Anche se in tv l’abbiamo vista nei panni della giornalista Sandra Buccellato, così intraprendente da mettere in crisi il ruvido vicequestore Rocco Schiavone, Valeria Solarino è una persona timida e riservata. Le domande però, non le evita: al contrario, da amante della filosofia (di recente è tornata a iscriversi a questa facoltà universitaria, mollata quando ha esordito nel cinema), è la prima a interrogarsi sui suoi consumi e sull’impatto che le sue azioni quotidiane possono avere sull’ambiente. E ha deciso: ha scelto il green.
Come si esprime la tua anima “verde”?
«Cercando di rispettare l’ambiente in tante piccole cose: dal comprare i detersivi sfusi, al camminare invece di usare l’automobile, dal preferire il treno agli aerei, fino all’abitare a Roma in una casa con pannelli solari, un sistema di isolamento termico senza dispersione e un filtro che purifica l’acqua e la decalcifica. Così bevo l’acqua del rubinetto, senza dover comprare bottiglie di plastica. E poi sono molto attenta agli sprechi alimentari».
Ovvero?
«Detesto buttare il cibo e quindi riciclo gli avanzi. Mi ricordo che durante la prima ondata di pandemia, quando andavo a fare la spesa una volta la settimana per non uscire di più, avevo una tabella con quello che mi serviva. Il fine era di non comprare troppo per non ritrovarsi con delle cose a marcire nel frigo. Poi cucinavo e congelavo quello che non consumavo subito. Ogni giorno stabilivo cosa mangiare per non avere troppe cose deperibili».
A proposito di consumi consapevoli, è vero che proprio durante il primo lockdown, per mesi, ha vissuto con gli stessi capi?
«Sì. Il mio compagno (il regista Giovanni Veronesi, ndr) e io eravamo in Toscana per un weekend e abbiamo deciso di restare qualche giorno in più perché, con il rischio di un lockdown totale, preferivamo stare in una casa con il giardino per il cane, Paco, e meno affollamento rispetto a Roma. Solo che quella è la casa del mare e così, a parte un paio di tute, nell’armadio avevo solo magliette e capi estivi. Ho trascorso tutto il periodo con due maglioni e un paio di pantaloni lunghi. Forse così ho realizzato che di tante cose non avevo davvero bisogno perché, anche quando i negozi hanno riaperto, non ho più sentito l’esigenza di fare shopping, attività che, al contrario, fino ad allora mi è sempre piaciuta. Ma ho capito che ho già di tutto e di più, e anche se non possiamo smettere di consumare perché crollerebbe l’intero sistema in cui viviamo, dovremmo riflettere meglio sulla necessità di tanti beni che compriamo».
«Ho trascorso tutto il primo lockdown con due maglioni e un paio di pantaloni lunghi. Forse così ho realizzato che di tante cose non avevo davvero bisogno»
Cosa pensi della moda sostenibile? Hai fatto mai un red carpet con un abito green?
«Amo molto le proposte di Stella McCartney e credo di aver indossato un suo abito alla presentazione del film Il moschettiere del re, il primo della serie. E poi evito di mettere capi con la pelliccia perché non vorrei dare un messaggio sbagliato, di sostegno a questa moda».
Carne ne mangi o hai rinunciato?
«No, non sono vegetariana, ma ne mangio poca e la scelgo da allevamenti biologici, dove non si fa sfruttamento intensivo. Certo, la pago molto di più! E ho ridotto il consumo non solo per rispetto delle sofferenze degli animali, ma anche perché produrre carne inquina, richiede molta acqua. Poi compro frutta e verdura solo di stagione e possibilmente le cerco a km zero».
Trucco: è eco anche quello?
«Ogni volta che posso. E sul set chiedo cosmetici naturali. Ho la pelle molto sensibile, a casa uso prodotti senza profumo e zero fragranze».
«La vera bellezza si manifesta quando realizziamo il nostro scopo. Io sono affascinata da chi fa una cosa bene, da chi ha talento o da chi ha perfezionato per anni la sua abilità»
Dal tuo cane Paco hai imparato qualcosa di green?
«Ho imparato a farmi bastare l’essenziale: lui si diverte giocando con la stessa pallina da mesi, senza volere altro, gli basta il suo cibo (biologico!), non ne chiede né altro né di più. E soprattutto è bello da impazzire ma non lo sa e non se ne cura, a differenza degli esseri umani che quando sono belli diventano vanesi e perdono di fascino».
Segui qualche ambientalista?
«Ammiro Greta Thunberg, ha poco più dell’età dei miei nipoti, che partecipano anche loro ai Fridays for Future. E cerco di approfondire questi temi. Durante il primo lockdown, ho letto il saggio Spillover di David Quammen che racconta come i cambiamenti climatici e l’intervento scriteriato dell’uomo portino a pandemie. In compenso, noto da qualche tempo anche alcuni segnali positivi. Per esempio, ora sui set, al posto dei bicchieri di plastica ci sono boccioni con cui riempire la borraccia che ti danno a inizio film. Se pensiamo che su un set ci sono circa 200 persone che bevono, è una buona notizia».
Il nostro corpo è un elemento naturale, soggetto alla biologia, come un albero o un prato. Tu come tratti il tuo? Lo curi, lo ignori, salti la manutenzione?
«Lo curo perché è parte integrante del mio lavoro: non devo manipolarlo o modificarlo in ossequio a dettami estetici, ma devo essere consapevole dell’immagine che do perché ne va la credibilità dei miei personaggi. Comunque, credo che servirebbe più “naturalezza” nel modo di gestire il nostro aspetto».
Cioè?
«Mi preoccupa che oggi l’imperativo sia quello di assomigliare agli altri, di conformarsi a uno standard, anziché distinguersi e apprezzare la propria specificità. Come insegnava Aristotele, la bellezza è “unità di materia e di forma interna”: è qualcosa che si manifesta quando realizziamo il nostro scopo. Insomma, sei bello quando fai quello per cui sei portato o che ti appassiona, non quando rinunci alla tua individualità per diventare più simile ai modelli stereotipati. Io sono affascinata dalle persone di talento, perché realizzano il loro potenziale, dimostrano una pienezza del loro essere, anche se “canonicamente” sarebbero brutti. Certo, chi ha tratti simmetrici piace subito perché ha una bellezza più facile. Ma a quella ti abitui e dopo un po’ non la vedi più. Invece quando guardi qualcuno che fa una cosa bene, che ha talento o che per anni ha perfezionato la sua abilità, non puoi che subirne il fascino, percepire una scintilla che lo rende inimitabile».
Intuisco che gli studi di Filosofia ti piacciano.
«Sì, ho fatto il primo esame, estetica, e ho preso 30, ma me lo meritavo: ho studiato tanto, sentivo il bisogno di occuparmi di bellezza».
Adesso parliamo di dilemmi etici, anziché estetici: tu come te la cavi con la raccolta differenziata?
«Ah, mi vengono dubbi con i contenitori di vetro: li butto così o devo lavarli prima? Nell’incertezza, io lavo. E il cartone della pizza: fosse per me laverei anche quello. E se è sporco di mozzarella, dove lo metto: nella carta perché è di cartone oppure nell’umido perché è sporco di mozzarella? Sono questi i dilemmi quotidiani! (ride)».
Di Cristina Nava — foto di Davide Nova – intervista di Elisa Venco – testi moda di Antonella Marmieri
Make up Alioscia Mussi using Dior Make-Up Hair style di Stefano Rolandi@Twa Agency