Come sta cambiando la lotta alla violenza di genere? Il 25 novembre, giornata mondiale contro femminicidi, maltrattamenti e abusi sulle donne, è l’occasione giusta per fare il punto su quanto stia crescendo la consapevolezza della società e delle vittime stesse.
Secondo la prima indagine condotta dall’Istat su 281 centri che svolgono attività a sostegno delle donne maltrattate, nel 2017 hanno bussato alle loro porte 43.467 persone e il 67% ha iniziato un percorso di uscita dalla violenza. Tra queste ultime, il 63% ha figli. La maggioranza arriva a compiere un passo così importante e delicato chiamando il numero verde nazionale 1522, che accoglie le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking.
I servizi offerti a chi si trova in difficoltà vanno dall’accoglienza al sostegno psicologico, dal supporto legale all’accompagnamento nel percorso verso l’autonomia abitativa e lavorativa. È così che Giusi ha trovato una via d’uscita. Ed è grazie a professioniste sensibili come Roberta e Francesca che tante donne si salvano. Ieri e, ancor di più, oggi. Come ci raccontano loro stesse nelle storie che seguono.
→ Roberta Montenovo, 49 anni, avvocato civilista di Ancona
«All’inizio dicevo: se hai un uomo violento, lascialo. Poi ho capito che le donne non vanno mai giudicate»
La scintilla è scattata quando era un giovane avvocato civilista, alla fine degli anni ’90. «Incontrai una ragazza straniera che mi chiese informazioni per una separazione. Mi limitai a una consulenza, senza cogliere i segnali non verbali che mi mandava e che tradivano la sua paura e la sua agitazione. Mi salutò dicendo che avrebbe valutato cosa fare. A distanza di pochi giorni mi chiamarono dal pronto soccorso: aveva tentato il suicidio per sfuggire alle violenze del compagno e i medici le avevano trovato il mio numero in tasca».
Questo episodio segna uno spartiacque nella vita di Roberta, da 15 anni collaboratrice e da febbraio presidente del centro antiviolenza Donne e giustizia di Ancona. «Operare come volontaria mi ha insegnato a rispettare tutte le scelte, anche quelle che non condivido. All’inizio avevo un approccio da avvocato, che accoglie una cliente e propone una soluzione: se un uomo è violento, lo devi lasciare. Pian piano ho imparato a rispettare i tempi e le decisioni delle donne, a non giudicarle».
Se le espressioni della violenza di genere «non sono cambiate in questi anni, anzi sembrano quasi dei copioni che si ricalcano, è mutata la nostra visione come società: abbiamo imparato a dare rilevanza alle varie forme di violenza, anche quella psicologica, economica e sessuale. Si denuncia di più, i dati registrano una crescita del 10%. E sono più numerose le richieste di aiuto ai centri antiviolenza. Quello che ancora manca sono le risorse per fare prevenzione, per formare gli operatori e per applicare leggi come il Codice rosso».
«I copioni dei soprusi sono gli stessi, ma è mutata la visione della società. abbiamo imparato a dare rilevanza alle varie forme di violenza: psicologica, economica, sessuale»
→ Giusi Arrichiello, 40 anni, vittima di violenza. lavora a Caserta
«Sono scappata di casa con i miei figli, adesso lavoro e sono al sicuro. Il più grande rimpianto? Dovevo andarmene prima» Tornare a sorridere dopo 18 anni di violenze domestiche. È la grande conquista di Giusi Arrichiello, che da pochi mesi vive in affitto con altre donne come lei scampate al peggio. Insieme lavorano a Casal di Principe (Caserta) nel laboratorio “Le ghiottonerie di Casa Lorena”: preparano confetture e organizzano catering.
Il 29 giugno 2018 Giusi è fuggita di casa con i figli, di 18 e 11 anni, che a loro volta hanno subìto botte e umiliazioni da parte del padre. «Siamo stati accolti per 2 mesi in una canonica e dallo scorso febbraio vivo a Casa Lorena, una comunità per donne maltrattate. Mio marito ha avuto solo una condanna ai domiciliari per pochi mesi». Giusi conosceva bene il suo carnefice: erano vicini di casa «ma lui, di 10 anni più grande di me, mascherava la sua vera natura». Dopo un breve fidanzamento, a 22 anni resta incinta. «Lavorava fuori, tornava nel fine settimana. All’inizio mi dava spinte e schiaffi, poi mi chiedeva perdono. La sua rabbia scoppiava per un niente».
Nel 2009 Giusi sporge la prima denuncia, «a volte tornavo da mia madre e lui mi bloccava il bancomat, ero senza soldi. Il mio rimpianto? Dovevo andarmene prima. Mi hanno aiutato la polizia, l’assistente sociale, le operatrici. Non mi sento più sola, sono tornata a vivere».
→ Francesca Ranaldi, 51 anni, presidente del centro antiviolenza “la nara” di Prato
«Sempre più donne arrivano da noi ancora prima di aver subito violenza fisica. Raccontano la loro storia e la rielaborano: anche le parole curano»
Da 20 anni Francesca Ranaldi lavora al centro antiviolenza “La Nara” di Prato, prima da operatrice e ora da presidente. Psicopedagogista, in precedenza si è occupata di disabili, richiedenti asilo, minori: il sociale è la sua missione. «Mi sono appassionata ai percorsi delle donne, anche quelle accolte nella casa rifugio per rischio grave (dove vanno le vittime in pericolo di vita, ndr). Facciamo un pezzetto di vita insieme: raccontano la loro storia a qualcuno che le ascolta e che crede a quello che dicono, soprattutto. Le parole curano e rielaborare la propria storia dà la forza di ripartire».
Con l’esperienza Francesca ha imparato «a rispettare i tempi delle donne: chiedere aiuto è una forma di intelligenza ma non è automatico che si arrivi a denunciare. Oggi, per fortuna, sempre più vittime vengono da noi ancora prima di aver subito violenza fisica. Offriamo loro supporto psicologico e accompagnamento pratico: andiamo insieme in pronto soccorso, in tribunale, a sporgere una querela, dall’avvocato. Azioni che aiutano a riconquistare fiducia e coraggio, che la solitudine ti toglie perché il maltrattamento isola».
Purtroppo i fondi non bastano per rispondere alle richieste: «Siamo una decina fra operatrici, avvocate, psicologhe. Nel 2018 abbiamo assistito 358 donne, che arrivano tramite il passaparola ma soprattutto tramite una rete che funziona e che è cresciuta negli anni, con referenti formati: pronto soccorso, forze dell’ordine, servizi sociali, procura, associazioni di volontariato».
«Dopo la richiesta di aiuto non è automatico che si denunci: bisogna rispettare i tempi delle vittime e credere a quello che dicono»
2 appuntamenti da non perdere
1. Dal 24 novembre al 1° dicembre D.i.Re (Donne in rete contro la violenza) lancia la campagna #alidiautonomia per sostenere economicamente le sopravvissute alla violenza domestica. Si possono donare 2 euro con un sms e 5 o 10 euro da rete fissa al numero 45593.
2. Il 23 e 24 novembre al teatro Litta di Milano si svolge il 10° We World Festival, che racconta la condizione femminile nel mondo. Sul palco, tra gli altri, Letizia Battaglia, Eva Cantarella, Donatella Finocchiaro. Ospite speciale: Roberto Saviano.