«Voi sembrate felici, lo siete? E a che cosa lo attribuite?» chiedeva Woody Allen nel film Io e Annie a una coppia fermandola per strada. In amore non esistono regole che valgano per tutti, ma la curiosità di capire quale sia il segreto di un legame che funziona è sempre attuale. E aumenta quando si incrociano coppie che, oltre alla vita privata, condividono la stessa professione. Siamo abituati a pensare che ognuno debba coltivare spazi e tempi suoi per ricevere nuovi stimoli da portare nella vita a due, loro come fanno?
«Dobbiamo pensare a questo tipo di coppia come a un gruppo di lavoro unito da un’identica passione» spiega il professor Andrea Gaggioli, che dirige l’unità di ricerca in Psicologia della creatività presso l’università Cattolica a Milano. «Mettono in comune le competenze, si confrontano, esplorano nuove soluzioni e tutto questo, oltre ad aumentare le loro potenzialità, sviluppa anche la creatività, che da sempre è fonte di benessere. Si trovano così nella condizione giusta per provare l’esperienza del flow». Il flow (flusso) è quando ci si sente tutt’uno con quello che si sta facendo, concentrati e animati da emozioni positive. Può capitare a tutti noi di sperimentarlo ed è segno di una vita attiva. Come quella di queste tre coppie unite dalla passione per la filosofia, l’alta cucina e l’architettura verde.
I filosofi
Maura Gancitano e Andrea Colamedici
Come si presentano due filosofi poco più che 30enni del nostro tempo? Vestiti di nero naturalmente, ma i loro visi sono luminosi e le parole illuminanti. «Quando ci siamo incontrati, 11 anni fa, eravamo delusi dall’università, dove la filosofia si studia, ma non si pratica. Niente dialogo, esercizi e meditazione, tutti strumenti che aiutano a comprendere il proprio tempo e a far fiorire le persone. È bastata una settimana per dirci tutto quello che avremmo voluto fare e da subito abbiamo pensato di lavorare insieme». Così è nato Tlon, il progetto di una coppia che aveva già due bambini (Maddalena ed Enea) e che ha deciso di licenziarsi per lanciarsi nell’impresa di divulgare la filosofia attraverso incontri e sui social.
«Tutto quello che realizziamo, i libri e le conferenze, sono il frutto di quello che ci diciamo, una specie di laboratorio permanente in cui ci siamo aiutati a vicenda, crescendo come individui. Io, per esempio, ero una ragazza timida che ha tirato fuori la sua determinazione» dice Maura. Li dovete proprio immaginare così: in dialogo perenne. E questo non avviene per caso, a monte c’è un patto: quello di raccontarsi tutto, di essere sinceri, di mettersi a nudo per capire chi si è e tenere conto delle caratteristiche di ognuno. Nella vita quotidiana Andrea è un vulcano di idee, Maura arriva in seconda battuta ed essendo un’organizzatrice nata mette ordine (ama fare tante liste!). Lui a volte ha bisogno di isolarsi, lei di vedere tutti e questi vengono considerati due modi diversi di recuperare le energie. Delle reciproche differenze si tiene conto anche sul lavoro; i collaboratori non si stupiscono se ogni tanto Andrea sparisce, mentre Maura è più presente: si va comunque nella stessa direzione.
La sintonia loro la raggiungono non perdendosi mai di vista. «Ma lo sguardo dell’altro non deve essere solo amorevole, deve anche essere spietato» precisa Andrea. «Significa non lasciare nulla di irrisolto: “Dimmi qualunque cosa e poi lavoriamoci su”, solo così è possibile crescere sia nella vita personale sia in quella lavorativa. Una coppia è un cantiere con la scritta “Lavori in corso” e in cui si partecipa per scoprire sempre cose nuove. Si può lavorare insieme se è un’occasione per innamorarsi di più. Altrimenti è impossibile».
Gli chef
Isabella Potì e Floriano Pellegrino
Nel loro vocabolario le parole chiave sono “fame” (di arrivare) e disciplina. A unire Isabella e Floriano, che lei chiama Flo, c’è naturalmente la passione per la cucina, ma ci sono anche una concezione del lavoro e un culto del sacrificio che li trasformano in grandi saggi pronti a fare la predica al primo ragazzino capitato a tiro. Eppure hanno 30 anni lui e 25 lei, solo che fin da quando si sono incontrati hanno deciso di scalare le vette che portano all’alta cucina e ora parlano come una coppia vissuta, con alle spalle tanti stage in giro per l’Europa. E quando raccontano quello di Londra, che hanno fatto insieme, scatta subito il “Ti ricordi?”.
