Un anno fa, all’improvviso, il Pianeta spense il motore. Chiuse le fabbriche, ferme le auto, a terra gli aerei. L’aria nelle città sapeva di primavera, l’orizzonte divenne più lontano, le acque dei canali urbani svelarono il fondo e i cieli notturni si illuminarono di stelle. Oggi sappiamo che l’impatto sul clima di quei giorni fu solo una dolce illusione a cui aggrapparsi nelle ore buie della prima ondata di pandemia. E non solo perché le emissioni sono tornate rapidamente ai livelli pre-Covid. Ma perché, come ha spiegato il climatologo inglese Piers Forster, assieme all’inquinamento atmosferico è diminuita anche la capacità che alcune particelle dannose hanno di raffreddare il Pianeta, di proteggerlo. Un piccolo paradosso che ha limitato gli effetti positivi di quelle settimane sul bilancio del riscaldamento globale, ma che ci lascia un’importante lezione. E cioè che ai fini di proteggere il Pianeta non è poi così efficace mettere in pausa le nostre vite com’è successo un anno fa. Anche perché quel blocco non è economicamente sostenibile e danneggia i più vulnerabili, proprio come il cambiamento climatico. Ciò di cui abbiamo bisogno è una riconversione economica verde. Esattamente quella a cui sono destinati gran parte dei fondi stanziati dall’Europa: 80 miliardi di euro da investire nella “transizione ecologica”. Che, a differenza del lockdown, avrà effetti positivi sull’occupazione e sull’economia.
Ma ci sono almeno altre due scoperte che abbiamo fatto in quest’anno. La prima è che abbiamo una capacità di reazione straordinaria di
fronte alle crisi. «La risposta messa in atto dai governi contro il virus dimostra che siamo in grado di affrontare una crisi e che dobbiamo ascoltare la scienza. Se in futuro impareremo a trattare il tema ambientale come una crisi, forse riusciremo davvero a cambiare le cose e anche a sensibilizzare di più le persone» ha detto Greta Thunberg.
La seconda è che abbiamo bisogno di una relazione con la natura più di quanto siamo soliti credere. L’isolamento dagli altri esseri umani
ci ha fatto scoprire gli effetti portentosi che l’immersione nella natura poteva avere sul nostro stato d’animo. La coscienza di questo legame emotivo con l’ambiente in cui siamo stati immersi per 300.000 anni è fondamentale, secondo l’ecopsicologa Marcella Danon.
Perché è da essa che nasce l’impegno per salvare le specie viventi.
Ed è in essa che troviamo la spinta a compiere quei piccoli gesti che,
sommati gli uni agli altri, ci permetteranno di consegnare un
Pianeta in buone condizioni alle future generazioni.
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Rinsaldiamo il nostro legame profondo con la natura
La pandemia ci ha insegnato che possiamo reagire alle crisi. Anche a quella ambientale. Ora abbiamo bisogno di una riconversione dell'economia. E di rinsaldando il nostro profondo legame con la natura
24.03.2021
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