L’ultima avventura eco di Leonardo DiCaprio è una partecipazione in Beyond Meat, azienda americana che produce un succedaneo della carne completamente vegetale. L’attore l’ha finanziata tra i primi, nel 2017, perché convinto che rinunciare alla polpetta di manzo sia «una delle misure più potenti per ridurre il nostro impatto sull’ambiente». All’inizio di marzo ha quindi postato su Twitter la foto di un succulento plant-burger invitando i suoi 19,5 milioni di follower a consumarlo una volta a settimana, invece di quello tradizionale, per ottenere lo stesso effetto prodotto dall’eliminazione di 12 milioni di macchine dalle strade. Insomma: non è una stravaganza da vip.
Leo DiCaprio, ecologista della prima ora
D’altra parte, Leo DiCaprio era un ecologista convinto molto prima che diventasse di moda. Racconta che il suo imprinting fu una riproduzione di un quadro di Hieronymus Bosch, Il Giardino delle delizie, che il padre gli aveva appeso in camera. Lo illustra a Rolling Stone: «Da una parte ci sono Adamo ed Eva che ricevono in dono il Paradiso; in mezzo c’è una scena di eccessi e sovrappopolazione, con la gente che gode dei frutti del Creato; e nell’ultimo pannello tutto è carbonizzato, il cielo è nero: l’Apocalisse». Una metafora piuttosto esatta dei destini dell’umanità.
Nel 1998, quando l’attore era già il divo di Titanic, alla Casa Bianca incontrò il vicepresidente Al Gore: «Mi fece sedere. Disegnò uno schizzo del Pianeta, disegnò l’atmosfera e quindi mi disse: “Questa è la crisi più grave che dobbiamo risolvere”». Fu così che decise di fondare la Leonardo DiCaprio Foundation.
DiCaprio e i documentari sull’ambiente
Alla fine dello scorso millennio, occuparsi di ecologia era una fissazione un po’ hippie: le celebrità di primo piano prestavano servizio contro la guerra o la fame nel mondo. Greta Thunberg non era ancora nata, e di clima si parlava giusto nei documentari o in qualche domanda folcloristica nelle interviste a Robert Redford o al principe Carlo. È allora che la fondazione DiCaprio ha cominciato a lavorare attraverso finanziamenti, iniziative di sensibilizzazione e campagne sui media per contenere il riscaldamento globale, salvaguardare la biodiversità e promuovere l’uso di energie rinnovabili. Nel 2007 Leo ci ha messo la faccia, o quantomeno la voce, producendo e narrando L’undicesima ora, il suo primo documentario sull’argomento.
Ancora una volta seguiva l’esempio di Al Gore, che proprio quell’anno con An inconvenient truth vinceva il premio Oscar come miglior documentario. L’uragano Katrina, nel 2005, aveva influenzato profondamente la percezione del cambiamento climatico, e Hollywood cominciava ad adeguarsi. DiCaprio ha poi prodotto documentari sul traffico d’avorio (The ivory game), l’estrazione di petrolio in Congo (Virunga), l’impatto ambientale degli allevamenti intensivi (Cowspiracy), le corse di macchine elettriche (And we go green).
Leonardo DiCaprio ambasciatore Onu
Nel 2014 Leonardo DiCaprio è stato nominato ambasciatore di pace per il clima alle Nazioni Unite. Il suo discorso di apertura alla conferenza mondiale ha infranto ogni record di visualizzazioni su YouTube.
Nel 2016 ha distribuito gratis Before the flood, film che documenta il suo viaggio intorno al mondo per esplorare gli effetti devastanti del cambiamento climatico. Enric Sala del National Geographic, che ha collaborato al progetto, gli riconosce «un megafono che nessun altro ha. È autorevole, ammirato e rispettato. Quando parla lui, la gente ascolta».
Persino Vladimir Putin, che ci ha lavorato per un progetto di salvaguardia delle tigri, non ha potuto fare a meno di notare: «È un vero uomo». Nel 2019 a Cannes ha presentato la sua ultima fatica, Ice on fire, approfittando della risonanza dell’altro film per cui era lì: C’era una volta… a Hollywood di Quentin Tarantino. Di certo, sa come ottimizzare le risorse.
Com’è Leonardo DiCaprio nella vita privata
Le sue scelte private tendono a essere un po’ meno esemplari di quelle pubbliche. Leo guida una macchina elettrica, si fa fotografare spesso in bici, ed è senz’altro vero che da giovane era vegetariano ma non è chiaro in cosa consista la sua dieta attuale, anche al netto del fegato di bisonte crudo che raccontava di aver mangiato durante le riprese di Revenant – Redivivo. E pure se nel 2016 ha approfittato dell’Oscar finalmente vinto per arringare dal palco sull’urgenza della crisi climatica, non ha mai smesso di usare aerei privati e yacht grandi come palazzi.
Secondo Forbes, DiCaprio si è autoproclamato un «cittadino a emissioni zero»: la società inglese Future Forests ha calcolato la sua impronta ecologica in 11 tonnellate di emissioni di anidride carbonica all’anno e lui ha rimediato facendo piantare una foresta a suo nome in Messico. Ma l’abitudine di pagare per compensare il danno che si produce ha benefici limitati (oltre che il fastidioso effetto collaterale di rimarcare le differenze sociali) e rende difficile capire dove finisca l’impegno autentico e inizi l’attività promozionale.
Da ragazzino Leonardo DiCaprio fu colpito dal capolavoro di Bosch Il Giardino delle delizie: da un lato il Paradiso terrestre, dall’altro l’Apocalisse
Leonardo DiCaprio e Greta Thunberg
Senza peccato, probabilmente, c’è solo Greta Thunberg. Che ha incontrato Leo nel 2019 e ne è sembrata piuttosto soddisfatta: lui l’ha chiamata «una leader del nostro tempo» e lei ha sorriso come raramente le capita in presenza di esseri umani. Non solo perché in DiCaprio riconosce, oltre alla formidabile potenza comunicativa, un approccio rigoroso e appassionato, ma anche perché fare qualcosa è meglio che non fare niente, soprattutto quando riesci ad arrivare a milioni di persone. La perfezione non esiste, bisogna lavorare nei margini che lascia la realtà.