Ti ricordi di quando prendavamo l’autobus alle 6 del mattino? E di quando si finiva alle 2 di notte? «Non c’era il tempo per amarsi, ma sono quelli i momenti che ti uniscono di più» dice Isabella, che ha incontrato Floriano quando lui cercava una pasticciera: «Hai presente la solita storia fra stagista e capo? Un mese dopo stavamo insieme» dice lei ridendo. «Parlando con Flo mi ha colpito la sua energia e ho capito che dovevo salire su quel treno». Il treno partiva per realizzare un sogno: avere un ristorante e conquistare la prima stella Michelin del Salento. Ci sono riusciti dopo tre anni di lavoro forsennato. «Pensavamo solo a quello, oggi posso dire che eravamo andati fuori controllo» ammette lui. E ora, quanto ai rispettivi ruoli, sono entrambi capi, anche se in settori diversi della loro società.
Nell’alta cucina il confronto è con star internazionali e la pressione è continua. Mi immagino che sia stressante, almeno per uno dei due. Arriva un bel “Noooo” da entrambi: «È una pressione sana, necessaria per dare il meglio ogni giorno e tutti, chef o non chef, la dovrebbero provare» mi spiegano. «Nel lavoro ci vuole la stessa voglia dei primi giorni e la curiosità di quando si era bambini. Dobbiamo fare errori nuovi, non ripetere quelli del giorno prima e, quando non sappiamo qualcosa, bisogna studiare». Never comfort zone è il motto di Floriano e vale anche per la vita di coppia. Per fortuna ha l’ironia di definirsi “pesantuccio” e di avere accanto un’Isabella dal sangue freddo, che non prende tutto alla lettera e sogna una fattoria con gli animali.
Gli architetti
Cristiana Favretto e Antonio Girardi
Saranno l’intonazione veneta e il sorriso, l’attenzione con cui ascoltano e si ascoltano, ma Cristiana e Antonio la prima sensazione che trasmettono è di calma e solidità. La stessa di cui hanno avuto bisogno per portare avanti le loro idee. Non è sempre facile essere all’avanguardia e precorrere i tempi. «La nostra è stata una scommessa. Ora è un trend, ma se dieci anni fa dicevi che volevi progettare con le piante, per esempio una serra galleggiante da utilizzare in Paesi dove non ci sono risorse idriche, integrando verde, architettura e design, ti prendevano per matto» spiega Antonio. «Ci vuole tenacia per portare avanti una visione diversa e fuori dagli schemi e condividerla ci ha aiutato a non mollare, uno ha sostenuto l’altro perché è vero che le convinzioni erano forti ma non sempre le porte a cui abbiamo bussato ci venivano aperte. All’inizio dovevamo contare solo sulle nostre forze».
Antonio è un appassionato di jazz e quando pensa alla loro coppia paragona lei a una sassofonista e lui a un trombettista, si segue il ritmo ma c’è anche il momento dell’assolo: «Pur avendo le stesse competenze, io ho un’anima più creativa, lui una più tecnica» spiega Cristiana. «Siamo complementari e queste due specificità ci hanno definito nel nostro lavoro. Succede quindi che ci occupiamo in un progetto di aspetti diversi, poi cerchiamo il confronto. È un bell’esercizio, che ti rende più flessibile e ci è servito nel momento in cui abbiamo fondato Pnat con il professore Stefano Mancuso, un team che unisce ingegneri, designer, agronomi e botanici che parlano linguaggi diversi».
Venezia, dove hanno incrociato i loro destini, Firenze dove c’è la sede di Pnat, tanti altri viaggi di lavoro ma si torna sempre a San Donà di Piave, dai figli Alessandro, 7 anni, e Giacomo 4. Cristiana è una mamma molto presente, anche se ha imparato a delegare, potendo contare su 4 nonni. «Lei, con il suo esempio, mi ha insegnato che esiste un tempo per il lavoro e uno per la vita personale, prima facevo più fatica a uscire mentalmente dal primo» dice Antonio. Una cosa insieme l’hanno imparata: che bisogna dare un peso alle osservazioni dell’altro anche quando sembra che siano fuori luogo o che non possano funzionare. Sotto sotto ci potrebbe essere una prospettiva nuova che risolve un problema. «Basta non innamorarsi per forza di un’idea e avere la capacità di rivederla. Fare marcia indietro non è una debolezza, ma una ricchezza» sottolinea Cristiana. Un consiglio che vale doppio, per il lavoro e per la vita di coppia.