Dalla diffusione dei podcast alle call durante lo smartworking, fino a un social network solo audio come Clubhouse: tanti segnali dicono che la comunicazione vocale attraversa una nuova primavera. Questo ci stimola a (ri)pensare il rapporto che abbiamo con la voce. Riflettiamoci: il nostro debutto nel mondo, il primo vagito, è sonoro. Poi ogni giorno, e per tutta la vita, ascoltiamo e parliamo, ma di solito lo facciamo dentro un meccanismo rigido, dato per scontato.
A fornirci invece istruzioni per percorrere con sorpresa e successo La via della voce – come dice il titolo del suo ultimo libro – è Milena Origgi, cantante, compositrice professionista e vocal coach lombarda che da anni si divide tra Boston, Londra e Milano. Milena, nota come Mylena Vocal Coach, ha clienti in giro per il mondo: cantanti e attori certo, ma anche youtuber e ceo di aziende, coppie e genitori e figli. E ha da poco tenuto lezioni sulla comunicazione al corso di Management internazionale dell’Università Cattolica e agli Alumni della Bocconi di Milano.
Quanti tipi di voce esistono?
«Non c’è una voce identica a un’altra, ognuna è espressione e testimonianza della nostra unicità».
Per questo lei ha creato il metodo Inborn Voice ©? Ce lo spiega?
«È frutto di 30 anni di lavoro e permette alle persone di riappropriarsi della propria voce, quella con cui siamo nati, che esprime l’identità e l’essenza di ciascuno, ma che nel corso del tempo viene “sporcata” da condizionamenti sociali e culturali. Tanti mi dicono di non riconoscersi nella loro voce, la considerano roca o titubante. Non la sentono loro e non riescono a usarla come vorrebbero con conseguenze negative anche per la loro vita sociale. Un tono “da bambina” può essere un problema se dirigi un’azienda. Se hai una voce stridula, ti prendono in giro, in particolare negli Usa dove tutto è performance. Io aiuto le persone a riconquistare le proprie capacità espressive e a trasmettere agli altri con disinvoltura emozioni, entusiasmo e idee».
Come?
«Il mio lavoro è incentrato nel riallineare la voce con le emozioni che sono presenti dentro di noi fin dalla nascita. Il discorso è complesso, ma provo a spiegarmi con un esempio: è un po’ come voler suonare una chitarra come fosse un violino. Fino a che non si ritorna alla propria Inborn Voice, non si potrà mai gioire delle migliaia di sfumature di cui è capace una chitarra, ma si rimarrà infelici della scarsa qualità del nostro violino».
Quali emozioni possiamo esprimere con la voce?
«Davvero tante: dalla gioia alla rabbia, dal disgusto al desiderio, dalla soddisfazione alla nostalgia. Ma finché noi non ritroviamo la nostra vera voce quelle potenzialità restano in buona parte imprigionate».
Può servire fare un corso di public speaking?
«Molti di quei corsi, secondo me, creano dei cloni comunicativi: si viene impostati su regole che tendono a renderci tutti uguali. Al contrario, occorre mirare a una comunicazione libera e fluida, che metta a proprio agio sia chi parla sia chi ascolta».
È una questione di tecnica?
«Direi di no. Quando devono tenere un discorso molti si concentrano sulle parole, la dizione, le pause, la velocità. Ma questi aspetti hanno un impatto solo del 20% sull’efficacia della nostra comunicazione. Quello che conta è l’area paralinguistica, emozionale, che influisce sul restante 80%. Nei miei corsi parto dalla constatazione che la voce viaggia lungo onde sonore e un elemento chiave è la risonanza».
Che ruolo svolge?
«La risonanza è qualcosa che amplifica. Quando la voce sa esprimere le emozioni profonde esce più forte e potente, senza freni e rienergizzata. È in grado di coinvolgere e trascinare anche gli altri, con un effetto di risonanza ulteriore, quasi magnetico. Tornando alla chitarra, quando la si suona correttamente, utilizzando le proprie emozioni, questa suonerà meglio e spargerà la sua armonia tutt’attorno».
Con quali conseguenze nel rapporto con gli altri?
«Le relazioni di amicizia o sentimentali diventano più “vere” e intense. Lavoro spesso con genitori che hanno difficoltà a esternare ai figli i loro sentimenti e con coppie con problemi di comunicazione. A livello professionale se il nostro essere più profondo è in sintonia con la voce, riesce a esprimere autorevolezza e a dare il meglio di sé: la voce è la nostra business card, il nostro biglietto da visita».
C’è un consiglio che ci può dare per educare la nostra voce a ogni età?
«Imparare ad ascoltarla. È un primo passo per scoprire e utilizzare al meglio la propria Inborn Voice. Se la voce si indebolisce o diventa rauca, per esempio, è un sintomo che la si sta usando male e non va ignorato. Io suggerisco anche di registrarsi e riascoltarsi, tenendo un archivio storico vocale che permette di notare i progressi o i peggioramenti».