Le regole del viaggio erano: puntare il navigatore su luoghi e città mai viste; tirar giù le bici e pedalare il più possibile; trovare uno spot al giorno per fare il bagno. La prima settimana di vacanza italiana, rubata a un luglio infuocato, si è risolta in un vagabondaggio dagli Uffizi di Firenze a Cortona, da Gubbio al lago di Piediluco. Abbiamo gioito di poter ammirare, praticamente da soli, le storie di San Francesco raccontate da Giotto ad Assisi. Abbiamo roso di rabbia nell’aver trovato chiuse per il Covid, fino a data da destinarsi, cappelle e chiese con i loro capolavori imprigionati all’interno. Abbiamo goduto dell’opportunità di prenotare ristoranti e alberghi un’ora prima di arrivarci. Abbiamo compatito chi pagava il prezzo di quel nostro privilegio.

Questo itinerario disegnato giorno per giorno, sul finale, ci ha condotto nei luoghi colpiti dal terremoto del 2016. Abbiamo attraversato Norcia, Accumoli, Arquata del Tronto. Mi si è fermato il respiro nello scorgere l’intimità sospesa di alcune famiglie emergere dai palazzi sventrati: materassi, armadi, cuscini, ancora lì, fermi a quel giorno di 4 anni fa. Eppure, c’era tanto altro che premeva sui miei occhi e pretendeva attenzione. In ogni tragedia, puoi decidere di vedere le macerie e lo splendore severo della natura, indifferente a ogni disastro. Oppure puoi scegliere di vedere la reazione umana a tanta devastazione. E così, quando ho aperto davvero gli occhi, ho guardato i ristoranti funzionare nella metà rimasta in piedi, i negozi riaperti nei container e pieni di turisti, la vita rinata nelle casette prefabbricate, con i fiori nei patii e le biciclette dei bimbi poggiate in terra. E soprattutto ho visto, in mezzo a tanta devastazione, un capolavoro di quelli che solo l’uomo in combutta con la natura può creare: la fioritura delle lenticchie di Castelluccio, che con il loro azzurrino, si mescolano al rosso dei papaveri, al blu dei fiordalisi, al bianco delle margherite e al verde dei prati, per creare una tavolozza grande una vallata. Migliaia di persone, come noi, erano lì a bocca aperta. Un cartello recitava: «Siate i benvenuti. Il terremoto ha distrutto le nostre case, voi non distruggete il nostro raccolto».
Gli uomini hanno ripreso a seminare. Lo hanno fatto ai piedi della montagna spaccata dal terremoto. Era questo che premeva sui miei occhi per essere visto e raccontato. Ed è questo il talento italiano a cui abbiamo dedicato il numero che esce oggi in edicola. La capacità di guardarsi indietro per ancorarsi alla propria storia, per raccontarsi da dove veniamo. Ma poi, guardare subito avanti. Forti dell’energia da cui sono baciati i nuovi inizi, le ripartenze.

Annalisa Monfreda Donna Moderna Talento Italiano
Annalisa Monfreda con il numero speciale di Donna Moderna dedicato al Talento Italiano

È un numero pieno di speranza, questo. Un viaggio in ogni angolo del nostro Paese, che spero appassionerà anche voi. Tutti i personaggi che abbiamo raccontato hanno realizzato qualcosa di speciale, guardando al futuro, rimboccandosi le maniche, inseguendo la bellezza. E ogni volta ne è nato un capolavoro.