In concreto funziona così (il racconto di una paziente)
Claudia Arletti, insegnante 60enne, milanese, prima di Natale ha provato sulla sua pelle i benefici della robotica. «Avevo una piccola ciste renale, che tenevo sempre sotto controllo» racconta. «Proprio durante un’ecografia, è emerso che si era trasformata in una formazione solida. Insomma, poteva essere un tumore. La Tac ha confermato la prima diagnosi e il mio medico mi ha indirizzata dal dottor Gaboardi, che mi ha proposto l’intervento con il robot, spiegandomi tutti i benefici. Non ho avuto dubbi e il 7 gennaio sono entrata in ospedale. Sono stata operata il lunedì mattina e mercoledì pomeriggio sono tornata a casa, dalla mia famiglia: un piccolo miracolo. L’intervento è stato poco invasivo. Infatti, il robot ha effettuato 3 piccoli buchini sull’addome e ha tolto il pezzo di rene malato. In questo modo non ci sono state perdite di sangue, quindi non ho avuto bisogno di trasfusioni e di terapie particolari. Anche la ripresa è stata più veloce perché dolori e indolenzimenti sono stati minimi». E proprio la mini-cicatrice ha aiutato non poco la paziente. «Mi sono sentita più leggera, ancora prima di avere i risultati dell’istologico ero ottimista, non avevo pesi o traumi perché vedevo il mio corpo intatto, in forze. Poi la biopsia ha confermato che si trattava di un tumore benigno e ora sto bene. Farò tutti i controlli del caso, ma questi piccoli buchini invisibili mi hanno permesso di archiviare prima il momento difficile. Invece 10 anni fa ho subito un’isterectomia per un altro problema e la cicatrice è ancora qui, a ricordarmi per sempre quello che è successo».
Forse non lo sai ma lo scorso anno in Italia ben 20.000 interventi sono stati eseguiti da un robot. La chirurgia robotica non è più fantascienza ma una tecnica che ormai è entrata a pieno titolo negli ospedali e in cui il nostro Paese è leader in Europa.
È un alleato prezioso contro tumori e calcolosi
E se pensi che questa rivoluzione riguardi le operazioni più d’avanguardia o quelli di cardiochirurgia o di chirurgia cerebrale, preparati a cambiare idea. Sette su 10 tra quelle eseguite con un robot, infatti, hanno a che fare con l’urologia. Non solo: oltre il 40% sono state effettuate su donne over 50, per sfatare un antico pregiudizio che riserva questa branca della medicina agli uomini. «Non è così» spiega Franco Gaboardi, direttore dell’Unità operativa di urologia all’ospedale San Raffaele-Turro di Milano e primo chirurgo italiano a fare una prostatectomia radicale utilizzando un robot. «Tutto l’apparato urinario, da reni a ureteri fino alla vescica è competenza nostra. Spesso, invece, le donne vanno dal ginecologo per curare una cistite o perché sono alle prese con l’incontinenza, ma così l’indagine risulta meno approfondita. Serve un cambio di mentalità: le donne non devono accompagnare da noi solo il marito per la prostata, ma prendersi anche cura di se stesse».
Oggi questa specialità della medicina è diventata davvero importante per le 50enni. «In questa fascia d’età sono in aumento tumori al rene e alla vescica, perché sono sempre più numerose le fumatrici e la sigaretta è uno dei fattori di rischio» nota l’esperto. «Sale anche il numero di chi soffre di calcolosi per colpa di diete fai-da-te e sbilanciate, che alla lunga creano problemi ai reni».
Risolve i problemi di incontinenza
E poi c’è un altro disturbo in cui la chirurgia con il robot può cambiarci la qualità della vita. Stiamo parlando dell’incontinenza, che affligge una over 50 su 3. «Quando la vescica cede, si abbassa e arriva a scendere nella vagina, bisogna intervenire» spiega il dottor Gaboardi.
Si agisce così: si mettono delle piccole fascette che la “agganciano” a utero e retto e la riportano alla sua posizione. Con il robot questa operazione può essere fatta senza incidere muscoli e nervi: queste parti non vengono mai toccate quindi si prova meno dolore e il recupero dopo l’intervento è più veloce. Con la chirurgia classica servono almeno tre giorni di ricovero e più di una decina, in media, per la convalescenza. Tempi che possono essere dimezzati quando si fa tutto con il robot. «Così, un’operazione complessa che riguarda una delle zone più delicate del corpo femminile, diventa più semplice e meno invasiva» prosegue il medico. «Sparisce anche la classica cicatrice e come unico ricordo dell’intervento restano solo due piccoli forellini».
Permette al chirurgo di lavorare 3D
Il robot gioca un ruolo fondamentale anche nelle patologie più serie, come quelle oncologiche. «Pensiamo, per esempio, al tumore alla vescica: quando si opera bisogna toglierla e ricostruirla usando parti dell’intestino» precisa l’esperto. «Prima era una procedura complessa, ora è fattibile e dà ottimi risultati senza dover eseguire ampie incisioni cutanee. Il chirurgo ha una visione del campo operatorio 3D e può aumentare la visione della realtà fino a 10 volte. I movimenti degli strumenti robotici sono più precisi e, grazie alla loro capacità di rotazione, arrivano ovunque. Questo garantisce anche una migliore ripresa della paziente. Non solo: le cicatrici evidenti di un tempo vengono sostituite da un singolo forellino, quasi invisibile. E la nostra esperienza clinica ci dice che l’assenza di segni permette alla donna di recuperare meglio anche dal punto di vista psicologico: non vedere ogni giorno sul proprio corpo tracce che ricordano il dolore aiuta a combattere l’ansia e ricominciare una vita normale».