie hanno solo nomi di uomini?”. Mi ha spinta a riflettere. Ero così abituata alla cosa che non ci facevo più nemmeno caso, come se fossi assuefatta. Da lì è cominciato tutto, con un interesse che è andato man mano crescendo. Si sono aggregate altre persone, il percorso è andato avanti e continua. Oltre alle attività in rete, e a quelle sul territorio, promuoviamo un concorso letterario nelle scuole. Poi allestiamo mostre, giriamo l’Italia con convegni e dibattiti, forniamo consulenze, produciamo materiale divulgativo. Aggiorniamo le biografie di Wikipedia scrivendo le professioni delle donne al femminile, sindaca e non sindaco. E se il protagonista è un uomo, sposato, inseriamo sempre il nome della moglie. Uno dei progetti in corso – tiene a dire – è quello che ha al centro le 21 donne dell’assemblea costituente. Con il tema trainante “8 marzo 3 donne 3 strade” abbiamo invitato sindache e sindaci a intitolare tre strade ad altrettante donne, una di rilevanza locale, una di rilevanza nazionale, una straniera. Ci ha copiato anche Parigi. E ci hanno scritto molti amministratori. Alcuni, di piccoli paesi ci hanno detto di essersi resi conto solo grazie a noi di non avere manco un vicoletto dedicato a un soggetto femminile».
Toponomastica femminile: fatti i primi passi avanti
Il risultato più grande, rimarca Maria Pia Ercolini, «è l’attenzione che siamo riuscite a creare attorno a questo tema. L’interesse è trasversale, coinvolge enti, istituzioni, scuole, università, linguiste, studiose». In alcuni città, altra conquista, “nelle commissioni toponomastiche è richiesta la presenza di un’esperta, chiamata a dare il proprio parere sulle nuove targhe». E si sono fatti passi avanti, in primis nella capitale, ma non solo. Spiega sempre l’insegnante in pensione: «Se si escludono i toponomastici neutri – come via Larga o piazza del Popolo – l’indice di femminilizzazione su scala nazionale si assesta al 7,8 per cento. A Roma è stato portato all’8,6 per cento, risultato che va migliorato ulteriormente». Per dare un’idea della situazione in evoluzione, con i conteggi aggiornati al 2015, su 16.110 strade 7.589 erano intitolate a uomini e 613 a donne, con il gruppo più numeroso rappresentato dai personaggi storici legati soprattutto all’età antica, seguito dal drappello di madonne, sante e beate e poi da quello delle figure mitologiche e letterarie. A Milano, prima delle ultime variazioni, il censimento 2015 contava 4.241 strade e piazze in tutto, 2.535 con un nome maschile e solo 136 con un nome femminile. Appena 2 le scienziate (Marie Curie e Maria Gaetana Agnesi), 47 le religiose e 83 le artiste, imprenditrici, parlamentari o donne dello spettacolo.
Come chiedere l’intitolazione delle strade
Nel portale dell’associazione Toponomastica femminile (alla sezione “censimenti”, sotto la voce “modulistica”) si trova il fac simile del modulo da inviare alle amministrazioni comunali di riferimento per chiedere di intitolare una o più vie alla donna o alle donne su cui si punta. Un passaggio del testo, che può essere modificato o integrato, dice: “Anche la toponomastica può dare il proprio contributo a superare modelli culturali stereotipati e conformisti e a creare una cultura non discriminante nei confronti delle donne. Promuovere figure femminili di rilievo contribuisce a portare un valore aggiunto al miglioramento della società e della cultura”.
Toponomastica femminile: «I ruoli delle donne misconosciuti e non valorizzati»
La linguista e accademica Cecilia Robustelli, consulente di enti e istituzioni per le questioni di lingua legate al genere, sottolinea: «Non è una semplice questione di numeri, di statistiche. Le professionalità e i ruoli delle donne sono stati sempre misconosciuti. Clara Schumann, grandissima musicista, non ha avuto la stessa considerazione del corrispettivo maschile. Le donne impegnate nel sociale sono state relegate a un ruolo di cura e non valorizzate. L’intitolazione delle strade – continua – è un mezzo molto potente, per dare visibilità e dignità alle protagoniste femminili della storia, della cultura, delle scienze, dello sport, della vita quotidiana. Ma non basta scrivere il cognome con il nome puntato, un errore commesso da svariate amministrazioni comunali. Un esempio? M.G. Agnesi o A. Gentileschi. I nomi di battesimo devono essere scritti per esteso, altrimenti si corre il rischio di scambiare le donne per uomini e di rendere un pessimo servizio».
«Relegate nella vita privata, trasparenti»
La filosofa e saggista Michela Marzano, ex parlamentare e docente universitaria, tempo fa ha dato altri spunti per la riflessione e la discussione, con un intervento (su repubblica.it) che suona di estrema attualità. «Sono sempre le donne a farne le spese. Anche quando si tratta di dare il nome a una strada. Non vengono in mente. Non sono importanti. Nessuno le conosce. Allora perché lamentarsi?». E, ancora: «Certo, se si prende la lista degli statisti o dei filosofi, degli economisti o degli scrittori, di donne famose non ce sono tantissime. Anzi, nel passato erano quasi del tutto inesistenti o trasparenti. Non perché gli uomini fossero per natura migliori, ma perché per secoli non ci sono state le condizioni sociali, politiche e culturali perché le donne potessero esercitare determinati mestieri e uscire dalla sfera privata in cui erano relegate. Per fortuna negli ultimi decenni le donne stanno recuperando velocemente le posizioni perse e, se si guardano i risultati scolastici, ben presto saranno proprio loro a occupare posti di responsabilità e a lasciare una traccia indelebile del proprio agire. Tanto più che, quando si fa una lista precisa delle strade dedicate agli uomini, di mediocri e di sconosciuti ce ne sono a bizzeffe. Solo che restano le abitudini. Quelle benedette o maledette abitudini che non cambiano mai, come ci spiegava già Étienne de La Boétie. Ancora un altro uomo, certo…».