È il 1977, una signora con gli occhialoni fumé viene intervistata da un giornalista della Rai sul significato di “ecologia”, una parola che in Italia è appena diventata di attualità. «Usare l’ambiente come scarico delle sostanze nocive dell’industria danneggia l’economia» spiega lei con voce suadente. L’intervistatore chiede se sia utopico arrivare a uno sviluppo armonioso. «È utopico pensare che non ci si arrivi e che si sopravviva» sussurra lei con un sorriso, come fosse la cosa più ovvia al mondo.
Lo è oggi, ai tempi di Greta Thunberg e dello sviluppo sostenibile. Ma in quell’epoca di tv in bianco e nero pochi dicono che ciò che porta benessere crea anche nuove malattie, mette a rischio l’essere umano e l’intero sistema vivente. Tra questi c’è Laura Conti. Capelli raccolti con l’onda alla Rita Levi Montalcini, ma meno pettinata. L’austerità di Nilde Iotti, ma con più empatia. E quella voce incantatrice. «Al suo cospetto eravamo tutti scolaretti: quando parlava non diceva niente di uguale a ciò che dicevano gli altri» ricorda Valeria Fieramonte, giornalista scientifica e autrice della biografia La via di Laura Conti.
Laura Conti ha anticipato i tempi
E allora perché le sue parole sono state dimenticate? Su Internet si trovano poche informazioni e rare foto. La riscopriamo ora perché è nata nel 1921 e ricorre il centenario. Ma c’è un altro motivo. Laura Conti ha anticipato i tempi. Aveva una visione scientifica dell’ecologia che non esisteva in Italia. Parlando di inquinamento, sviluppo industriale e tecnologico, ha saputo “unire i puntini” del disegno ambientalista nella sua complessità e prefigurare conseguenze che oggi sono sotto gli occhi di tutti.
Per i suoi contemporanei, invece, era un’eretica, come quando scriveva: «Qualcuno mi accuserà di aver messo sullo stesso piano l’uomo e gli altri animali. Ribatterò che non li ho messi sullo stesso piano ma ho cercato di studiarli con lo stesso metro. A tenermi lontana dal cattolicesimo è soprattutto questo, la negazione dell’unità del mondo vivente nel suo insieme, in nome di un rapporto con Dio che lo divide: di qua l’Uomo e di là il Resto».
Amava provocare e, in politica, c’era chi la considerava una rompiscatole. Ma ora che abbiamo così bisogno di modelli femminili che invoglino le ragazze a studiare le Stem, le donne per prime dovrebbero riscoprirla.
La vita di Laura Conti
Laura Conti nasce a Udine. I genitori, atei e socialisti, non hanno vita facile sotto il fascismo e si trasferiscono a Milano, dove lei si diploma al liceo scientifico e si iscrive a Medicina. Travolta dalla guerra, nel ’43 è con i partigiani. Nel ’44 viene internata a Bolzano nel lager nazista di Gries per 8 mesi. Da qui riesce a inviare alla Resistenza un prezioso reportage e persino a innamorarsi di Armando, anche lui partigiano. È l’amore giovanile, appassionato e tragico, mai rimpiazzato. Poco dopo la Liberazione, lui muore per una ferita alla gamba.
Laura non si sposa e non ha figli. La sua biografa Valeria Fieramonte cita un lungo sodalizio con Lelio Basso, importante esponente del Partito Socialista, sposato e più grande di 20 anni. Quella storia per Laura finisce alla soglia dei 40. Poi solo gatti, suoi conviventi adorati. Il “matrimonio” è con la professione medica e con il Partito Comunista.
L’interesse per l’ambiente
Laura Conti lavora come medico all’Inail e dall’esperienza delle malattie sul lavoro nasce l’interesse per l’ambiente. Studia e scrive tantissimo, alla fine della sua carriera si contano 26 libri e infinite pubblicazioni, articoli e testi per la scuola. Divulgare in modo semplice cose complicate è il suo forte. Gli editori sono impressionati dalla sua velocità senza ripensamenti né correzioni: ha già tutto in testa.
Dall’inizio degli anni ’70 all’estero il dibattito sull’ecologia è acceso. Laura Conti conosce bene il biologo Barry Commoner, padre del movimento ecologista mondiale, e introduce anche da noi i temi dell’abuso dei pesticidi e dei fertilizzanti artificiali, dell’agricoltura intensiva: «Chi coltiva la terra, invece di venire ricompensato se difende gli equilibri ambientali, viene ricompensato solo se li sconvolge e li distrugge» scrive in uno dei saggi più famosi, Cos’è l’ecologia. Dibatte di petrolio e plastiche in mare. Inquadra l’Italia come un Paese fragile, esposto al dissesto idrogeologico.
