Il nostro viaggio nella disabilità non può prescindere da una consapevolezza dolorosa, ma questa consapevolezza si può vivere come un prezioso ribaltamento: esplorare il mondo delle persone disabili non è solo un viaggio nel dolore, perché può trasformarsi in un’esplorazione alla ricerca della bellezza e della forza vitale da loro espressa.

Il lavoro rende le persone migliori

Incontrando Stefania nel centro della Lega del Filo d’Oro di Lesmo, non posso non pensare come la disabilità si frantumi contro situazioni governate dall’orgoglio, da una dignità che sostituisce, e supera, competenze e abilità. Stefania Rodofile ora ha 37 anni, è nata ipovedente e sta perdendo quasi del tutto l’udito, oltre ad avere problemi di movimento. La sua storia ci richiama tutti al rispetto e all’attenzione verso chi, da una posizione differente, ci dimostra di essere in grado di insegnarci volontà e determinazione. «Fin da piccola avevo parecchie difficoltà: ci vedevo e sentivo poco e avevo problemi a camminare. Però con il coraggio dei miei anni, non mi rassegnavo e andavo dappertutto» racconta Stefania. «Mi sono perfino diplomata e per qualche tempo ho lavorato: preparavo le fatture per un’azienda vicino a casa, poi piccoli lavori di archivio e ho trovato anche un’occupazione in fabbrica. Il pensiero che mi guidava ogni giorno era che il mio lavoro fosse utile agli altri. Mi piaceva sapere di partecipare a qualcosa di più grande di me».

Tutti devono poter offrire le proprie risorse alla società

I diritti di un disabile non contemplano la pietà, la commiserazione, la solidarietà proclamata. «Vogliamo essere messi in condizione di vivere, di confrontarci alla pari, di offrire le nostre risorse alla società» mi dice Stefania con la voce limpida di chi compie l’impresa più grande: quella di vivere dignitosamente giorno dopo giorno, sapendo che è dovuto nascere due volte per arrampicarsi sulla vita, senza però che questo porti con sé pietismi o ipocrisie. Per qualche anno questa giovane di Lumezzane, cittadina del Val Trompia, è riuscita a lavorare, poi le sue condizioni sono peggiorate e ha dovuto lasciare quell’unica occasione di uscire nel mondo che la sua occupazione le permetteva

Settimio Benedusi
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Stefania è nata ipovedente e a poco a poco sta perdendo l’udito: sente le voci e i rumori ma non riesce a capire le parole. È felice quando può passare del tempo nel centro della Lega del Filo d’oro di Lesmo perché la accompagna sempre un’interprete che parla la Liss, la lingua dei segni. «Così posso viaggiare e comunicare con gli altri ospiti. In quei giorni mi sento davvero una persona come tutte le altre, viva in un mondo vivo».

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A sei anni Stefania ha iniziato a suonare il pianoforte, quando sentiva ancora. Negli anni il suo udito si è affievolito ma non la sua passione per lo strumento che, a momenti alterni, ha mantenuto fino a oggi. «Suonare senza sentire bene è possibile. Io per esempio non sento le note ma distinguo il ritmo dalle vibrazioni. Imparo molto più lentamente degli altri, certo, ma sono riuscita anche a partecipare a un saggio».

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Ed ecco che la famiglia comincia a farsi stretta. «Non è stato così semplice per loro accettare la mia richiesta di imparare un nuovo metodo di comunicazione, la Lis, la Lingua italiana dei segni, che avevo conosciuto grazie a incontri organizzati qui al paese. Mamma e papà si sono sforzati di inventare un metodo  tutto loro di comunicare con me, che però vale solo per loro: scrivono le parole nell’aria, ma per me è diventato molto faticoso». Stefania ha una sorella poco più grande di lei, con figli. «Sono i miei nipotini a comunicare con me. Hanno imparato la dattilologia, l’alfabeto che sfrutta le mani abbinando un segno a ogni singola lettera. Ma ovviamente ci vuole pazienza e passione per comporre i pensieri, tempo e impegno».

