«L’economia è una cosa troppo importante per lasciarla agli economisti». Quando le chiedo il significato dell’ultima frase del libro scritto con il marito e collega Abhijit Banerjee (vedi sotto), il premio Nobel per l’Economia Esther Duflo risponde: «Vuol dire che, in un certo senso, tutti noi dovremmo essere economisti».
Cosa intende?
«Gli economisti devono sforzarsi di spiegare a tutti quello che fanno. Fornendo argomenti, esempi e dati. Una trasparenza che consenta a chi li ascolta di farsi un’opinione e di arrivare anche a un’altra conclusione, eventualmente».
Una “buona economia”, come dite voi nel libro
«Sì, un’economia che non “urla”, non fa grandi previsioni, non cerca di imporre la sua visione, ma che è pronta a cambiare idea, aggiustare il tiro e che tiene in considerazione diversi fattori: come la gente prende certe decisioni, cos’è importante nella vita di ognuno… Se sei un’economista devi renderti conto del fatto che alle persone non interessano solo i soldi o i salari, ma anche il proprio posto nella società. Diciamo che è uno strumento per capire il mondo, che riguarda l’essere umano e la sua complessità, piuttosto che una prescrizione oracolare».
Difficile farlo in un mondo che cambia velocemente e che ora è stato messo a dura prova dalla pandemia
«Credo che questa crisi serva a ricordarci che a volte la natura è più forte di noi. E che può succedere ancora. L’incertezza è entrata nelle nostre vite, i giovani avvertono la fragilità di quello che possono e potranno costruire. La gente è preoccupata del futuro. La speranza è che nelle persone cresca il desiderio di diventare buoni amministratori del Pianeta. Perché uno dei grandi problemi che stiamo affrontando è il cambiamento climatico».
Con il lockdown in molti si sono resi conto che possiamo perdere il lavoro e diventare poveri da un momento all’altro, anche nei Paesi più ricchi
«E abbiamo imparato che dobbiamo essere pronti ad affrontare le crisi. Ma questo richiede un sistema di solidarietà più forte. L’assistenza sociale che abbiamo oggi non è sufficiente: non è sempre facile accedervi e molte persone non vi si avvicinano perché temono di perdere la propria dignità. Abbiamo bisogno di un sistema che protegga tutti senza farli sentire poveri o miserabili».
Come fare?
«Pensando che la perdita di lavoro è transitoria, non permanente. L’Unione europea è intervenuta per evitare che l’economia crollasse. Quando il quadro sanitario migliorerà, ci saranno aggiustamenti che permetteranno a tutti di tornare al lavoro. Nuove attività nasceranno, vecchie professioni saranno perse. Perciò dobbiamo fare molta attenzione che ogni individuo sia accompagnato nel gestire la propria crisi personale. I governi devono diventare proattivi nel creare nuovi posti di lavoro e nel sostenerli per qualche tempo».
La pandemia ha dimostrato che serve un sistema di assistenza più solidale, Che protegga tutti senza farli sentire poveri oppure miserabili
Nel libro scrive che non dobbiamo avere paura delle migrazioni
«I migranti portano benefici alla società: anche loro sono consumatori e così creano posti di lavoro. Se poi sono impiegati come colf o baby sitter, consentono alle donne qualificate di fare carriera e occupare posizioni manageriali e di creare a loro volta nuova occupazione».
Oltre a essere la più giovane a vincere il Nobel per l’Economia, lei è anche la seconda donna nella storia del premio. Perché le donne faticano ad avvicinarsi a questa disciplina?
«Credo che non siano le donne, ma gli uomini a rendere l’economia poco interessante. A molte donne non importano i tassi della finanza o la matematica oscura, così distante dalla loro esperienza quotidiana. Tante giovani, quando devono scegliere gli studi da intraprendere, decidono per qualcosa che le renda in grado di fare la differenza nel mondo. L’economia oggi non proietta quella immagine. Lo sa che in un sondaggio del 2017 nel Regno Unito gli economisti risultavano quelli di cui la gente ha meno fiducia dopo i politici? La ragione? Di solito chi parla in tv è un uomo bianco che fa previsioni sul futuro, per la maggior parte delle volte sbagliate, o che sta difendendo la finanza perché è a capo di qualcosa. L’economia oggi è un’altra cosa. Io mi occupo di povertà globale, altri lavorano su questioni di genere, razzismo e discriminazione, disuguaglianze, cambiamenti climatici. Con la pandemia molti hanno cominciato a occuparsi di Covid. C’è il desiderio di essere utili. Per me l’economia deve essere umana, mettersi al servizio della collettività».
Dalla parte dei più deboli
Economista francese, 47 anni, Esther Duflo è stata la più giovane a ricevere il premio Nobel nel 2019 insieme a Michael Kremer e a suo marito Abhijit Banerjee, per l’approccio sperimentale nella lotta alla povertà globale. È direttrice del Poverty Action Lab del Mit di Boston.
Per Laterza è appena uscito il saggio che ha scritto col marito, Una buona economia per tempi difficili, che mette in discussione le opinioni tradizionali in vari ambiti: dal commercio alla tassazione, dalla mobilità sociale alle migrazioni.