«Scriveteci la vostra storia d’amore» vi abbiamo detto. E mai avremmo immaginato che saremmo stati inondati di racconti. «Regala a queste storie la voce del romanzo» abbiamo chiesto alla scrittrice Sara Rattaro. Che mai avrebbe pensato che il ritmo e l’affabulazione del romanzo ce l’avevano già.
Quando raccontiamo di un amore, durato anni o consumato in fretta, ciascuno di noi tira fuori il romanziere che ha dentro. Ogni storia, anche la più banale, contiene gli ingredienti delle narrazioni riuscite. Il miracolo dell’incontro: proprio tu, proprio io, proprio nel momento in cui eravamo pronti a “vederci”. E il mistero dello stare assieme: la fiamma accesa anche nelle notti più buie, gli ostacoli dribblati in un improbabile ballo a due.
Perché l’amore-raccontato è così diverso dall’amore-vissuto? Perché quando narriamo l’amore per il nostro uomo ci emozionano di più
di quando ci addormentiamo al suo fianco? Io credo alla verità nascosta nelle parole. Le quali sanno tirar fuori l’essenza dell’amore, che troppo spesso tendiamo a dimenticare. E questa essenza è l’incertezza, come dice
la grande terapista di coppia Esther Perel in un podcast che ascolto avidamente. La precarietà non appartiene solo alla vertigine dei primi giorni. Ma è la condizione naturale dell’amore. Non c’è niente al
mondo di più instabile e insicuro di due persone che decidono di vivere assieme e magari di generare un’altra vita.
Quella in cui ci culliamo, e talvolta ci assopiamo, è l’illusione della prevedibilità. Ci caschiamo tutti perché è difficile pensare di trascorrere una vita sul filo teso dei primi giorni di un amore. Ci convinciamo che
da quel filo siamo scesi, ci prendiamo il lusso di non prestare attenzione a ogni passo, di ignorare le vibrazioni del vento e del volo di un uccello,
di non essere presenti a noi stessi. Ma la verità è che dal filo non ci siamo mai mossi, perché è solo un filo tesissimo quello che permette a due persone di trascorrere giorni, mesi, anni assieme.
Non si tratta di vivere pericolosamente ogni attimo della nostra vita.
Ma solo di ricordarci che abitiamo stabilmente il reame dell’incertezza.
Che l’altro non lo conosciamo mai come crediamo di conoscerlo.
E che ci sono cose di lui o lei che possiamo ancora scoprire, anche se ci spaventano. E che quando smettiamo di interessarci all’altro, finiamo
per divenire a nostra volta poco interessanti.