Questa mattina non si corre, la gara è programmata nel pomeriggio per vedere uno degli spettacoli più belli che il Negev può offrire: il sole che cala sulle sue infinite distese. Le runner e tutto il team della Dm Negev Adventure vanno allora alla scoperta della storia del deserto di Israele (visitnegev.com).
La destinazione è il sito archeologico dell’antica Avdat che, dall’alto di una collina alta 650 metri, domina un panorama infinito. La città fu costruita nel III secolo a.C. come luogo di sosta per le carovane in viaggio da Petra fino alle coste del Mediterraneo. A fermarsi qui erano i nabatei, un antico popolo arabo che rimase nomade fino al momento in cui i cristiani non intuirono le potenzialità economiche del commercio delle spezie e dell’incenso e decisero di sottometterlo.
Il sito conserva un tempio nabateo, le colonne e gli archi delle chiese bizantine, le cisterne per la raccolta dell’acqua piovana e persino una cantina dove veniva prodotto il vino. A colpire l’attenzione è la tonalità ocra delle pietre, resa ancora più viva dal sole e dal contrasto con l’azzurro del cielo e con i colori del deserto tutto intorno. Un vero miraggio.
Le runner scattano foto e raggiungono la cima della torre di guardia della fortezza. Tra loro la più entusiasta è Elisa che, laureata in architettura, ha partecipato a scavi archeologici a Damasco e a Rabat. «Ho guardato tra le pietre usate per costruire i muri e ho scoperto che i nabatei già conoscevano l’utilizzo della malta, molto prima che in Siria. Erano davvero avanti!» ci spiega entusiasta.
La seconda tappa della mattina si trova a pochi chilometri da Avdat, nel kibbutz dove Ben Gurion si trasferì a 60 anni con la moglie. È la Winery Sde Boker, una delle cantine più piccole di Israele (produce da 3.000 a 5.000 bottiglie l’anno). Qui, sotto gli ulivi, il proprietario Zvi Remak serve vini rossi barricati da uve cabernet sauvignon e merlot e, orgoglioso, mostra le etichette disegnate dalla figlia artista.
La gara
Finita la visita, è tempo di correre! La gara comincia sotto i migliori auspici alle 15.15, un numero che secondo la cabala israeliana significa “gloria”. Le ragazze, con il sole ancora alto, affrontano i 15 chilometri della seconda tappa su un sentiero dritto che sembra attraversare un deserto diverso da quello di ieri.
In questo tratto la strada è larga e il fondo è piatto, ma bastano poche curve perché inizino i saliscendi ricoperti di grandi rocce bianche. In testa ci sono Federica ed Elisa, segue Eleonora che in pochi chilometri riesce a riprendere le due. «Ho avuto un momento di crisi già al quarto chilometro» racconterà all’arrivo. «Poi, visto che mi devo sempre mettere alla prova, ho accelerato il passo e ci ho preso gusto: mi sentivo un puntino lanciato a tutta velocità nello spazio infinito». Arianna e Francesca si scambiano il testimone più volte e chiudono il gruppo.
Il panorama che si apre davanti ai loro occhi rivela altopiani dalle pareti frastagliate e la cima verde che incorniciano il percorso. Il sole inizia a calare e le runner proiettano lunghe ombre dietro di loro mentre affrontano l’ultima salita, la più dura. La gara è finita: Elisa e Federica sono prime, insieme, dopo un’ora e mezza dalla partenza. Eleonora, Arianna e Francesca seguono a ruota. «Anche se eravamo distanti mi sono sentita legata alle altre da un filo» racconta Francesca. «E questa è stata l’emozione più bella».
Per tutte la ricompensa è arrivare proprio in faccia al sole che cala sul monte Retamim. Una volta in cima lo sguardo corre libero fino all’orizzonte che cambia rapidamente di colore fino ad accendere un milione di stelle. Domani mattina si parte presto, meglio andare a dormire.
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Foto di Umberto Coa