Abbracciare una donna con l’inganno e con rapidità, prendendola alla sprovvista e senza chiedere e avere il consenso, è una forma di violenza sessuale, così come fare la mano morta sull’autobus o rubare un bacio. Il principio è stato confermato dai giudici della Terza sezione della Cassazione, chiamati ad esprimersi su episodio più che spiacevole avvenuto nel Lecchese nella primavera 2018. Un maturo signore, ultrasessantenne, aveva invitato a casa sua una vicina, mentre la moglie era fuori. Lei gli ha teso la mano, in un gesto di saluto. Lui l’ha attirata a sé e l’ha avvinghiata, appoggiandosi alle parti intime, toccandole il seno. Un contatto pesante, sgradito, non accettato e neppure cercato. La donna si è liberata dalla stretta e poi ha deciso di querelare il coinquilino, ripetendo circostanze e accuse quando è stata convocata e sentita a verbale.
Confermata la condanna
L’uomo è stato processato e condannato in primo grado e in appello per violenza sessuale, seppure nella forma considerata dalla legge di minore gravità (rispetto a uno stupro o a una aggressione di gruppo) e punita in modo meno pesante. Ha ottenuto la sospensione condizionale della pena – rimasta sotto i due anni – ma si è rivolto comunque alla suprema Corte, per cercare di ribaltare il verdetto e di uscirne pulito. Non ha raggiunto l’obbiettivo. Gli “ermellini” hanno respinto in toto il ricorso dell’autore dell’abbraccio forzato, imposto approfittando di “circostanze di tempo e di luogo tali da ostacolare la difesa”, e gli hanno addebitato il pagamento di 2mila euro a favore della Cassa delle ammende, oltre al versamento delle spese processuali. La sentenza è stata pubblicata il 9 gennaio 2020 ed è subito rimbalzata tra siti giuridici specializzati e media locali.
È reato un bacio rapido e senza consenso
L’elemento oggettivo della violenza sessuale – argomentano i giudici romani, collocandosi nel solco di precedenti e costanti pronunciamenti della stessa e di altre sezioni – «consiste sia nella violenza fisica in senso stretto, sia nella intimidazione psicologica in grado di provocare la coazione della vittima a subire gli atti sessuali, sia in atti di libidine subdoli e repentini compiuti senza accertarsi del consenso della persona destinataria». In altre parole, per rispondere di questo reato, non è necessaria una forza che metta la vittima nell’impossibilità di opporre una resistenza. È sufficiente che l’azione si compia in modo “insidiosamente rapido”, tanto da superare la volontà contraria della persona aggredita, non in grado di difendersi. La donna lecchese, nel caso arrivato all’attenzione della Corte, è stata colta di sorpresa, per la repentinità del comportamento dell’imputato, e non ha potuto sottrarsi prima del contatto ravvicinato, intrusivo, fastidioso.
Reati anche i baci rubati e la mano morta
Nel settembre 2019, con analoghe considerazioni, la Terza sezione della Cassazione aveva ribadito che anche la mano morta è una forma di violenza sessuale. Stesse conclusioni per i baci rubati, cioè quelli dati con la forza e contro la volontà della persona coinvolta, altra situazione valutata in precedenza dagli “ermellini” e trattata in più sentenze. Nel marzo 2019 è stata confermata la condanna di una soldatessa colpevole, a Milano, di aver baciato sul collo e abbracciato una compagna di caserma restia e contraria ad una liaison. «L’imputata – si legge nella sentenza – era pienamente consapevole di non essere gradita né fisicamente né sentimentalmente dalla persona offesa, la quale non aveva nessuna intenzione di avere approcci sessuali con lei”.
Dalla parte delle vittime: altri esempi
«Ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale – sancisce un altro provvedimento targato Cassazione, datato maggio 2018 – va qualificato come “atto sessuale” anche il bacio sulla bocca che si sia limitato al semplice contatto delle labbra. Questa connotazione si può escludere solo in presenza di particolari contesti sociali, culturali o familiari nei quali l’atto risulti privo di valenza erotica, come, ad esempio, nel caso del bacio sulla bocca scambiato come segno di saluto, nella tradizione russa». Il provvedimento in questione riguardava fatti avvenuti in Calabria. Protagonisti, un uomo e una donna che si conoscevano da alcuni mesi. Lui si era innamorato di lei. Lei, sposata con un altro, aveva chiarito subito di non essere affatto intenzionata a coltivare una relazione. Lo spasimante respinto l’aveva aspettata fuori dal luogo di lavoro e qui l’aveva aggredita, trattenendola per il collo e per un bracco e tentando di baciarla.
Da condannare anche il medico che abusa del ruolo
La condanna per violenza sessuale è stata confermata, nel maggio 2018, pure per un dentista emiliano che aveva baciato sulla bocca una paziente minorenne, abusando dell’autorità di medico durante una seduta per il controllo dell’apparecchio. «La peculiarità del rapporto medico-paziente, il significativo divario di età tra i protagonisti (48 anni lui, non ancora 14 lei) e l’assenza di qualsiasi antecedente confidenza personale e fisica tra i due, qualificavano il bacio come atto del tutto estraneo all’ambito di una mera espressione di innocua affettività amicale». Quel bacio, in sostanza, è stato considerato un gesto illegale e da sanzionare, un’invasione della libertà sessuale della giovanissima e fiduciosa paziente, lasciata senza la possibilità di reagire e senza nemmeno il tempo per dire di no.
Il confine tra violenza sessuale e violenza privata
Anche un succhiotto, nel settembre 2016 e in relazione a una denuncia raccolta a Chieti, è stato ritenuto una forma di violenza sessuale. La motivazione? Si tratta di un bacio molto aggressivo che «ha natura di atto sessuale in quanto è provocato da un’attività prolungata delle labbra sul corpo altrui, che, per la relativa durata ed intensità, è espressione di carica erotica». Un fugace bacio sulla guancia, invece, nel novembre 2015 è stato qualificato dai supremi giudici “solo” come una violenza privata, non essendo un “idoneo ad interferire nella sfera sessuale”. L’incolpevole vittima era una ragazza di quindici anni, più volte avvicinata e baciata all’uscita da scuola.
L’esperta: i diritti delle donne, i limiti da non superare
«Sul tema dei rapporti sessuali – commenta l’avvocata Anna Ronfani, vicepresidente e voce di Telefono rosa Piemonte – la giurisprudenza da tempo ha fissato dei principi chiari: il consenso deve essere esistente e anche costante, perché non c’è un diritto al contatto fisico imposto, non importa se con la violenza o con una repentinità che impedisce di evitarlo, in nessuna situazione relazionale. Nemmeno matrimoni, convivenze, relazioni sentimentali in corso o terminate autorizzano assolutamente a superare il dissenso, esplicito o comunque non escludibile: anche in questi casi è violenza. Il consenso poi deve esistere e essere percepibile senza soluzioni di continuità: persino durante un atto sessuale iniziato può esprimersi un ripensamento che può essere esplicito (a parole) o tacito (con comportamenti incompatibili con la volontà di proseguire: per esempio il pianto, o il tentativo di allontanare il soggetto o di allontanarsi dal luogo in cui si è). Il dissenso, in qualunque modo e in qualunque momento sia manifestato, deve essere rispettato. Né il consenso può essere “carpito” con un gesto rapido e insidioso, che non consente difesa preventiva. Così – rimarca l’esperta – giustamente si tutela la libertà e la dignità di ciascuna e di ciascuno, mentre la libertà di imporre l’impulso sessuale non esiste, in nessuna forma, nemmeno con un bacio o con un abbraccio».