Stop and go: è questa la formula che caratterizzerà il lavoro del futuro. Formazione, sviluppo delle soft skills, approfondimento delle passioni personali si alterneranno ai periodi dedicati al lavoro come lo intendiamo ora. Un equilibrio sempre più virtuoso tra tempo pubblico e tempo privato che sarà un booster per la creatività e la motivazione dei liberi professionisti ma anche dei dipendenti. Lo conferma la ricerca 2020 Global Human Capital Trends pubblicata da Deloitte, società inglese di servizi di consulenza e revisione. Secondo i dati pensare al benessere delle risorse umane sarà una strategia efficace che migliorerà la perfomance delle aziende. L’80% dei manager intervistati riconosce la soddisfazione degli impiegati come prioritaria per il successo del business. Negli Stati Uniti se ne sono già accorti: lì le grandi aziende nel 2019 hanno speso una media di 3,6 milioni di dollari ciascuna in programmi di formazione e benessere, con un costo medio di 762 dollari per dipendente. «Stiamo passando dal concetto monolitico di posto fisso e carriera a una definizione più fluida e discontinua» commenta Silvia Zanella, manager esperta di marketing e comunicazione per le risorse umane, autrice di “Il futuro del lavoro è femmina” (Bompiani). «La contaminazione e permeabilità tra ambito professionale e vita privata saranno valori aggiunti che andranno a beneficio di entrambi». Niente più compartimenti stagni, dunque, e fluidità di comportamenti e pensieri. Gli economisti dicono che passeremo dall’era della produzione a quella dell’immaginazione. Il successo non dipenderà solo dalle competenze, ma da capacità meno quantificabili come il pensiero critico, l’intelligenza emotiva e la collaborazione in team. «Il vero cambiamento è quello che dobbiamo fare nella testa» prosegue l’esperta. «Ognuno di noi dovrebbe prendere il coraggio di portare come valore aggiunto la propria diversità. L’unicità non è replicabile da nessuno (nemmeno dalle macchine) e rappresenta una risorsa anche per le aziende». I dati dicono che in futuro, sul posto di lavoro, non saremo più identificati come Baby boomers, Generazione X o Millennials, ma dovremo trasformarci in Perennials, persone che a qualsiasi età sono aggiornate su tutto, curiose ed empatiche. «I team del futuro saranno fatti da leader professionisti della comunicazione, capaci di ascoltare le persone con cui lavorano, di delegare e responsabilizzare. I dipendenti, d’altra parte, dovranno lavorare su loro stessi per far emergere le proprie competenze e allenare flessibilità, capacità di ripresa dopo un errore e di revisione delle proprie idee» continua Zanella. Le parole d’ordine nel futuro del lavoro diventano adattabilità, contaminazione, empatia e sperimentazione. Vediamo come farle nostre per ottenere un posto al sole in azienda. In quattro mosse.
1. Metti a fuoco i tuoi talenti
Vuoi cambiare lavoro o imprimere una svolta alla carriera? Sembra più facile a dirsi che a farsi, soprattutto in un momento come questo. «In realtà ogni crisi può nascondere un’opportunità» osserva Francesca Parviero, esperta di lavoro, relazioni e formazione. «Il punto di partenza, però, non deve essere dove vuoi arrivare, ma quali traguardi hai già raggiunto e come puoi trasformarli in punti di forza per i tuoi obiettivi». È il metodo Design your life, messo a punto da Bill Burnett e Dave Evans, docenti dell’università di Stanford: una sorta di “cassetta degli attrezzi” per analizzare il nostro percorso ed evidenziarlo al meglio. Una volta compiuta questa operazione, diventa più facile compilare un cv adeguato. Attenzione: qui non si parla di forma (esempi di stile in Rete ne trovi a decine), ma di sostanza. Ecco perché, su quel foglio e durante un colloquio, non dovranno mancare le hard skills. Secondo QuoJobis, società di selezione delle risorse umane, saranno richieste le professioni digitali (data analyst, sviluppatore di app, esperto di digital marketing o e-commerce, Seo expert) e quelle legate a medicina, infermeria e settore farmaceutico. Ma molte competenze possono essere preziose, a patto di saperle ripensare e presentare nel modo giusto. Se ti sei sempre occupata di conti e sogni un lavoro più creativo, soffermati su come i numeri potranno aiutarti in quel compito. Se il tedesco non è fondamentale per la mansione futura, spiega che dopo averlo imparato nessuna altra lingua, o software, o regolamento, sarà difficile da assimilare per te. Allo stesso modo cerca di mettere in mostra più che puoi, e con esempi pratici, le soft skills: «Flessibilità, capacità relazionale, affidabilità, rispetto delle regole e dei ruoli, sono sempre più valutate dalle risorse umane» continua Parviero. «E sono queste caratteristiche a fare la differenza tra cv equivalenti». Ultimo suggerimento: mai specificare le ragioni per cui vuoi abbandonare un lavoro. Meglio raccontare, con sincerità e un pizzico di audacia, perché ne stai cercando un altro.