L’importanza di incontrarsi con gli altri fuori dalla famiglia

Pur riconoscendo che la famiglia nella maggior parte dei casi resta il luogo principale in cui ottenere cure, riconoscimento, valorizzazione di sé, non possiamo dare per scontato che ciò avvenga, né lasciare una delega in bianco agli adulti per definire ciò che è bene e accettabile per i figli. Se la società ha l’obiettivo di consentire il più possibile a tutti di soddisfare i propri bisogni secondo le proprie capacità, è importante riservare l’ambito di affetto e cura non solo alla famiglia. Stefania e tante persone come lei, attraverso i servizi territoriali della Lega del Filo d’Oro, riescono a vivere situazioni di apertura e confronto con gli altri, in cui sperimentare se stessi fuori dagli schemi familiari, dove un figlio tende a restare sempre un bambino.

Stefania incontra i volontari della Lega grazie a una psicologa. Accompagnata dai genitori, inizia a poco a poco a dispiegare le ali e trovare il suo spazio: partecipa agli incontri prima a Milano, poi a Lesmo. Sperimenta per la prima volta la lontananza da casa e la convivenza con persone diverse dai suoi. Ora è un membro attivissimo nelle attività del servizio territoriale, è redattrice del giornalino della Lega e si è fatta molti amici con cui resta in contatto anche da casa tramite Internet. «Io ormai ho fatto pace con la mia condizione, l’ho accettata nel profondo, e vedere qui alla Lega la mia storia riflessa in quelle degli altri, mi dà grande sicurezza e conforto». Una specie di miracolo, che però non basta a farle spiccare il grande volo: avere una casa tutta sua. «Ho imparato a prendere il treno in autonomia, con il supporto del servizio disabili di Trenitalia. A Milano un volontario viene a prendermi e mi accompagna dov’è il ritrovo con i miei amici e operatori della Lega del Filo d’Oro. Senza questo, ora che sono disoccupata, farei tutto il giorno collanine, la mia nuova passione. Ma il mio sogno resta trovare un lavoro che mi faccia diventare autonoma: voglio mantenermi da sola e avere un fidanzato».

Alla ricerca dell’amore

L’amore è al centro dei pensieri e dei desideri di Stefania, come di qualunque altra persona alla ricerca del suo posto nel mondo. «La nostra capacità d’amare resta inalterata. La disabilità può condizionare i nostri sensi, ma non il cuore. E comunque vada, la mia vita ha la stessa dignità e bellezza di quella degli altri. Anzi. A volte penso anche di più». Come per tutti noi, anche per Stefania la famiglia, gli amici, un lavoro, un amore, sono aspettative necessarie e giuste per dare un sapore più intenso alla propria vita.

Ascoltando Stefania e la sua forza vitale, mi viene in mente un verso di Diversi da chi, una canzone dei Ladri di carrozzelle:

“Forse diversi da chi ha perso tempo inutilmente
chi si piange addosso come un fesso
e non sa gridare quanto è bella questa vita affascinante, entusiasmante vita”.  

Per saperne di più sulla Lega del Filo d’Oro

La Lega del Filo d’Oro, presente in 8 regioni con Centri Residenziali e Sedi territoriali, dal 1964 assiste e riabilita le persone sordocieche (189.000 in Italia) e con deficit psicosensoriali, cercando di accompagnarle all’autonomia. Quasi il 50 per cento di queste persone ha anche una disabilità motoria, 4 su 10 hanno danni permanenti legati a una disabilità intellettiva. In 7 casi su 10 le persone sordocieche hanno difficoltà ad essere autonome nelle più semplici attività quotidiane come lavarsi, vestirsi, mangiare, uscire da soli. Un “esercito” di invisibili con disabilità plurime di cui spesso s’ignora l’esistenza. Dal 2006 le risorse raccolte grazie al 5×1000 hanno permesso all’associazione di moltiplicare il suo aiuto: i centri sono diventati 5 in tutta Italia, le sedi territoriali 8, le persone assistite quasi 900.

Per informazioni, legadelfilodoro.it, numero verde 800904450

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(in collaborazione con Lega del Filo d’oro)