Una adolescente chiusa in camera sta facendo la rivoluzione su Instagram. Possibile? Sì, se per un attimo proviamo a leggere la realtà indossando gli “occhiali” di una teenager che usa i social al pari di una piazza, e non con i paraocchi di un adulto che pensa che il mondo si possa cambiare solo scendendo in strada, come nella migliore delle tradizioni dal ’68 in poi. È su questa difficoltà di lettura che oggi si gioca il dialogo tra figli e genitori, tra colleghi giovani e maturi. Lo sostiene Federico Capeci, professore a contratto di Ricerche di Mercato all’università Cattolica di Milano, ceo di Kantar Italia e padre di 2 bambini di 13 e 8 anni, dai quali ha attinto spunti e riflessioni per il saggio Generazioni: chi siamo, cosa vogliamo, come possiamo dialogare (Franco Angeli). Una accuratissima analisi delle 5 generazioni che oggi convivono sotto lo stesso tetto in Italia, dall’operosa e mite “Silent” degli 80enni alla reattiva e pragmatica “Z” dei 20enni, passando per i creativi Millennials che superati i 35 anni faticano ancora a entrare sulla scena.
Federico, possiamo chiarire cos’è una generazione?
«Fino al Dopoguerra, la definizione era legata alle età o ai rapporti di filiazione: ovvero, io e i miei figli sappiamo di essere di generazioni diverse semplicemente perché io li ho generati. Con gli studi del sociologo tedesco Karl Mannheim, la lettura si è arricchita di valori: oggi possiamo dire che una generazione nasce nel momento in cui gruppi di adolescenti vivono una serie di fenomeni culturali, sociali, economici dirompenti e iniziano a vedere le cose in modo diverso dai loro genitori, condividendo la stessa visione del mondo. Succede anche se non partecipano direttamente al cambiamento: mia madre, per esempio, nel 1968 aveva 19 anni ed era incinta, non era propriamente “una di Woodstock”. Eppure, è piena parte di quella generazione perché i mass media e i consumi hanno generato icone che sono diventate dei punti di riferimento per tutti, anche per lei. I Baby boomers sono stati i primi giovani ad avere la cover su Time: essere teenager in quel momento voleva dire essere fighi, è stata la prima volta nella storia in cui essere ragazzi ha avuto un grande valore».
Oggi convivono 5 generazioni: è uno specifico di questo momento storico?
«Allungandosi l’aspettativa di vita, è naturale ospitare sempre più generazioni nella stessa società: oggi in Italia abbiamo una ricchezza interessante, avendo 80enni che dialogano ancora con bambini molto piccoli. Ma se pensiamo che una generazione si forma ogni 20 anni, in occasione di eventi che stravolgono il mondo, è normale che ce ne siano 4-5 insieme nella storia».
Perché ogni 20 anni?
«È l’osservazione storica che ci ha portato a dire questo: nel 1948 abbiamo le prime elezioni dopo la nascita della Repubblica, il 1968 è il momento apice di una grande rivoluzione culturale e sociale, nel 1989 cade il muro di Berlino, nel 2008 lo scandalo Lehman Brothers apre la grande crisi economica mondiale e comincia l’era dei social network. Inoltre, l’arco temporale dei 20 anni comprende sempre 2 momenti: uno preparatorio, più spirituale e concettuale, e uno reattivo e fattivo. La macrogenerazione dei Boomers, per esempio, è fatta da chi ha vissuto in gioventù gli anni ’60 – quelli del miracolo economico e della rivoluzione culturale – e chi i ’70, ovvero gli anni di piombo. Ai Millennials, che sono spirituali e pensano come cambiare il mondo, sono seguiti i giovani pragmatici della Generazione Z che, come Greta Thunberg, mentre gli altri parlavano si sono messi a “fare”».
Come dialogano le generazioni: si insegnano, si sottraggono, confliggono?
«Alcune si capiscono e parlano più facilmente, altre non si sopportano perché sono programmate per andare in opposizione. Gli idealisti poco dialogano con chi è molto concreto: i Boomers con la Generazione X si “scannano”, soprattutto le madri con le figlie, perché le prime portano in dote i grandi ideali etici della loro epoca, le seconde sono cresciute negli anni ’80, l’età dello sperpero, dell’apparire, del consumismo. C’è invece molto accordo tra Boomers e Millennials, che condividono la stessa spiritualità – seppur con logiche diverse: i primi erano mossi dal senso di rivoluzione, i secondi da quello di trasformazione – e tra i Silent e la Gen Z».
In che cosa si riconoscono queste 2 categorie?
«Gli over 80 sono la generazione che ha preso in mano l’Italia distrutta dalla guerra per sistemarla, motivo per cui i nonni sono sempre attenti al fare, al costruire. Sono chiamati “silenziosi” perché sono i figli della Greatest generation che ha vissuto la guerra, avevano poco da parlare poverini, qualsiasi cosa dicevano non era mai all’altezza dei loro padri: sono molto simili agli adolescenti di oggi, che infatti ci sembrano seriosi, ponderati, concreti, bravi. Tra Generazione Z e Boomers non corre invece buon sangue: uno è sempre troppo bla bla, e l’altro è troppo concreto, senza valori».
È davvero possibile un dialogo tra padri e figli? O il conflitto è necessario per creare una nuova visione del mondo?
«In passato c’era una necessità molto più forte di trasgressione che i ragazzi di oggi non hanno. Il primo valore per un giovane oggi è la famiglia, prima ancora dell’amore e dell’amicizia: ci stanno dando credito per intervenire nella loro vita, non hanno un nemico contro cui combattere, mentre i Boomers avevano i poteri forti delle università, dello Stato, dell’establishment, i 40-50enni della Generazione X la Russia o gli Stati Uniti. Per i ragazzi della Z i conflitti sono una grande chance di dialogo».
La pandemia sarà il nuovo shock mondiale che inaugurerà una nuova generazione?
«Più che altro saranno le conseguenze del virus a impattare sui giovani Alpha, ovvero i ragazzi delle scuole primarie e medie che saranno adolescenti alla fine del decennio. È difficile fare previsioni ma potrebbe diventare una generazione con una forte propensione alla leadership, attivista, ambiziosa. Lo intravedo già nei miei figli, entrambi Alpha: hanno un’alta capacità negoziale in casa, una diversa idea, mobile, dei ruoli e per loro la famiglia è un network in cui si parla, in cui uno vale uno».
In libreria
Generazioni: chi siamo, cosa vogliamo, come possiamo dialogare (Franco Angeli) è il saggio in cui Federico Capeci, tra i più noti ricercatori in Italia sui nuovi trend sociali, analizza le generazioni che convivono nella nostra società: la Silent degli over 74, i Baby boomers tra i 55 e i 74 anni, la Generazione X dei 35-54enni, i Millennials che si dividono in Y (25 -34) e Z (16-24). Gli under 15 non sono ancora catalogati come generazione ma hanno un nome: Alpha.