2. Cresci con l’e-learning
Da anni si parla dell’e-learning come il futuro dell’aggiornamento professionale, ma in Italia questo è un fenomeno recente, anzi recentissimo. Da quando l’ufficio, causa smartworking, non è più il centro di gravità lavorativo per molti, aggiornare le competenze di dipendenti e collaboratori sparsi ovunque è diventato fondamentale per le aziende. Dall’altra parte di questa scrivania virtuale, i dati dicono che anche chi finora non si era mai interessato alla formazione sta approfittando della flessibilità di orari per usufruirne. Le piattaforme che offrono questi servizi sono centinaia e orientarsi non è semplice. Qui abbiamo selezionato le più interessanti, con l’aiuto di esperti di start-up ed e-learning. Se vuoi migliorare le competenze aziendali, ci sono Antea, piattaforma appena lanciata da Talent Garden (antea.talentgarden.com) e Alta Formazione (altaformazione.it) che in partnership con le aziende offre corsi online per crescere nel digitale, nelle tecniche di vendita, nelle soft skills. 360DigitalSkill (360digitalskill.it) mette a disposizione di privati e aziende oltre 300 corsi e tutorial multimediali per lo sviluppo delle competenze digitali. Skilla (skilla.com) propone corsi dalla riorganizzazione aziendale al fare business in Asia. Per le lingue straniere c’è Babbel (it.babbel.com), adatto ai principianti e a chi vuole migliorare il vocabolario business. Senza dimenticare le piattaforme gratuite come Moodle, un sistema open source che spazia dalla formazione aziendale all’informatica (moodle.org) o le videolezioni di TedX (ted.com). Ci sono poi portali per una formazione a distanza di livello universitario o master. Spesso l’accesso non richiede pagamento e, in ogni caso, ognuno offre contenuti gratuiti in diverse lingue. I migliori? Edx, nato dalla partnership tra Harvard e Mit (edx.org), Coursera (coursera.org) e Udemy (udemy.com).
3. Studia la normativa
Uno dei pochi effetti positivi del lockdown è che con lo smart working potresti aver imparato a gestire meglio il tempo. Probabilmente hai ricominciato a coltivare alcuni interessi o ne hai scoperti di nuovi. Magari ti è venuta voglia di avviare un’attività tutta tua. «Le soluzioni che offre la legge, da questo punto di vista, sono due» spiegano dalla Fondazione nazionale consulenti per il lavoro. «La prima è il part time, che bilancia alcuni pregi (più flessibilità e maggior tempo a disposizione senza rinunciare a parte delle entrate) con altri limiti: primo fra tutti il divieto, valido in quasi tutti i contratti nazionali, di cumulare posizioni lavorative e contributive diverse». È un’opzione se vuoi più tempo per te, ma non se stai pensando di cambiare azienda o settore. In questo caso, la soluzione è l’aspettativa. «È una sospensione del lavoro dipendente che non implica la perdita del posto. E una legge del 2000 impone che al rientro i livelli di retribuzione e mansione siano gli stessi». Fermo restando che esistono motivi gravi per i quali il congedo non retribuito fino a 1 anno deve essere obbligatoriamente concesso (questioni di salute, sopraggiunta invalidità, assistenza esclusiva a un familiare), in tutti gli altri casi la risposta dell’azienda può essere negativa. Può succedere se si richiede un’aspettativa per esigenze di studio, formazione, volontariato, viaggi all’estero, avvio di un’attività in proprio. «Negli ultimi tempi però anche l’orientamento di molte aziende è cambiato: concedendo un’aspettativa riducono i costi e, venendo incontro alle richieste di un dipendente, lo ritrovano più motivato e formato al suo rientro» continuano gli esperti della Fondazione. Il periodo di aspettativa in genere non prevede retribuzione, anche gli scatti di anzianità sono azzerati, mentre per i contributi pensionistici esistono situazioni diverse a seconda della categoria. È bene studiare a fondo il proprio contratto nazionale che può prevedere regole specifiche. E gli integrativi aziendali che, in alcuni casi, riconoscono perfino una retribuzione parziale (di solito da 1 a 3 mesi di stipendio sull’anno intero).
4. Impara a sfruttare Linkedin
Gli iscritti al social dedicato al lavoro salgono in tutto il mondo, ma nel nostro Paese l’utilizzo è cresciuto di ben l’85%. Secondo un sondaggio di Wts con Adecco e l’università Cattolica di Milano solo il 57,5% degli utenti ritiene lo strumento utile (meno di 1 su 5 afferma di aver ricevuto un’offerta valida tramite il social). Il consiglio per tutti gli altri è cambiare idea (e in fretta) perché per 4 recruiter su 5, questo social resta il veicolo ottimale. Lo conferma Francesca Parviero, autrice di Linkedin per aziende e professionisti (Apogeo) che dà questi consigli per usarlo al meglio: «Su Linkedin l’abito fa il monaco: conviene scegliere una foto adeguata e riconoscibile, professionale ma non seriosa» dice l’esperta. «Occhio anche a Facebook e Instagram: se un datore di lavoro ti ha puntato, potrebbe guardarli ed essere scoraggiato da eventuali incongruenze. È importante individuare ciò che credi ti distingua dagli altri e metterlo in evidenza a partire dalla headline, la descrizione sotto al tuo nome». Quando elenchi le esperienze lavorative, concentrati su situazioni e skills che ti hanno dato più soddisfazione e che vorresti riprodurre nell’incarico futuro: chi legge molti cv al giorno lo noterà. Meglio evitare titoli come “esperto”, “specialista” e simili: un feedback di colleghi e capi vale di più. «Nei post non condividere solo contenuti della tua azienda o delle cose che fai tu, ma ciò che ti colpisce al di là del tuo steccato» conclude Francesca Parviero. «Infine, un ultimo suggerimento: non essere bulimica né nella presentazione né nella ricerca affannosa di contatti. Pensa alla sinteticità con cui ti descriveresti nei biglietti da visita e a come selezioni le persone ai quali darli. E comportati allo stesso modo».