Il disastro di Seveso
Quando c’è l’incidente di Seveso è la persona al posto giusto. Il 10 luglio 1976 dall’impianto chimico Icmesa di Meda, vicino a Milano, per un’avaria si sprigiona una nube di diossina, sostanza tossica usata per i pesticidi. Il vento la porta sui comuni vicini, il primo è Seveso. Laura è consigliere regionale della Lombardia e il suo impegno nel disastro è totale. Trascorre molti giorni sul posto e si batte affinché gli abitanti vengano informati. Impegno non da poco: la notizia dell’incidente viene diffusa solo dopo una settimana.
Laura Conti interviene nelle assemblee, dove gli scontri sono accesi, sa che il suo intervento è impopolare perché rappresenta le istituzioni, è donna, è comunista e non vuole minimizzare la situazione. Eppure non viene contestata: «Penso che sentissero che ero commossa, che mi sentivo appassionatamente amica loro» racconta. Con la solita velocità scrive il saggio Visto da Seveso e non fa sconti a nessuno: la confusione delle autorità, la diffidenza della gente, la mancata assunzione di responsabilità della Givaudan, l’azienda svizzera proprietaria dell’impianto. Pubblica anche il romanzo Una lepre con la faccia di bambina per raggiungere i più piccoli. Nella prefazione scrive: «I ragazzi dell’area inquinata desideravano dal mondo adulto informazioni su quello che sovvertiva la loro vita, e furono messi sgarbatamente a tacere. Se vollero informazioni dovettero rubarle, origliando dietro le porte: gli adulti, infatti, avevano troppa paura di parlare della diossina per accettare di rispondere alle domande; e avevano paura, perché l’inquinamento metteva in crisi i loro valori».
A lei si deve anche la normativa europea sul controllo dei rischi industriali, la Direttiva Seveso.
→ ECOLOGIA
Tecnicamente, l’ecologia studia le relazioni tra gli esseri viventi (umani, animali, piante) e l’ambiente che li ospita. Ma “eco” deriva dal greco “oikos”, che significa sia ambiente sia casa. Ecco perché, in senso ampio, è la scienza che si occupa del benessere del Pianeta: la casa di tutti noi.
Dopo Seveso in Italia l’ecologia diventa d’attualità
Dopo il disastro, in Italia l’ecologia diventa d’attualità. «I miei fine settimana li passo in treno per raggiungere la gente, soprattutto giovane, che sente i problemi ecologici come una minaccia incombente, contro la quale bisogna agire culturalmente e politicamente» racconta.
Nel 1980 Laura Conti è tra i fondatori della Lega per l’Ambiente, poi Legambiente. All’organizzazione si dedica con passione, conquistando migliaia di persone, la base elettorale che la porterà in Parlamento dall’87 al ’91. La popolarità non coincide con il successo politico. Proprio dal suo partito e dai sindacati viene attaccata quando dice: «Bisogna abbattere il mito che l’industrializzazione costituisca un valore positivo, il mito che costituisca un valore positivo la crescita del volume degli scambi tra un’economia e l’altra».
L’ecologia pare una minaccia contro l’occupazione, lo sviluppo. Marco Martorelli, redattore editoriale amico di Laura dagli anni ’70, ricorda come la sua presa di posizione contro il referendum sulla caccia del 1990, per lei fanatico e demagogico, finisca per deteriorare i rapporti con Legambiente, che invece lo promuove. Il referendum naufraga, come lei aveva previsto, la gente non va a votare. Tra i questiti proposti, ne è stato inserito uno per limitare l’uso dei pesticidi che finisce trascinato dal fallimento della tornata referendaria. Le accuse di Laura contro l’industria chimica e la propaganda referendaria per aver nascosto dietro alla caccia una questione ben più importante sono pesanti. Anche a questo conflitto si deve la rimozione del suo nome nella memoria degli anni a venire. Lei non ammette che si vada contro il bene comune ignorando le conoscenze scientifiche.
Laura Conti ora è pronta per una seconda vita
Il suo pensiero rigoroso dà luogo a confronti serrati anche con le femministe, i sessantottini, i Verdi e corre parallelo alle vampate ideologiche di quei movimenti. Laura Conti è moderna in tutto tranne che nella cura di sé. Anche se è un medico, fuma, ama la buona tavola, non è sportiva e tra una visita di controllo e un dibattito in una biblioteca civica, sceglie sempre la seconda. È lei stessa a scherzarci: «Il mio cardiologo inorridisce quando vede con quale difficoltà riesco a inserire l’appuntamento per l’elettrocardiogramma nelle pagine strapiene: aveva pensato (e l’avevo pensato anch’io) che ritirandomi dall’attività politica e professionale, e mettendomi in pensione, avrei potuto condurre una vita più igienica: a letto presto tutte le sere, passeggiate per il viale tutte le mattine. Invece…». Laura Conti muore a casa sua nel 1993, per un malore notturno, fino all’ultima telefonata serale è lucida e attenta. Ora è senz’altro pronta per una seconda vita.