Donne come noi, il libro in cui 34 giornalisti di Donna Moderna raccontano le storie di 100 italiane che nella loro vita hanno fatto qualcosa di straordinario, è diventato anche uno spettacolo teatrale prodotto in collaborazione con il Teatro Franco Parenti di Milano. Frutto del lavoro di Giulia Minoli ed Emanuela Giordano, Donne come noi è un dialogo fra alcune delle protagoniste del libro, accompagnato da pianoforte, violoncello e fisarmonica. Interprete principale è l’attrice e cantante Tosca. Con lei, sul palco, altre 5 artiste: Giovanna Famulari, Maria Chiara Augenti, Eleonora De Luca, Rita Ferraro e Fabia Salvucci. Insieme per uno scopo: «Raccontare donne che hanno cambiato la loro vita e quella delle altre, che sono una speranza, che possono essere prese come esempio» dice Tosca.
Lo spettacolo è al Teatro Franco Parenti di Milano il 7 marzo 2019: acquista qui i biglietti
Perché, in un momento in cui si discute furiosamente di diritti delle donne, il direttore artistico del Parenti André Ruth Shammah si augura che le donne non rinuncino a occupare «ruoli di sostanza», perché «sono loro, più che gli uomini, che fanno succedere le cose, le iniziano e le portano sempre a termine». Shammah, d’altronde, sa bene cosa significa fare carriera da donne in un mondo di uomini: il Franco Parenti può essere a buon diritto considerato una sua creatura e la sua programmazione, capace di inglobare spettacoli ed eventi per palati differenti raccolti sotto un unico cappello identitario, è la dimostrazione che le donne, spesso, le cose sanno crearle dal nulla.
Storie comuni, eppure straordinarie
Riportare l’attenzione su storie comuni che hanno dell’eccezionale, come quelle raccontate da Donne come noi, diventa allora particolarmente importante: dal giudice antimafia Teresa Principato, a Chiara Montanari, prima donna a capo di una spedizione in Antartide, all’etnomusicologa Giuliana Fugazzotto, che vuole digitalizzare i canti popolari siciliani, fino a Giorgia Benusiglio, quasi uccisa dall’ecstasy e oggi testimonial anti-droghe. Rendere giustizia a percorsi professionali, scelte di vita e storie così diverse fra loro non era certo un’operazione semplice, ecco perché Minoli e Giordano si sono avvicinate al capitale umano raccolto nel libro lavorando di empatia.
«L’approccio narrativo, prima ancora di quello registico, è stato di enorme felicità e contentezza, perché il tema del femminile è molto caro a entrambe» esordisce Giordano che, tra le altre cose, nel 2000 ha portato in Italia l’adattamento dei Monologhi della Vagina di Eve Ensler mentre nel 2011 ha diretto Italiane, spettacolo dedicato alle donne del Risorgimento Italiano. Insieme, Minoli e Giordano hanno realizzato Dieci storie proprio così, che ha appena vinto il Premio Speciale ai Nastri d’Argento 2018: un viaggio nell’Italia di frontiera dove piccole associazioni culturali di cittadini, scuole, aziende agricole, teatri e piccole imprese combattono corruzione e abbandono.
Uno spettacolo per emozionare e ispirare
«Quando ho finito di leggere il libro, avrei voluto incontrare tutte quelle donne, andarci a cena insieme, conoscerle» dice Minoli, che è presidente di The CO2 Crisis Opportunity, onlus con sede nella Casa Internazionale delle Donne di Roma che da dieci anni è attiva nella promozione della cultura della legalità. Ecco perché hanno scelto di raggruppare le storie di Donne come noi seguendo alcuni grandi temi come la cura, il coraggio di cambiare vita e di combattere le ingiustizie, il perdono, la capacità di trasformare le difficoltà in opportunità, la salvaguardia di piccoli angoli di Italia dimenticata. In Donne come noi le storie si sviluppano seguendo un andamento “concertato”, dove la musica farà da collante all’emozione. «Vorremmo che la spettatrice uscisse dal teatro con la sensazione che se ha una buona idea, e se lavora sodo, può farcela. Queste storie possono far riscoprire alle donne le loro passioni inascoltate».
