Nel 1968 tre designer trentenni, Piero Gatti, Cesare Paolini e Franco Teodosio, si presentano nella sede di Zanotta a Nova Milanese con un sacco trasparente pieno di palline di polistirolo. Aurelio Zanotta, imprenditore anticonformista, è convinto che i tre abbiano inventato una poltrona rivoluzionaria e decide di metterla subito in produzione. Così è nato Sacco, ancora oggi uno dei pezzi più noti e venduti del Made in Italy. Un’icona talmente popolare da diventare lo strumento di umiliazione per il ragionier Giandomenico Fracchia davanti al capufficio nel film “Fracchia la belva umana” e il nido che accoglie i malumori di Lucy nelle strisce dei “Peanuts”.
Perché tanto successo? «Il Sacco ha inventato un nuovo modo di stare seduti: le poltrone fino a quel momento ti imponevano una posizione rigida, mentre questo oggetto floscio si adatta ai movimenti del corpo, ci puoi stare sdraiato, sprofondato o usarlo come tavolino» spiega Domitilla Dardi, design curator al Maxxi di Roma. «Insomma, fa parte di quel numero di arredi nati dal rapporto stretto tra industriali illuminati e designer geniali che hanno cambiato il nostro modo di vivere».
La sfida verde
I pezzi cult creati in Italia tra il 1950 e il 1980 sono entrati nei musei di tutto il mondo, ma il nostro design non si è fermato agli anni d’oro. Ora le aziende storiche stanno affrontando nuove sfide, prima fra tutte quella della sostenibilità. Zanotta ha celebrato i 50 anni della poltrona Sacco lanciandone una versione green, con rivestimento in Econyl, ricavato dalle reti da pesca rigenerate; mentre Kartell ha rivisitato l’iconico contenitore tondo ideato nel 1967 da Anna Castelli Ferrieri utilizzando bioresina al posto della plastica. Anche Cassina, brand storico degli imbottiti, punta sullo sviluppo di prodotti a basso impatto ambientale e alto tasso di comfort e ha recentemente creato il Cassina Lab in collaborazione con gli esperti del Politecnico di Milano.
I primi frutti sono arrivati con la collezione 2020: due letti, Bio-mbo e Acute, le cui testate possono essere rivestite con un tessuto che purifica l’aria catturando e disaggregando le particelle inquinanti, e tre divani (tra cui Sengu Sofa di Patricia Urquiola) con i cuscini imbottiti da fibra riciclata di Pet. Ma l’anima verde non è l’unica novità. «Il design si sta orientando verso oggetti poetici che sanno stupirci» sottolinea Dardi. «Un esempio? Filo, la lampada disegnata da Andrea Anastasio per Foscarini, dove il cavo elettrico, colorato, diventa una sorta di collana che supporta maxi perle di vetro. Un arredo allo stesso tempo ludico e funzionale».
La riscoperta delle lavorazioni tradizionali
Accanto alle aziende storiche che sperimentano nuovi materiali, si sta facendo strada una nuova tendenza. «Molti designer hanno cominciato a produrre i propri progetti da soli o appoggiandosi ad artigiani di eccellenza» spiega Dardi, che dall’anno scorso organizza con Emilia Petruccelli Edit Napoli, fiera dedicata ai progettisti maker (quest’anno dal 16 al 18 ottobre). «L’obiettivo principale è reinterpretare le tecniche di lavorazione tradizionali per realizzare piccole serie di qualità a un prezzo sostenibile».
Una filosofia che ha ispirato l’architetto Giulio Iacchetti, ideatore insieme alla moglie Silvia Cortese del brand Internoitaliano. «Ogni elemento di questa collezione nasce dal rapporto stretto tra designer e artigiano: lo scambio continuo tra chi disegna e chi produce ci ha permesso di creare una sorta di fabbrica diffusa in tutta la Penisola, recuperando e rendendo contemporanee lavorazioni artigianali altrimenti destinate a scomparire».
Per esempio, quando Giulio Iacchetti e Alessandro Stabile hanno disegnato il servomuto Mori, hanno scelto di affidare la produzione a Somaschini, piccola azienda familiare brianzola specializzata in tornitura del legno massello, che per decenni ha fornito pomelli e gambe dei tavoli ai mobilifici della zona. Mori ha valorizzato una lavorazione artigianale il cui destino era già segnato. In un mondo di arredi sempre più omologati e standardizzati un design glocal e “a filiera corta” potrebbe essere la nuova formula del Made in Italy.