Il 20 aprile del 1992 io non ero nata, anzi non ero nemmeno nei pensieri di mia madre, che sicuramente era sintonizzata a guardare in diretta tv il concerto tributo a Freddie Mercury al Wembley Stadium di Londra. Eppure l’esibizione di George Michael (una Somebody to love che tutt’ora preferisco all’originale) è stampata nella mia memoria come se fossi stata anch’io nel pubblico. Anche oggi che ormai ho frequentato più Wembley di San Siro, ogni volta che guardo il palco mi tremano le gambe: è qui che è successo tutto, mi sembra di tornare a casa. Da cosa deriva questa magia? Da un’educazione a pane e buona musica, e dalla fortuna di essere nata in un’epoca dove tutto ciò che conta si può guardare (e riguardare, e riguardare) su YouTube.
YouTube: la mia storia, un video alla volta
Essere nativi digitali in fondo significa ricordarsi esattamente il momento in cui si è passati dal seguire i click di mamma e papà al muoverci sul web per conto nostro. Ed è anche grazie a YouTube che, come me, tanti miei coetanei hanno cominciato a costruire il proprio mondo online in contemporanea a quello offline.
Io e le mie amiche, tra le elementari e le medie, abbiamo cominciato a scambiarci sms e “chattare”, ma soprattutto a giocare su piattaforme come lo storico sito GirlsGoGames.com (o, il mio preferito, Stardoll). Ogni sessione di gioco aveva una colonna sonora, che tutte sceglievamo con attenzione su Youtube. Io sceglievo i vestiti e gli accessori per le mie bambole digitali con un sottofondo che prevedeva i Paramore (ai tempi della colonna sonora di Twilight), i Thirty Seconds to Mars (per Jared Leto) e, di nascosto, i primi successi di Justin Bieber.
Ma il vero mago di YouTube era mio fratello, che riusciva a trovare intere puntate dei nostri cartoni preferiti (comprese stagioni ancora non uscite in tv) e video “nonsense” che scovava ancora non so come tra i meandri del web. Il suo video preferito vedeva un tale Peter L’Anguilla che aveva braccia lunghissime e le ciondolava lungo la Barceloneta mentre canticchiava una canzone basata sul suo nome. Nel corso degli anni, quel suo vagare per Youtube lo ha portato a scoprire una musica tutta nuova, la trap (che è entrata a far parte della nostra vita con Dende di Ghali). E, più avanti, un esercito di quelli che sono stati i primi veri influencer: gli YouTuber.
La nascita di YouTube, 20 anni fa
È strano pensare che quella piattaforma che ha contribuito così tanto alla nostra formazione sia nata un po’ per caso. Il 14 febbraio 2005, infatti, i tre inventori (Steve Chen, Chad Hurley e Jawed Karim) intendevano lanciare in tempo per San Valentino un’app di dating. Il primo slogan era «Tune in, Hook Up» (una sorta di «Carica un video e accoppiati!»), e l’idea era far caricare video di presentazione agli utenti per trovare aspiranti partner.
Ma il giorno dopo “l’incidente del Superbowl”, quando Justin Timberlake ha accidentalmente spogliato Janet Jackson in diretta televisiva, sul web tutti si chiedevano dove poter trovare un video che riproducesse la scena. È così che i tre si sono accorti che un “social di video” ancora non esisteva, così hanno velocemente cambiato lo slogan (e il destino) del neonato YouTube. Forti del celebre «Broadcast Yourself» («Mandati in onda»), hanno dato inizio a una nuova era.
Il resto è storia: dai 30mila utenti al giorno già dopo il primo mese, fino a 2 milioni dopo poco più di sei mesi. Un anno dopo, YouTube aveva 25 milioni di visualizzazioni e sul sito venivano caricati 20mila video al giorno. E, di lì a pochi mesi, arrivava la storica proposta di Google, che acquistava la piattaforma per 1,65 miliardi di dollari in azioni e ridisegnava l’apparato pubblicitario della piattaforma rendendola una vera e propria macchina da soldi.
Glory Days: quando YouTube ha cominciato a fare cultura
Per la prima volta esisteva un luogo, online, dedicato a contenere video di ogni tipo (ovviamente, purché rispettosi della pubblica decenza) e quasi senza limiti di durata. Sulla piattaforma non solo cominciarono a circolare video “di archivio”, come appunto i 5 minuti di esibizione di George Michael che ho guardato mille volte io, ma tantissimi contenuti amatoriali. Il primo, lo storico Me at the zoo, altro non era che un video scattato da Jawed Karim senza alcuna aspirazione e in bassissima qualità.
