I dati sulla violenza sulle donne che ci restituisce il report della Polizia di Stato, appena pubblicato, non fotografano la realtà del fenomeno. Rappresentano solo la punta di un iceberg, dove in cima ci sono le denunce, ma poco più giù inizia un enorme sommerso.

Ad aumentare sono le denunce di violenza, non i casi

Un sommerso fatto di paura, vergogna, pudore, senso di colpa, tutto quello che impedisce alle donne di denunciare, facendo così emergere il fenomeno. «Ciò che aumenta o diminuisce sono le denunce, non i casi in sé e per sé» commenta Nadia Somma Caiati, consigliera della rete Di.Re. «A parte il numero dei femminicidi, per cui il reato è evidente, in  molti altri casi non emerge, come per esempio in caso di accesso al pronto soccorso: se la donna non dichiara di essere stata aggredita dal convivente, ma di essere caduta dalle scale, questo dato non viene rilevato».

In generale, però, aumentano le denunce di maltrattamento (+ 5 per cento), e questo può farci sperare in un leggero cambio culturale. «In parte sì, come l’aumento del 18 per cento dei casi di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Vuol dire sia che sono stati emessi più provvedimenti, sia che sono stati poi monitorati» prosegue Nadia Somma Caiati.

Violenza: aumentano anche i reati di costrizione al matrimonio

Nel report della polizia emerge poi un dato fortissimo: considerando i dati nel triennio 2021-2023 rispetto al precedente, aumentano del 21% i reati per la costrizione o induzione al matrimonio: il segnale di come le giovani di seconda generazione mettano i discussione i modelli culturali delle famiglie d’origine, denunciandole, anche a rischio della propria vita, com’è stato per la povera Saman.

Diminuiscono le violenze sessuali 

Il trend dei femminicidi, dopo un incremento nel 2022, nel 2023 cala: da 130 nel 2022 a 117 (- 10 per cento). Anche le violenze sessuali sono diminuite del 2 per cento. Sono trend che possono farci sperare? «In realtà, ogni anno ci sono fluttuazioni costanti, quindi bisogna vedere i dati a fine 2024» dice Somma Caiati. «E poi c’è un dato per esempio che non emerge mai: la violenza sessuale in coppia. Le donne si vergognano a denunciarla, soprattutto se con quest’uomo hanno in comune i figli».

In generale si registra un progressivo aumento dei casi per tutti i reati, ad esclusione del delitto di deformazione dell’aspetto della persona con lesioni permanenti al viso, per il quale emerge un lieve calo (-9 per cento).

È in atto un cambio culturale?

I dati possono indurci a pensare che stiamo assistendo a un cambio culturale. «Se penso alla mia regione, la Sardegna, direi proprio che il cambiamento è ancora lontano» dice l’avvocata Claudia Rabellino Becce. «Basti pensare alle parole recenti del prefetto Giuseppe De Mattei, quando ha dichiarato che “Le donne sarde non denunciano se temono di perdere la famiglia, i figli o non sanno dove andare”. Una dura presa d’atto di come il fenomeno della violenza, in realtà, fatichi a emergere». Certo, l’effetto trainante causato dallo shock per la vicenda di Giulia Cecchettin ha fatto aumentare le richieste d’aiuto al 1522 nei mesi successivi, e anche le denunce. «Però occorre lavorare ancora molto sul fronte culturale. Bisogna agire nelle scuole, con le nuove generazioni, per creare un ambiente in cui la violenza non attecchisca» prosegue l’avvocata. «Anche per questo è importante spingere su ragazzi e ragazze, a partire dalla scuola». 

Il ruolo cruciale delle scuole e la dispersione

È proprio lì che si gettano i semi del futuro. Ma, al di là degli esempi più o meno virtuosi, tra eccellenze e tentativi di emergere da contesti difficili, c’è un dato di cui non possiamo dimenticarci: la dispersione scolastica, rispetto a cui l’Italia è al quinto posto in Europa. Uno studio recentissimo dell’Ufficio statistica del Ministero dell’Istruzione proprio sul tasso di abbandono, denuncia come in Italia un ragazzo su sei lasci la scuola alla fine del primo ciclo, cioè le medie. In cima alla classifica degli abbandoni la Sardegna, con il 19.1 per cento di dispersione, seguita da Campania (18,6 per cento) e Sicilia (18,4 per cento). Lo studio è durato otto anni, durante i quali un gruppo di ragazzi è stato seguito dall’inizio delle scuole medie inferiori alla fine delle superiori. Il dato che ne deriva è il Tal, il Tasso di abbandono longitudinale, che a livello nazionale è il 14,7: vuol dire, appunto, che in Italia un ragazzo su sei si ferma alle scuole medie.