E la scelta di iniziare con due storie apparentemente “piccole” non è casuale: quelle dell’etnomusicologa siciliana Giuliana Fugazzotto e quella di Alessia Chisu, che gestisce il nuraghe più antico della Sardegna, sono due esempi bellissimi per raccontare chi lavora a contatto con il proprio territorio e si impegna ogni giorno per far sì che non vada in rovina o, peggio ancora, venga dimenticato. Lo fa anche Tosca nel suo ultimo album uscito lo scorso novembre, Appunti musicali dal mondo, viaggiando in giro per il mondo alla ricerca di canzoni che raccontino le storie dei luoghi in cui sono nate: nel 2019 diventerà un documentario per Rai Cinema ed è animato dallo stesso spirito esplorativo di molte donne raccontante nel libro e nello spettacolo.
A proposito di #MeToo, Dissenso comune e “nuovo” femminismo
Minoli, dal canto suo, è convinta dell‘importanza di costruire reti locali solide e, a proposito di attivismo e “nuovo” femminismo, si augura un movimento inclusivo e ampio, che sappia coinvolgere tutte le donne e superare le sue storiche divisioni. Un femminismo che Minoli, oltre che di protesta, Minoli definisce “di proposta”, innanzitutto perché ha tantissimo (ancora) da fare. E soprattutto in un momento in cui tutti i personaggi più in vista ricercano il “bollino” dell’attivismo, secondo Minoli «bisogna sempre rivolgersi a chi certe cose le fa da anni: noi lo rabbiamo fatto con la nostra associazione, con molta umiltà, chiedendo la collaborazione di persone più esperte di noi. È uno scambio di competenze: ecco perché noi lavoriamo a mettere insieme le persone, le associazioni, che si occupano di temi civili. Il teatro in questo aiuta moltissimo: perché, paradossalmente, c’è spazio per tutti. Anche questo è teatro civile». Per gli stessi motivi, Tosca ha fondato l’Officina Pasolini a Roma, un luogo, realizzato con il contributo della Regione Lazio, che la cantante definisce «una casa per giovani artisti». Offre corsi di formazione a giovani talentuosi che vogliono specializzarsi in canto, teatro e arti multimediali.
Perché raccontare queste storie è importante
E a proposito del movimento nato a seguito dello scandalo Harvey Weinstein, quello del #MeToo, sia Minoli che Giordano credono sia fondamentale uscire dal perimetro delle celebrity e focalizzarsi sul tema delle molestie sul lavoro, che come dimostrano gli ultimi dati Istat nel nostro Paese sono tutt’altro che un problema superato. Anche la recente lettera delle attrici e giornaliste italiane, Dissenso comune, ha mancato l’obiettivo, ma ha quantomeno gettato una base per un confronto più ampio. Raccontare donne che sul lavoro hanno raggiunto il gradino più alto, come la direttrice del Cern Fabiola Gianotti, oppure donne che hanno deciso di occupare fermamente posti in trincea, come la ginecologa carceraria Adele Teodoro e la giornalista Federica Angeli, minacciata dal clan degli Spada a Ostia, assume allora una doppia valenza. Serve innanzitutto a dare conto di un mondo femminile complesso e sfaccettato, all’interno del quale ognuna può e deve scegliere il proprio percorso, e può poi funzionare da modello per una nuova narrazione delle donne e del loro ruolo nella società. «Il vero problema delle donne, d’altronde, è che molto spesso danno per scontato che la strada sia sempre quella tracciata e al massimo si può arrivare alla fine di quella strada, cosa che oggi è già un miracolo», dice Giordano. Ma è in momenti di crisi come quello che viviamo oggi, però, che si può uscire da quel tracciato e trovare soluzioni inaspettate: bisogna “solo” provarci.