I video amatoriali spaziavano dalle cadute divertenti a tentativi di mostrare i propri talenti (o la totale assenza di essi). Chiunque poteva caricare un contenuto sulla piattaforma e, in caso diventasse virale (un concetto che oggi conosciamo tutti bene, ma allora era una rivoluzione) persino guadagnare soldi veri. È così che sono nati i primi creator, gli YouTuber, che video dopo video hanno creato imperi e community super affezionate (dalla vlogger Emma Chamberlain a podcaster ante litteram come Alessandro Masala, e il suo Breaking Italy).
I creator millennial e GenZ, i primi veri influencer
Negli anni d’oro del web, quando tutto era libero ma non faceva ancora paura, tante mie coetanee seguivano YouTuber tanto da considerarli amici. C’era una Sofia Viscardi molto diversa dalla creator di oggi, con lunghi capelli ricci biondi e la camera piena di poster. Greta Menchi, che appariva dicendo «Woosh!» e insegnava a volte a truccarsi, a volte a parlare coi ragazzi, altre volte semplicemente discuteva dei temi del giorno.
Io studiavo i testi delle canzoni in inglese e imparavo nuovi termini, tutti i gossip del mondo di Hollywood e affini e soprattutto ad associare le voci dei membri delle boyband alle strofe giuste (un’arte di cui anche oggi vado ancora molto fiera). Nella stanza di fianco, mio fratello e i suoi amici invece superavano i livelli dei videogiochi grazie ai consigli di Lorenzo Ostuni (Favij) e Gabriele Gaiba (GabboDSQ), o riguardavano i goal più iconici della storia dei mondiali. E a modo loro, anche lì si studiava, con estratti delle interviste di calciatori (da Messi a Pelé) o video super specifici di Federico Buffa (parodia compresa, Il Divino Jonathan è ancora un copione che entrambi sappiamo recitare a memoria).
Perché YouTube è ancora insuperabile
C’era, e c’è ancora, un video di YouTube per chiunque. Durano mediamente di più di quelli di TikTok, e giocano in un altro campionato. Per capirlo basta pensare al formato storico, che ancora oggi non è cambiato e ricorda quello del cinema e della televisione. Quello offerto da YouTube (salvo eccezioni), è un tipo di intrattenimento diverso, che ha la possibilità di andare in superficie, e nel migliore dei casi arricchisce sia lo spettatore che il creator.
Video amatoriali e brevissimi a parte, la forza di YouTube sta nelle compilation, nei lunghi video (podcast ante litteram), nei tutorial o nelle ricette: contenuti di valore, che non si limitano solo ad offrirci qualche secondo di divertimento, ma ad essere ricordati.
Ecco, tra le tante ragioni, perché YouTube (nonostante l’aumento insopportabile delle pubblicità e delle interruzioni) non accenna a calare in popolarità e rimane – a differenza di tante “coetanee” – ancora una piattaforma leader. I dati lo confermano: a gennaio dello scorso anno contava più di 2.5 miliardi di user attivi al mese, ognuno dei quali guardava più di un miliardo di ore di video ogni giorno. I video caricati sulla piattaforma oggi sono quasi 500 ore di contenuto al minuto per un totale di quasi 14 miliardi di video totali.
Il futuro di YouTube: i piani per il 2025
Forte di questa storia, che scriviamo ancora tutti insieme giorno per giorno, Neal Mohan (il CEO di YouTube), ha condiviso delle ottimistiche previsioni per l’anno a venire. Come prima cosa, confida che la piattaforma rimarrà l’epicentro della cultura, impegnandosi nel dare sempre più spazio al format del podcast. Per realizzare questo obiettivo, anticipa che nel corso del 2025 arriveranno lanci di nuovi strumenti a supporto dei podcaster, miglioramenti delle opportunità di monetizzazione e questo tipo di contenuti sarà meglio diffuso dall’algoritmo.
Un’altra previsione riguarda invece gli YouTuber, che la piattaforma intende valorizzare come «le startup di Hollywood». A questo fine, intende fornire sempre più strumenti e funzionalità per le loro attività e community. Con l’aumento dei creator che creano contenuti per lo schermo di casa, un altro degli obiettivi di Mohan è portare il meglio della piattaforma sulle TV. A questo proposito, annuncia anche un’esperienza da un secondo schermo che consenta di svolgere azioni come commentare o fare acquisti su un video usando un dispositivo mobile. E, least but not least, anche su YouTube arriverà l’Intelligenza Artificiale. Semplificherà la creazione di contenuti e, stando all’annuncio di Moahn, migliorerà l’esperienza di YouTube «per chiunque».