Contribuisce alla coagulazione del sangue, ma aiuta anche a prevenire l’osteoporosi. Queste due azioni basterebbero di per sé a dimostrare i benefici della vitamina K, soprattutto negli anziani. Ma uno studio recente, pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition, dimostrerebbe un nesso diretto tra la giusta quantità di questa vitamina e la probabilità di allungare la vita.

La ricerca sugli over 50

La ricerca è stata condotta su un campione di 4.000 persone, di età compresa tra i 54 e i 76 anni. Gli studiosi hanno scoperto che nei soggetti con bassa vitamina K c’era il 19% in più di probabilità di andare incontro a morte prematura rispetto a coloro che invece avevano valori adeguati. Le spiegazioni potrebbero essere diverse. Tra le ipotesi c’è l’effetto positivo sulla riduzione del rischio di artrosi. Questo indirettamente migliora le possibilità e qualità di movimento e dunque contribuisce a ridurre le probabilità di cadute nella popolazione più anziana.

«Bisognerebbe indagare ulteriormente, ma le indicazioni sono incoraggianti. Va però detto che sono molti gli effetti benefici che, sommati tra loro, contribuiscono a ridurre il rischio di morte tra i meno giovani» spiega il professor Luca Piretta, gastroenterologo e nutrizionista presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma.

Dall’osteoporosi all’Alzheimer: come la vitamina K può aiutare

«Molti studi finora hanno confermato l’azione fondamentale sulla coagulazione del sangue, mentre altri più recenti hanno mostrato come la vitamina K – e in particolare la K2, che ne è una sottospecie – contribuisca alla prevenzione dell’osteoporosi, perché permette di fissare il calcio nelle ossa. È anche stata indagata una presunta azione benefica contro il diabete ed è piuttosto consolidato l’effetto di prevenzione contro l’Alzheimer perché migliora il funzionamento del sistema nervoso. Un altro studio, condotto però su animali, sembrerebbe evidenziare un effetto sull’allungamento della vita in generale, ma è difficile poter dire che questo valga anche per l’uomo» spiega l’esperto.

«Al momento manca uno studio su un campione molto ampio e soprattutto che indaghi la sola azione della vitamina K, i cui benefici però, nel loro insieme, contribuiscono alla longevità generale. Per esempio, oltre all’azione sulla coagulazione e contro l’osteoporosi, migliora la risposta muscolo scheletrica, quindi favorisce un ritardo nelle fratture, che negli anziani di frequente coincidono con l’inizio di un declino spesso poco favorevole. La vitamina K, inoltre, ha un’azione diretta su mitocondri, che servono alla produzione di energia e dunque la migliorano» spiega Piralla. Ma dove si trova?

I cibi ricchi di vitamina K

«La vitamina K si trova soprattutto nelle verdure a foglia larga, come lattuga, spinaci e bieta. È presente anche nei funghi e in altri vegetali come i cavolfiori, i broccoli, i cavoletti di Bruxelles o le rape» indica l’esperto nutrizionista. «È utile ricordare che nella sua variante di K2 ne sono più ricchi alimenti come carne, fegato, formaggio e uova, mentre la K1 è più presente in quelli di origine vegetale». Sempre tra i vegetali, in questo caso grassi, c’è un buon contenuto di vitamina K anche nell’olio di colza e di soia.

Nessun rischio di carenza, dunque, per i vegetariani? «No, per i vegetariani non ci sono in genere rischi di carenze. Qualche attenzione in più deve essere prestata invece dai vegani, che comunque possono trovarne anche nella soia e nei ceci» aggiunge l’esperto.

Quanta vitamina K serve?

«Le tabelle dei LARN (i Livelli di Assunzione di riferimento di Nutrienti) del ministero della Salute indicano in 140 microgrammi il corretto quantitativo giornaliero per un adulto sano. Questo valore può scendere nei più giovani, fino a 100 per esempio negli adolescenti, o aumentare leggermente nella popolazione anziana, a seconda dei casi» spiega l’esperto.

Cavoli: varietà

Come capire se manca la vitamina K?

La carenza di vitamina K si manifesta con la presenza di emorragie che possono interessare varie parti del corpo, come il naso, le gengive, l’intestino e il tessuto sottocutaneo. In quest’ultima ipotesi, le emorragie possono comparire sottoforma di lividi, senza che in realtà sia stato preso un colpo. Anche le gengive, se manca la vitamina K, sanguinano in modo anomalo mentre ci si lava i denti. Tutti questi sintomi, a cui si aggiunge anche un’eccessiva fragilità delle ossa, sono da considerarsi dei veri e propri campanelli d’allarme della carenza di vitamina K. Inoltre, la carenza di questa vitamina fa sì che le ferite richiedano più tempo a guarire. In questi casi è bene approfondire svolgendo delle analisi del sangue.

Chi deve evitare la vitamina K

Esiste il rischio di un eccesso di vitamina K? «No, in genere no. È bene però ricordare che la vitamina K, proprio per la sua azione sulla coagulazione del sangue, interferisce con i farmaci anti-coagulanti. Questo significa che i soggetti in terapia con questi medicinali, come ad esempio chi soffre di fibrillazione atriale, deve prestare particolare attenzione alla dieta per non vanificare l’effetto dei farmaci» conclude l’esperto.